A seguito dei ripetuti attacchi di cui sono fatti oggetto i cristiani in Iraq, lo scorso 30 ottobre è stata presentata alla Camera dall’onorevole Renato Farina, e sottoscritta da numerosi deputati, un’interpellanza urgente al Governo, per chiedere «quali passi intenda compiere perché i valori della democrazia e della effettiva libertà di religione, per cui anche soldati e civili italiani hanno versato il sangue, siano affermati in quel contesto [Iraq] e nei Paesi dove le nostre truppe sono state inviate per promuovere pace e diritti umani».



Ieri, in Aula, la risposta del Governo, e la replica del primo firmatario dell’interpellanza. Di seguito il testo integrale dei due interventi.

Risposta all’interpellanza, on. Enzo Scotti (Sottosegretario di Stato per gli affari esteri)

Signor Presidente, onorevole Renato Farina, il Governo segue con grande attenzione la questione delle minoranze religiose, in particolare di quella cristiana, in Iraq. Alla base dell’offensiva terroristica che è stata lanciata contro le componenti religiose del Paese – sunnita, sciita, cristiana, sabea e yazhidi – vi è il tentativo di fomentare contrapposizioni etniche e settarie e di operare forme di «pulizia religiosa», determinando un esodo della comunità cristiana. Circa 1600 famiglie hanno lasciato la città di Mosul recandosi per la quasi totalità nei villaggi a forte presenza cristiana nella piana di Nineveh. Meno di un centinaio di famiglie sono andate ad Erbil e a Dohuk nella Regione del Kurdistan iracheno.
Sotto la pressione della comunità internazionale e delle comunità cristiane in Iraq, il Governo di Baghdad ha cominciato a dare risposte alla forte richiesta di protezione dei cristiani di Mosul. Dopo la decisione di inviare quattro battaglioni della Polizia nazionale (tra questi è atteso un battaglione formato dai nostri carabinieri), in gran parte già schierati a presidio dei quartieri cristiani di Mosul, il 14 ottobre il Consiglio dei ministri ha deciso, su iniziativa del Ministro dell’Industria, l’assiro-cristiano, Hariri, misure per prestare soccorso agli sfollati e un significativo stanziamento economico per compensazioni e ricostruzione delle case distrutte. Anche per dare una risposta politica alle violenze subite dai cristiani, il Presidente della Repubblica, i massimi vertici istituzionali ed i leader delle principali forze politiche si sono adoperati, proprio nelle ultime settimane, per esplicitare nella legge elettorale una clausola che garantisca l’elezione di quote predeterminate di rappresentanti delle minoranze religiose.



L’emendamento approvato il 3 novembre dal Parlamento iracheno prevede che in tre province le minoranze si vedano garantito almeno un seggio. Una misura inferiore alle aspettative degli esponenti cristiani ma considerata positivamente dal rappresentante dell’ONU, De Mistura. Le misure economiche e di sicurezza adottate dal Governo iracheno sono state accolte con favore dalle oltre mille e cinquecento famiglie cristiane fuggite da Mosul.
Come 1’onorevole interpellante sa, il Governo sta conducendo un’azione a tutto tondo a difesa delle comunità cristiane che subiscono violenze o vere e proprie persecuzioni nel mondo. E non a caso ha accettato senza riserve, e anzi con piena convinzione, l’ordine del giorno unitario proposto da tutti i gruppi politici lo scorso 30 ottobre in Senato e le mozioni presentate in quest’Aula da svariati gruppi politici lo scorso 10 novembre.



Questo impegno vale anche nel caso dell’Iraq. Il Governo non manca e non mancherà, perciò, di far presente in tutte le occasioni alle autorità di Baghdad l’importanza da noi attribuita ad una rapida normalizzazione della situazione, che consenta ai cristiani iracheni di ritornare alle proprie abitazioni in piena sicurezza. Un’azione sistematica e capillare che abbiamo condotto, e continueremo a condurre, in stretto coordinamento con gli altri partners e con le istanze delle Nazioni Unite. Proprio nei giorni scorsi, il tema ha fatto oggetto di un passo del nostro ambasciatore a Baghdad presso il Ministro per gli sfollati Abd al Samad Sultan, membro del Comitato Ministeriale costituito per l’attuazione delle misure adottate a favore dei cristiani. Questi ha assicurato al nostro ambasciatore che l’impegno del Governo iracheno è diretto a favorire quanto prima il rientro dei cristiani a Mosul e ha fatto stato della forte contrarietà del Primo Ministro Al Maliki nei confronti di ogni iniziativa che non vada in tale direzione.

Lo stesso Presidente ha assicurato in un incontro con le gerarchie ecclesiastiche continuità e coerenza nell’impegno del Governo a tutela della minoranza cristiana, mentre rappresentanti delle stesse gerarchie hanno ricevuto espressioni di solidarietà e sostegno da parte del Grande Ayatollah Al Sistani.

