Nei giorni in cui il governo Berlusconi è alla ricerca di un auspicabile quanto difficilissimo salto di qualità sul fronte nelle politiche per il sostegno alle famiglie, è utile andare alla ricerca di esperienze positive maturate fuori dai nostri confini.

Il caso più significativo di realizzazione di un modello efficace di politica famigliare è senza alcun dubbio quello della Francia, Paese in cui si spende a questo scopo il 2,5% del Pil (in Italia superiamo a malapena l’1%). Non casualmente la Francia è tra l’altro l’unico Paese Ue capace, attraverso una crescita assai rilevante della fertilità media, di raggiungere il tasso di sostituzione naturale (due figli per donna).



Come si è arrivati a questo per certi versi spettacolare risultato? Grazie a una politica fortemente favorevole non semplicemente alla natalità, ma alla famiglia in quanto tale, centrata su tre obiettivi principali: permettere ai genitori di avere il numero desiderato di figli; realizzare la una migliore possibilità di conciliazione tra famiglia e lavoro; permettere ai bambini le condizioni adeguate allo sviluppo.



A partire da queste premesse, la politica famigliare franceseè caratterizzata innanzitutto dalla presenza del quoziente famigliare, ovvero da un modello di tassazione capace di tenere conto della numerosità presente nella famiglia. Accanto a questo pilastro, una serie di misure che in questa sede possiamo soltanto sintetizzare:

– Allocatione de base è uncontributo mensile di 159 euro fino al terzo anno di età, per ogni nato o adottato;

– Prime à la naissance è un bonus per ogni nato o adottato pari a 808,31€, versato al settimo mese di gravidanza;

– Complement de libre choix de mode de garde è un finanziamento dell’assistenza per i bambini fino a 6 anni con genitori lavoratori; si può chiedere da un lato la copertura del 50% dei contributi previdenziali versati per una babysitter a domicilio (quota che sale al 75% sotto una certa quota di reddito), dall’altro un contributo trimestrale (variabile tra i 67 e i 206€, a seconda dell’età del bambino e del reddito dei genitori) per ogni figlio sotto i 6 anni frequentante un asilo;



– Complement de libre choix d’activitè è uncontributo per genitori che abbiano ridotto o interrotto la propria attività lavorativa in seguito alla nascita o adozione di un bambino; versato mensilmente per sei mesi (nel caso di un figlio a carico) o fino al terzo anno (con più figli a carico), la cifra va da 126 a 501€, a seconda che l’interruzione sia totale o parziale. La condizione per accedere a questa misura è quella di aver lavorato due anni negli ultimi quattro (se si hanno fino a due figli) o negli ultimi cinque (per più di due figli).

Siamo insomma di fronte a un modello misto, capace di sostenere la famiglia in quanto tale e senza aggettivi (povera, fragile, numerosa…). Una famiglia cui è soprattutto riconosciuto un diritto alla libertà di scelta tra accudimento dei figli entro le mura domestiche (garantendo un sostegno al reddito anche per coloro i quali decidessero di diminuire o interrompere temporaneamente la propri attività lavorativa) e accesso alla rete dei servizi all’infanzia (fortemente potenziati negli ultimi anni, grazie a un piano che porterà alla creazione di 20mila asili in più, finanziando progetti anche dei privati).

Ce n’è a sufficienza per indicarlo come un modello da imitare, superando la linea risarcitoria costruita su interventi una tantum che da troppi anni osserviamo nel nostro Paese.