Con questo articolo Riccardo Marletta, avvocato e membro della Libera Associazione Forense, comincia l’analisi dei disegni di legge in discussione in commissione al Senato per arrivare a una legge sul fine vita da più parti auspicata. Oggi sono presi in considerazione i ddl MARINO (Pd), TOMASSINI (PdL) e MASSIDDA (PdL) che potrebbero segnare il rischio di una deriva verso nuovi “casi Englaro”. I temi eticamente sensibili, come vedremo, sono assolutamente trasversali agli schieramenti.



A seguito della vicenda giudiziaria di Eluana Englaro una larghissima parte dell’opinione pubblica è ormai fermamente convinta della necessità di una legge che disciplini il fine vita.

Alcun giorni fa anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rispondendo a un appello a favore della vita di Eluana presentato dal Movimento per la Vita, ha sottolineato l’urgenza dell’introduzione di una normativa in materia.



Attualmente sono all’esame della Commissione “Igiene e Sanità” del Senato undici progetti di legge sull’argomento, presentati nell’arco temporale intercorrente tra la fine di aprile e il mese di novembre del corrente anno.

Ben poche notizie circa i contenuti di tali progetti di legge sono giunte dagli organi di informazione.

Può dunque essere opportuno analizzarne i tratti salienti, augurandosi davvero che si possa giungere al più presto ad una soluzione legislativa largamente condivisa che tuteli appieno la vita umana anche nella sua fase terminale.

Esaminando i primi progetti di legge presentati, si scopre che i progetti di legge Marino (Pd), Tomassini (Pdl) e Massidda (PdL) hanno contenuti in larga parte analoghi.



Tali progetti di legge, oltre a sancire il principio secondo cui il trattamento sanitario è subordinato all’esplicito consenso dell’interessato (tranne che nei casi di assoluta urgenza), contemplano la possibilità di rilasciare dichiarazioni anticipate di trattamento in forma scritta (nel progetto Massidda denominate “testamento di vita” ), revocabili in qualunque momento, mediante le quali l’interessato potrebbe dettare disposizioni in merito all’accettazione o al rifiuto dei trattamenti sanitari che dovessero rendersi necessari in futuro.

Una previsione analoga è contenuta anche nel progetto di legge presentato dal senatore Musi (Pd), nel quale è altresì precisato che le dichiarazioni anticipate di trattamento potrebbero prevedere anche il rifiuto dei «cosiddetti trattamenti di sostegno vitale quali la ventilazione, l’idratazione e l’alimentazione artificiale». A proposito di tali trattamenti, il progetto Tomassini con una previsione dalla formulazione tutt’altro che felice, stabilisce invece che «l’idratazione e l’alimentazione parenterale non sono assimilate all’accanimento terapeutico» (di cui peraltro il progetto di legge non fornisce una definizione), senza tuttavia chiarire se le dichiarazioni anticipate di trattamento potrebbero riguardare o meno anche queste forme di sostegno vitale.

I progetti Marino, Tomassini e Massidda prevedono poi che le direttive contenute nelle dichiarazioni anticipate di trattamento siano impegnative per le scelte sanitarie del medico. Quest’ultimo potrebbe disattendere tali dichiarazioni soltanto quando esse fossero divenute inattuali sulla base degli sviluppi delle conoscenze scientifiche e terapeutiche; secondo quanto previsto nel progetto Marino, nell’effettuazione di questa valutazione il medico sarebbe comunque tenuto ad acquisire il parere del comitato etico della struttura sanitaria interessata e ad adeguarvisi e non potrebbe dunque mai decidere autonomamente di disattendere le direttive contenute nelle dichiarazioni anticipate di trattamento.

Nessuno dei progetti in questione indica un termine temporale massimo di validità delle dichiarazioni anticipate di trattamento, il che sancirebbe definitivamente la negazione del principio, enunciato anche dalla giurisprudenza precedente alle sentenze della Cassazione sul caso Englaro, della necessità dell’attualità del consenso all’effettuazione dei trattamenti sanitari ovvero del rifiuto degli stessi.

I progetti di legge in esame prevedono poi che nell’ambito delle dichiarazioni anticipate di trattamento si possa (progetti Marino, Massidda e Musi) ovvero si debba (progetto Tomassini) nominare un fiduciario cui affidare l’esecuzione delle disposizioni di cui alle dichiarazioni stesse.

In mancanza di indicazioni nell’ambito delle dichiarazioni anticipate di trattamento, il fiduciario, al pari degli altri soggetti tenuti a dare attuazione a tali dichiarazioni, dovrebbe operare «nell’esclusivo e migliore interesse dell’incapace», tenendo altresì conto «dei valori e delle convinzioni notoriamente proprie della persona in stato di incapacità».

È evidente, con riguardo a quest’ultimo profilo, il riferimento ai criteri introdotti dalla Cassazione nel caso di Eluana Englaro.

Con un’importante notazione. Ove questi progetti fossero approvati, per certi aspetti si andrebbe addirittura oltre a quanto sancito dalla Cassazione nella vicenda Englaro.

Anche in presenza di dichiarazioni anticipate di trattamento, infatti, il fiduciario del soggetto che ha reso tali dichiarazioni potrebbe rifiutare per conto del rappresentato trattamenti sanitari che si rendessero necessari per quest’ultimo, anche se nelle dichiarazioni anticipate l’interessato non abbia affatto espresso la volontà di sottrarsi a quei determinati trattamenti.

Appare del tutto evidente che previsioni di questo tipo si muovono nella direzione opposta a quella indicata da molta parte dell’opinione pubblica e da alcuni rappresentanti del Governo, secondo cui uno degli intenti principali della futura legge sarebbe quello di evitare altri “casi Eluana”.

C’è da augurarsi che il Parlamento ne tenga adeguatamente conto.

(Continua – 1)

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