Replica dell’on. Renato Farina

Signor Presidente, sono soddisfatto della risposta ma sono soprattutto soddisfatto di quanto accaduto oggi in Iraq proprio grazie alla visita del nostro Ministro degli affari esteri, Frattini, nella capitale irachena. Sono particolarmente soddisfatto dell’eco suscitata da questa visita con i suoi risultati e riferita dalle agenzie internazionali. Ho qui la France Press dove è riportata l’affermazione del nostro Ministro che dice di ringraziare il Ministro degli esteri, Zebari, per i suoi propositi concernenti la protezione delle minoranze in Iraq, dal momento che il tema è molto importante per l’Italia.
A sua volta sia il Ministro degli affari esteri sia il Premier Al Maliki sostengono come il Governo intenda incrementare l’opera di protezione dei cristiani. Ritengo che questo sia un grande successo e una grande prerogativa dell’Italia, vale a dire non tanto di difendere i cristiani in quanto abbiamo il Vaticano in casa ma perché la libertà è indivisibile e tra tutte le libertà quella di religione, non semplicemente la libertà religiosa, ma di religione cioè la possibilità di scegliere liberamente la propria fede senza essere perseguiti, ritengo che sia un dato essenziale per la democrazia.
Abbiamo mandato le nostre truppe in quel Paese per abbattere un tiranno e consentire la libertà. Abbiamo dato una mano agli Stati Uniti in questo. Il risultato è stato molto positivo dal punto di vista di molte libertà civili. Nella pratica questo addirittura ha significato passi indietro rispetto alla libertà di religione che vi era sotto il pur orribile regime di Saddam Hussein. A Baghdad erano presenti cinquanta parrocchie, c’era una diffusione serena del cristianesimo. Ho visitato parecchie volte l’Iraq: c’erano preti che circolavano liberamente onorati dalla gente.
Tutto questo, a partire dalla prima guerra del Golfo, ha avuto una grande flessione e, successivamente ancora, per i cristiani è diventato impossibile a causa anche di un atteggiamento, a mio avviso, sbagliato e sciocco delle truppe della coalizione presenti per dare la libertà al popolo. Infatti, le truppe hanno usato le chiese anche come magazzini militari, cosa che facevano i nazisti. Ritengo questo fatto un grave tradimento, anche della stessa cultura degli uomini che andavano in Iraq. Ricordo che a Baghdad c’erano 50 parrocchie. I cristiani erano 900 mila e da allora sono diventati 650 mila a causa dell’esodo forzato e della diaspora causata dalla guerra civile e, naturalmente, dalla presenza forte di Al Qaeda, ma anche da una mancanza di cure da parte della coalizione internazionale.
Di recente il vescovo Warduni, vicario patriarcale di Baghdad, ha denunciato l’atteggiamento omertoso dell’Unione europea, degli Stati Uniti d’America e dell’ONU riguardo lo stato dei cristiani e non mi stupisce, purtroppo, che il rappresentante dell’ONU si dichiari soddisfatto dell’elemosina che è stata versata dal Governo Al Maliki e dal Presidente iracheno ai cristiani.
L’articolo 50 della legge in vigore fino a poco tempo fa prevedeva che su 440 deputati, in Iraq, 15 appartenessero alle minoranze e di questi 13 ai cristiani. Adesso si è arrivati a tre cristiani. Dire che questo vada bene mi sembra veramente una stupidaggine. Infatti, il nostro Ministro degli affari esteri ha insistito con il Presidente Talabani (si chiama proprio così) perché fosse ampliata questa presenza che stava causando delle manifestazioni di protesta in Iraq fra i cristiani e ulteriori tentativi di fuga, perché ciò vuol dire far sparire i cristiani dalla vita del Paese. Far sparire una persona dalla vita politica significa ucciderla moralmente. Pertanto, il Presidente iracheno ha garantito di riprendere in mano la legge e di allargarla, nonostante il parere dell’ONU che sosteneva la bontà di tale legge. Dobbiamo anche imparare, qualche volta, a dire che l’ONU non è il Vangelo, almeno credo. Allo stesso modo penso che l’Italia, in questo senso, si sia mossa bene.
Le violenze che si susseguono in questo momento in Iraq contro i cristiani sono terrificanti. È stata ben descritta dal sottosegretario Scotti la fuga in massa dei cristiani. A me risultano 2.000-2.500 famiglie e, comunque, sono circa 15 mila persone. Di queste, 500 sono rientrate perché effettivamente il Governo si è mosso, credo anche grazie alla pressione italiana. Continuano, però, le uccisioni che sono opera di gruppi di Al Qaeda, ma non sono viste tanto male, purtroppo, da vari settori del Governo, perché tengono a bada una componente in più che almeno non si spartisce quello che ancora c’è nel Paese. Penso che la persecuzione dei cristiani e la loro presenza serena sia come il canarino del grisou, che si usava un tempo nelle miniere perché era il primo a morire. Se muore il canarino vuol dire che è morta la libertà.
La fuga dei cristiani da questi Paesi e la loro protesta è segno che qualcosa di gravissimo sta accadendo e che la democrazia non può semplicemente limitarsi al fatto che si svolgano delle elezioni formali ma o implica i diritti fondamentali oppure è una truffa. Questo è il grande punto della questione. Pertanto, ciò che vorrei proporre al Governo è di stabilire un osservatorio in qualsiasi luogo abbiamo mandato dei soldati, che hanno versato il sangue per le libertà. Auspico che vi sia un osservatorio che controlli, in qualche modo, la pratica della libertà e faccia pressioni sui Governi perché si faccia valere anche il peso del nostro sacrificio.
Questo era ciò che volevo dire, dichiarandomi soddisfatto di questo impegno che ritengo unico nel panorama mondiale e ciò rende onore al nostro Paese.