Gad Lerner all’“Infedele” ha annunciato l’archiviazione della sconfitta della sinistra italiana dell’aprile scorso: dopo la conquista della Casa Bianca, la vittoria in Trentino. “Il clima sta cambiando” esulta Veltroni e di rincalzo anche il suo antagonista Arturo Parisi conferma: “È il nostro Ohio”. In questo novembre 2008 insomma la sinistra italiana sta conquistando un “Palazzo d’Inverno” dietro l’altro. Ma davvero in Italia siamo di fronte ad un “paese reale” che dall’Oceano Pacifico al Lago di San Cristina ha delegittimato il “paese legale” eletto nell’aprile scorso?
Andiamo per ordine. Dopo l’elezione di Barak Obama: grande esultanza in tutto il mondo tra gli antisraeliani. Quando però la prima delle sue ottomila nomine è stata quella di Rahm Emanuel a capo dello staff della Casa Bianca la stampa araba – dall’Egitto agli Emirati Arabi – ha urlato contumelie. L’“abbronzato” ha infatti scelto un ebreo ortodosso figlio di una coppia di militanti che nel 1948 aveva combattuto a fianco non di Ben Gourion, ma addirittura di Begin, che era stato volontario in Israele nel 1991 e che per sostenere Obama in campagna elettorale aveva chiesto al rabbino di New York il permesso di lavorare anche di sabato. Tra i primi leader con cui il presidente eletto Usa ha preso contatto è vero che non c’è stato Berlusconi, ma di certo ci sono stati i primi ministri di Israele e della Corea del Sud e nessun arabo o palestinese.
Veniamo a Trento. Si tratta di una sconfitta agghiacciante per Berlusconi: il centro-destra perde venti punti rispetto alle politiche. Ma il risultato rappresenta un segnale d’allarme per il centro-destra e non un’investitura per Veltroni con il suo partito che continua a perdere voti mentre la coalizione di sinistra vince grazie alla lista autonoma del presidente uscente che, ex Margherita, ha rifiutato di aderire al nuovo partito unificato.
Il successo della sinistra nelle elezioni del Trentino è il risultato di due fattori. Il primo è l’intervento della magistratura che ha messo fuori gioco il candidato naturale e verosimilmente vincente del centro-destra sulla base dei risultati delle politiche. Il secondo – e certamente più determinante – è rappresentato dalla scelta di mettere a capo della coalizione un candidato leghista.
La Lega di Bossi è una componente importante e determinante del centro-destra e rappresenta una realtà con un forte radicamento territoriale da cui Berlusconi non può prescindere. Ma immaginare di vincere con una sua leadership in elezioni di livello regionale al Nord è assolutamente impensabile. Le elezioni in Trentino confermano che nel bipolarismo – tendente al bipartitismo – la conquista del centro è fondamentale. Il caso di Vendola che ha vinto nelle Puglie non può essere il modello di Bossi. Il Tentino è l’immagine di una realtà in cui la Lega è una componente, ma non una leadership. Se la coalizione di Berlusconi candida un leghista a livello regionale – dalla Lombardia alla Liguria, al Piemonte – paga un prezzo per l’unità della coalizione a livello nazionale, ma deve aver ben chiaro che fa un regalo alla sinistra e che rinuncia alla vittoria.
L’elettorato di centro-destra, che è un elettorato composito, che proviene dal vecchio centro-sinistra viene mobilitato dalla leadership di Berlusconi contro il nuovo centro-sinistra per una pluralità di ragioni. Gran parte accetta la Lega come alleato, ma è demotivato di fronte a una sua leadership. Giusto o sbagliato che sia questa è la realtà. I leghisti amano caratterizzarsi secondo un identikit imprevedibile e aggressivo? Complimenti, ma se si tratta di farsi guidare da loro l’elettorato di centro-destra non leghista in una elezione locale a confronto di una candidatura di sinistra – non antagonista ed ugualmente aggressiva – non vede la ragione di andare a votare.
Ma il segnale di allarme che viene dal Trentino per il centro-destra è anche di contenuto e riguarda in particolare la piattaforma leghista e la prossima scadenza del federalismo fiscale. Lo stato maggiore del centro-destra ritiene che questo sia un prezzo da pagare per la tenuta della coalizione. Complimenti, ma deve essere ben consapevole di mettere in conto le sue conseguenze. La Lega ha infatti assunto sugli enti locali posizioni ben lontane da quelle originarie, man mano è andata assumendo il ruolo più vetero-democristiano di protezione dei carrozzoni burocratico-parassitari: dalle Province alle Comunità montane. Da ruolo inquisitore è passato a quello frenante e conservatore.
Il centro-destra non è delegittimato né da Obama né da Trento, può però trovarsi di fronte a una netta inversione di tendenza se vara un federalismo fiscale che si delinea come nel caso delle Regioni a metà degli anni ’70 (nella loro seconda legislatura nel quadro delle “larghe intese” consociative) come un ulteriore strato amministrativo da mantenere e per cui trovare risorse con un ulteriore aggravio fiscale generalizzato.
In modo un po’ paradossale il risultato del Trentino da un lato non presenta alcuna novità rassicurante a sinistra (dove si continua a puntare, come in Abruzzo, sull'”arrivano i nostri” da parte giudiziaria), ma, dall’altro, segnala un baratro a destra.