Il Pd si sta infilando in un tunnel corto, alla fine del quale si intravedono processi di frammentazione. Per chi abbia a cuore la qualità e l’efficienza del sistema politico, non si tratta di una buona notizia. Una democrazia che cammina con una gamba più corta dell’altra continuerà a zoppicare. La mancanza di un’opposizione solida condanna la maggioranza a una solitudine sguaiata e artificiosamente onnipotente. Perché il Pd non riesce a trovare il “passaggio a Nord-Ovest”?
Gli storici collocano la nascita della sinistra moderna nella Chiesa presbiteriana di Putney, dove dal 28 ottobre al 1° novembre 1647 si riuniscono soldati, ufficiali, generali dell’esercito di Fairfax e Cromwell per discutere con categorie nuove l’assetto socio-economico e istituzionale dell’Inghilterra in rivolta contro la Monarchia e la gerarchia anglicana. Nasce qui “la sinistra liberale”, che evolverà nei due secoli successivi in “sinistra liberal-democratica”.
Marx spezza questo paradigma: il Manifesto del 1848 dà origine alla seconda fase della sinistra, la “sinistra dell’eguaglianza” che evolverà in due correnti, socialista e comunista. Al paradigma dell’eguaglianza appartiene la conquista del potere statale o con la violenza della dittatura del proletariato (comunisti) o attraverso libere elezioni (socialdemocratici). Lo Stato mantiene l’essenza hegeliana di ordinatore supremo della società. Il rovesciamento marxiano dell’hegelismo non ha mutato il ruolo dello Stato quale livellatore egualitario supremo, ovviamente sotto il controllo del proletariato, cioè del suo partito politico.
La storia del ‘900 conoscerà tentativi di perfezionamento del modello: Rosa Luxembourg voleva sostituire i Consigli al partito leninista e Antonio Gramsci svilupperà la teoria dell’egemonia. I socialdemocratici daranno luogo a un imponente sistema di Welfare di Stato.
Il fatale 1989 spezza il paradigma della sinistra dell’eguaglianza. È la fine irreversibile dello Stato comunista e di quello che Ralf Dahrendorf ha definito «il secolo socialdemocratico». La sinistra inglese, tedesca, scandinava ha tentato, spesso con successo, di abbandonare i vecchi lidi per navigare verso un terzo tempo storico: quello della “sinistra della libertà e della persona”. Da Blair, che ha vinto la scommessa, a Schroeder, che l’ha perduta, è stata tracciata una strada. Viceversa la sinistra francese, che soffre di convulsioni crescenti, e quella italiana sono ancora ferme là, al vecchio paradigma statalistico e egualitaristico.
Nell’attuale Pd sembrano contrapporsi due linee culturali: quella vetero-socialdemocratica di D’Alema e quella dei democrats di Veltroni. Ma quando dalla cultura si passa ai programmi, le differenze sono minime: si parli di mercato del lavoro, di scuola, di Pubblica amministrazione, di Giustizia alla fine è la Cgil quella che detta la linea. Il che è appunto molto socialdemocratico, poco democrat. Al tutto D’Alema offre una spruzzata di conservatorismo neo-togliattiano da Prima repubblica, tutto attento ai rapporti tra le vecchie sigle e alla tattica elevata a strategia.
Finché il Pd si porrà in continuità culturale con il secolo ideologico del ‘900 si consumerà in una lotta interna senza sbocchi. Ci si poteva attendere che l’ala cattolico-democristiana offrisse qualche spunto di rinnovamento culturale. Non ne è stata capace, essendo essa stessa ispirata da quello statalismo cattolico, che ha conteso ai comunisti l’egemonia sullo Stato, affidandogli tuttavia lo stesso ruolo. Si dedica, come da antica abitudine, alla raccolta delle tessere. Quanto a Don Sturzo, il cui pensiero cattolico-liberale e popolare fu lucidamente antiveggente, i cattolici ne hanno smarrito la memoria.
Destra e sinistra sono nate dalla scelta di dove sedersi all’epoca dell’Assemblea costituente della Rivoluzione francese: quanti erano favorevoli a concedere al monarca il diritto di veto incondizionato sui lavori dell’Assemblea sedevano a destra, i contrari sedevano a sinistra. La destra fu quindi identificata con i realisti e divenne sinonimo di conservazione, reazione e gerarchia; la sinistra fu identificata con le forze rivoluzionarie e dunque associata a progresso, uguaglianza, innovazione.
Dagli anni ’70 del ’900 questa sovrapposizione dei due binomi non funziona più. Per una curiosa nemesi storica la sinistra, che Marx definiva come «il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente», spesso si comporta come il movimento reale che conserva lo stato di cose presente.