«L’Italia è vicina a Israele nella difesa del suo irrinunciabile diritto di vivere in pace e sicurezza».

Parole chiare, forti, inequivocabili, quelle pronunciate dal Presidente Napolitano al collega israeliano Peres nel corso di una visita ufficiale a Gerusalemme.

Italia ed Israele sono vicini come non mai.

Non è sempre stato così, va detto. La storia delle relazioni italo-israeliane ha avuto pagine di evidente conflitto, caratterizzate da episodi indimenticabili come la crisi dell’Achille Lauro e, più di recente, le posizioni apertamente filoarabe dell’ex Ministro degli Esteri Massimo D’Alema.



Oggi, pare evidente, anche dal costante atteggiamento del Governo Berlusconi, che Israele sia finalmente riconosciuto come un interlocutore essenziale per il nostro Paese.

Israele, in particolare, è considerato un partner affidabile, fulcro di multiformi relazioni politiche, economiche, culturali ad ogni livello. Per questo, come correttamente osservato dal Presidente Napolitano, il diritto all’esistenza nella pace dello Stato Ebraico va tutelato, garantito e amplificato. Senza Israele o con Israele in pericolo, il mondo intero, l’occidente nel suo complesso sono minacciati e indeboliti nella loro stessa identità.



Questo perché Israele, in un’area di costante conflitto, di continuativa minaccia dei diritti soggettivi e collettivi irrinunciabili, rappresenta un formidabile laboratorio di democrazia e multiculturalità. Lo Stato Ebraico è, poi, una vera e propria eccellenza in vari settori economici, grazie alla capacità del suo sistema di coniugare virtuosamente lo sviluppo con la capacità di innovazione, nonché la valorizzazione dei cervelli con un modello produttivo, efficiente e “a misura d’uomo”. Anche la sfera culturale vede Israele in primo piano, vista la presenza di scrittori di fama planetaria e di tendenze assai originali, quali quelle che caratterizzano l’arte figurativa o il cinema.



La reiterata volontà di distruggere Israele, espressa senza doppi sensi, da realtà come la dittatura teocratica iraniana (e da tanti altri leaders del mondo islamico o fiancheggiatori interessati dei medesimi), identifica un attacco a chiunque si professi democratico e voglia porre il diritto alla diversità alla base di un civile modello di convivenza. Ecco lo straordinario motivo per cui la vitalità di Israele è un’imprescindibile forma di autotutela per ognuno di noi. Tramite la presenza di Israele nello scacchiere internazionale è maggiormente garantita la libertà religiosa, la libertà di critica e di pensiero, la possibilità per chiunque di vivere apertamente, alla luce del sole, la propria irripetibile individualità. In Medio Oriente, ma anche in Europa e in ogni luogo del mondo.

Questo non vuole dire, sia chiaro, accettare supinamente le posizioni dei vari Governi israeliani, Tutt’altro. Significa, infatti, nel riconoscere la centralità operativa del rapporto con lo Stato Ebraico, costruire insieme (potendosi confrontare apertamente, come è possibile tra amici autentici), a livello internazionale, le modalità di una pace duratura che permetta, tra l’altro, la nascita di uno Stato Palestinese democratico e la ferma condanna fattiva (attraverso l’adozione di misure ferme e drastiche quali sanzioni economiche e politiche) di regimi totalitari tra cui, in primis, quello di Teheran. Anche sul punto, il Presidente Napolitano ha rassicurato Shimon Peres rappresentandogli che l’Italia sta dalla parte ebraica «contro ogni proclama antiisraeliano» di Mahmoud Ahmadinejad.

La strada pare tracciata. Il nostro Paese vuole assumere un ruolo forte in Medio Oriente. Abbandonate le antiche suggestioni filoarabe e certe ambivalenze (non solo politiche, ma anche culturali – connesse ad uno strisciante antisemitismo camuffatto – e, talvolta, di motivazione religiosa) verso Israele, l’Italia è oggi per Israele uno dei principali soggetti di cooperazione.

Questo ruolo e questa posizione non devono, tuttavia, rimanere confinati a visite istituzionali, come quella, peraltro di straordinario valore, del Presidente Giorgio Napolitano.

Il mondo economico, culturale e sociale del nostro Paese devono sempre più stabilire partnership con le controparti israeliane. Indubbio è, infatti, che i più importanti attori delle relazioni internazionali non sono le cancellerie, ma sono le società (imprese, associazioni, centri di ricerca, realtà del volontariato) che, confrontandosi – magari accompagnando le strategie della politica – posso stabilire legami durevoli, improntati alla pace e alla effettiva collaborazione.