Domani Walter Veltroni deve affrontare la riunione del Coordinamento del Partito Democratico con ancora il caso Rai irrisolto ed il partito spaccato. “Stavamo perdendo 3 a 0 e abbiamo vinto 4-3!”: così aveva esultato dopo aver stretto l’accordo con Berlusconi sul nome di Sergio Zavoli nuovo presidente della Commissione di Vigilanza Rai al posto di Riccardo Villari. Francamente non si capisce come una personalità del valore e dell’esperienza del leader del PD possa aver commesso una tale imprudenza: non solo esultare, ma iniziare anche una brusca e vendicativa resa dei conti interna, non avendo ancora segnato nessun goal. E’ evidente che la tentazione di lasciarlo sul 3 a 0, in una situazione per sua stessa ammissione disastrosa, è forte e diffusa.



Vediamo con ordine gli errori commessi che non gli hanno permesso finora di far eleggere Sergio Zavoli nonostante un vasto e solido consenso nell’arco del vertice politico-istituzionale.

1. Ha provocato l’immediato e naturale interrogativo: contro chi stava giocando? E chi da vincitore stava trasformandosi in perdente? Una domanda che diventa automaticamente un sospetto avvelenando il clima e ingarbugliando immediatamente il percorso. E’ Berlusconi che da stravincitore diventa straperdente? Evidentemente no essendo il suo principale contraente di un accordo che prevede anche la sistemazione delle principali caselle da attribuire ai berlusconiani in Rai. Proprio Berlusconi – insieme a Letta, Fini e Schifani – scende in campo in suo aiuto chiedendo e facendo chiedere solennemente le dimissioni del riluttante presidente in carica. Però il Veltroni 3-0 ha messo l’acquolina in bocca a quasi tutti i parlamentari di FI, AN e Lega.



2. Veltroni ha subito aperto la polemica interna al PD ed in particolare in modo animoso nell’area exDS. Bettini ha tuonato contro “i pifferi di montagna che vennero per suonare e furono suonati” e il dalemiano Nicola La Torre è stato subito “passato per le armi” dimissionandolo dalla Vigilanza e processandolo per un biglietto scherzoso dato a un collega del PDL in uno studio televisivo. Conseguenza: la levata di scudi dalemiana. “Si usa come pretesto un sedicente avvenimento mediatico – ha dichiarato il dalemiano De Castro – per sprigionare il proprio livore politico represso”. Lo scontro interno quindi divampa fino a D’Alema che annuncia l’appoggio ad una candidatura contro Veltroni al prossimo congresso.



3. Avendo di fronte la necessità di convincere Riccardo Villari alle dimissioni gli si prospetta immediatamente un avvenire senza futuro politico. Non capendo che bisogna offrirgli qualcosa, lo si espelle. Insomma: da quando ha stretto l’accordo su Zavoli, Veltroni non ha fatto che tirare martellate per inchiodare Villari alla poltrona della Vigilanza indicando le dimissioni come scelta suicida.

4. Anziché congelare i lavori della Commissione di Vigilanza presieduta da Villari, Veltroni ha addirittura dato il “via libera” alla costituzione di un ufficio di presidenza intorno a Villari. E’ così che il 20 novembre, mentre infuria l’attacco a Villari, vengono eletti come suoi vicepresidenti Giorgio Merlo per il PD e Giorgio Lainati del PDL. “Così – commenta Francesco Cossiga – i membri di opposizione della Vigilanza Rai hanno legalizzato la posizione di Villari”.

Si delinea quindi per la presidenza della Vigilanza Rai una situazione di stallo ad oltranza come è stato per Leoluca Orlando con la differenza che l’esponente dell’Idv era candidato mentre Riccardo Villari è in carica. E’ così che Walter Veltroni tenendosi stretto Di Pietro ha finito per mettersi completamente nelle mani di Berlusconi.