Si moltiplicano già i sondaggi sui voti che gli italiani daranno ai diversi schieramenti nelle prossime elezioni del 13-14 aprile, anche prima che si sia chiarito definitivamente quali siano le forze in campo. La governabilità e le riforme devono dipendere solo da chi vincerà le elezioni, o è meglio immaginare soluzioni bipartisan per garantirle?
Una tentazione che corre il centro-destra berlusconiano è quella di ritenere preferibile, in caso di larga vittoria, un governo che prescinda da qualunque possibile alleanza con la parte moderata della sinistra. Sarebbe un’autentica sciagura per il centro-destra stesso e per l’Italia tutta. Vorrebbe dire che, nel centro-destra, avrebbero prevalso le componenti più clientelari e ammalate di potere, o quelle più irresponsabili e isteriche, convinte di un’autosufficienza culturale nell’affronto dei problemi italiani che invece, per diverse ragioni, non c’è.
Innanzitutto, in un nuovo clima di contrapposizione frontale, è illusorio giungere a un compromesso virtuoso che rinnovi il patto costituzionale e porti a riforme istituzionali che, a detta di tutti, debbono essere largamente condivise.
In secondo luogo, anche sul piano economico, oggi sono necessarie scelte suffragate da un largo consenso. Ci si avvia infatti a un periodo di recessione mondiale; le previsioni per il Pil italiano, in particolare, nei prossimi anni, non sono certo rosee. Sono da farsi scelte cruciali per il rilancio del nostro sistema economico per ciò che concerne il mercato del lavoro, la costruzione di infrastrutture, il taglio della spesa pubblica e delle tasse (oggi al 42% per le imprese contro il 25% americano). Se l’affronto della crisi, con le scelte strategiche e i sacrifici inevitabili da fare, fosse proposto senza un appoggio deciso delle componenti riformatrici di entrambi gli schieramenti, un governo non riuscirebbe ad opporsi alla piazza, all’anti-politica, alla strumentalizzazione politica di procedimenti giudiziari aperti strumentalmente, all’avversione di certe parti sociali che pretendono di determinare le scelte di tutti gli italiani. In altre parole, si riprodurrebbe ancora ciò che è avvenuto con il precedente governo Berlusconi.
E ancora, anche in altri campi, fondamentali per la convivenza civile, come quelli dei diritti non negoziabili (vita, famiglia, educazione), o come quello della giustizia e dell’istruzione, sono necessari accordi profondi che pongano fine a contrapposizioni violente o a continui ribaltamenti dei provvedimenti legislativi, in un continuo corso e ricorso che, oltre a disattendere il principio di sussidiarietà come principio di vera libertà, paralizza il paese in un eterno punto di partenza pernicioso per tutti.
Queste ragioni portano ad affermare che per giungere a un bipolarismo maturo e capace di condurre l’Italia nei prossimi decenni, occorre evitare calcoli miopi e di corto raggio. Non solo è opportuno affermare che è necessario votare per uno dei partiti maggiori, ma proclamare fin da ora e senza ripensamenti un’alleanza costituente sul piano delle riforme istituzionali, economiche, sociali. La politica non può più essere affidata a cicale che vivono una sola estate.
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