Prosegue il viaggio di Riccardo Marletta, avvocato e membro della Libera Associazione Forense, nell’analisi dei disegni di legge in discussione in commissione al Senato per arrivare a una legge sul fine vita da più parti auspicata. Oggi sono presi in considerazione i ddl VERONESI (Pd), PORETTI (Pd) e CARLONI (Pd). In questi progetti di legge, anche se si esalta il principio di autodeterminazione dell’individuo, lo si fa solo in modo funzionale ad introdurre in Italia l’eutanasia: la battaglia culturale e politica, a questo punto, è più che mai accesa.
Tra i progetti di legge sul fine vita in discussione nella Commissione “Igiene e Sanità” del Senato, certamente quelli presentati dai senatori del Partito Democratico Veronesi, Poretti e Carloni si caratterizzano per la dichiarata intenzione di attribuire la massima rilevanza al principio dell’autodeterminazione assoluta dell’individuo in questo campo.
Così nella relazione accompagnatoria del progetto di legge Poretti si precisa addirittura che il progetto “individua nel consenso della persona l’unico fondamento giuridico posto alla base dell’attività medica: non riconosce ad essa altra legittimazione se non la volontà della persona”.
Esaminando nel merito le previsioni di questi progetti di legge, si scopre però che sovente tale già di per sé discutibile principio viene di fatto sacrificato a favore della logica di cercare di estendere quanto più possibile la possibilità di rifiuto dei trattamenti sanitari, anche laddove non vi sia ragionevole certezza circa l’effettiva volontà manifestata dal soggetto o circa l’attualità della stessa.
I progetti di legge in esame prevedono la possibilità di rilasciare dichiarazioni anticipate di trattamento, mediante le quali gli interessati potrebbero esprimere la volontà di non sottoporsi a trattamenti sanitari al sopraggiungere di eventi che comportino la perdita della capacità naturale.
Nessuno dei progetti in questione prevede un termine temporale massimo di validità di tali dichiarazioni e tutti precisano che le stesse sarebbero vincolanti per medici ed operatori sanitari.
Il solo progetto di legge Veronesi contempla la possibilità dell’obiezione di coscienza, prevedendo che “qualora il medico non condivida il principio del diritto al rifiuto delle cure, si astiene dal curare il malato, lasciando il compito assistenziale ad altri”.
In omaggio al principio dell’autodeterminazione ad ogni costo il progetto Veronesi specifica poi che le dichiarazioni anticipate possono essere redatte da “ogni persona” e dunque, stando al tenore letterale della previsione, anche da minori di qualunque età e da soggetti in stato di incapacità.
Viceversa il progetto Poretti prevede che le dichiarazioni anticipate di trattamento possano essere presentate a partire dai 14 anni, un’età in cui una persona non può nemmeno richiedere la carta d’identità, è ben lontana dal poter decidere autonomamente dove vivere o, molto più banalmente, di restare a casa da scuola per un giorno o dal poter esercitare il diritto di voto alle elezioni politiche, ma avrebbe ex lege la maturità per decidere in merito all’accettazione o al rifiuto di trattamenti da dipendono la vita o la morte.
I progetti in esame precisano altresì che il rifiuto potrebbe riguardare l’alimentazione e l’idratazione artificiale (Veronesi e Poretti) e per mano di terzi (Poretti). Con riferimento a quest’ultima previsione resta da comprendere, a tacer d’altro, come possa essere definita “trattamento sanitario” che potrebbe essere rifiutato, l’azione di chi, senza possedere alcuna competenza medica, imbocchi un parente o un amico che non è in grado di alimentarsi da solo.
Stando alle previsioni del progetto Poretti potrebbe inoltre accadere di aver espresso una dichiarazione anticipata di trattamento senza saperlo.
Secondo tale proposta, la dichiarazione di accettazione o di rifiuto di un trattamento sanitario effettuata nel momento in cui tale trattamento dovrebbe essere prestato “resta valida e vincolante per i medici curanti anche per il tempo successivo alla perdita della capacità naturale ovvero alla perdita della facoltà naturale”.
Il che significa che un soggetto che rifiutasse un determinato trattamento nel momento in cui se ne presenta la necessità o l’opportunità, in assenza di una successiva espressa dichiarazione di segno contrario, rimarrebbe vincolato a quella decisione anche se nel frattempo avesse mutato determinazione o anche qualora il rifiuto fosse stato legato a valutazioni contingenti e non avesse avuto, nell’intenzione dell’interessato, indicazione di portata generale.
Il rischio di allontanarsi dalla volontà che l’interessato esprimerebbe nel caso concreto è ancora più evidente con riferimento ad altre previsioni contenute nei progetti in esame.
Così il progetto Veronesi precisa che sarebbe consentito delegare una persona di fiducia “a decidere in merito al trattamento sanitario”.
Anche secondo il progetto Poretti il fiduciario dovrebbe esprimersi circa l’accettazione od il rifiuto delle cure anche in assenza di dichiarazioni anticipate di trattamento; previsioni analoghe sono contenute anche nel progetto Carloni, il quale peraltro prevede che, su richiesta dell’istituto di ricovero o di cura ovvero “di chiunque sia venuto a conoscenza dello stato di incapacità”, il giudice tutelare dovrebbe comunque provvedere alla nomina del fiduciario.
Ove queste previsioni diventassero legge, i fiduciari si potrebbero dunque trovare a decidere della vita e della morte di una persona senza che l’interessato abbia fornito indicazioni circa i trattamenti che vuole accettare e a quelli che intende rifiutare; si aprirebbe inoltre di fatto la possibilità che, ove tali indicazioni non siano state formalizzate, i fiduciari decidano in difformità dalle stesse.
Inoltre un soggetto che avesse liberamente deciso di non indicare alcun fiduciario, rischierebbe di vedersene assegnato uno “d’ufficio” nel caso di sopravvenuta incapacità.
Con buona pace del principio di autodeterminazione dell’individuo solennemente proclamato nei progetti di legge in esame.
(Continua – 2)