Un dato che si è imposto all’attenzione di tutti i commentatori e gli analisti politici è la forte crescita di consensi registrata dalla Lega Nord che, per la prima volta in modo sostanzialmente uniforme in tutte le regioni del nord Italia, è cresciuta fino a determinare in molti casi, come per esempio la Liguria e il Friuli Venezia Giulia, una vittoria davvero difficile da pronosticare.



E’ stato determinate, contributo del partito di Umberto Bossi che, tornato in campo, ha fatto registrare per la Lega l’8,1% di preferenze al Senato e l’8,6% alla Camera, andando vicino a raddoppiare il dato delle politiche del 2006 nelle quali ottenne 4,5% dei voti e sfiorando il record degli oltre dieci punti percentuali ottenuto nel ’96.




Quanto pesa il «destro popolare» di Bossi

Nei giorni scorsi c’è chi si è cimentato a quantificare – analizzando non le percentuali, bensì i voti assoluti “incassati” dalle coalizioni Pdl-Lega Nord-Mpa e Pd-Idv – il peso degli alleati nei risultati elettorali.

Secondo l’Istituto Carlo Cattaneo, curatore dell’indagine, infatti, il Pdl, rispetto ai consensi raccolti da Forza Italia e da Alleanza nazionale nel 2006, perde oltre 100 mila voti (-0,9%) rispetto al 2006 e quindi in sostanza tiene a livello nazionale. Il Pdl cede soprattutto al Nord (-800 mila voti rispetto al 2006), per poi compensare al Sud (specie in Campania e Sicilia: +400 mila voti). Il successo della coalizione è dovuto alla Lega Nord, che – insieme al Movimento per l’Autonomia nelle regioni meridionali – avanza di quasi 1,7 milioni di voti, quasi tutti concentrati (+1,4 milioni) al Nord.



Peserebbe quindi ben 1,4 milioni di voti “utili”, cioè di plusvalore per la coalizione il «destro popolare» della Lega, così come lo ha definito Umberto Bossi ai giornalisti che nel pomeriggio di domenica erano a caccia di commenti nella sede di via Bellerio.


La mappa del successo (non solo) al Nord

In regioni strategiche come Lombardia e Veneto, dove l’appeal del Carroccio sembrava essere appannato, i voti sono raddoppiati. In Piemonte la percentuale è lievitata dal 6,5% delle ultime elezioni all’ 11,5%, nel Friuli Venezia Giulia dal 7% al 13%.

Una affermazione che non si è fermata unicamente alla provincia, ma muove proprio dai centri urbani: tutte le grandi città del Nord hanno visto crescere l’appoggio al partito, a partire da Vicenza e Verona dove quasi un cittadino su tre ha votato Lega. In particolare, nella città scaligera si è toccato il vertice del 27%, seguita da Venezia col 14% e poi, inevitabilmente, da Milano. Nel capoluogo lombardo la Lega è stata scelta dal 12% dei cittadini, tornando così a quella doppia cifra che non si registrava dai tempi di mani pulite, arrivando a radicarsi anche in quartieri periferici come Quarto Oggiaro (15%).

Ma il successo della Lega non è limitato allo storico territorio di influenza. Un dato assolutamente nuovo è l’aumentare dei consensi nelle regioni e nelle zone del nord storicamente rosse. In Emilia Romagna alla Camera , per esempio, è salita al 7% rispetto al 3,92% registrato nel 2006 (registrando un risultato ben più alto di quello de La Sinistra, L’Arcobaleno). Così anche in molti altri feudi dell’ex Pci, arrivando addirittura a toccare il 10% in una città come Sesto San Giovanni (10%), quella che fino a ieri era la “Stalingrado” d’Italia.


Falce e Carroccio

Umberto Bossi ha saputo infatto raccogliere l’occasione di attrarre e rivendicare I voti dei lavoratori che hanno deciso di “tradire” la sinistra, fatto ben simboleggiato dal risultato ottenuto, appunto, a Sesto San Giovanni la città operaia che più di altre incarnava lo storico simbolo della falce e martello. La Lega, incassato il voto operaio, ora ne ha fatto il vessillo per un nuovo partito di lotta e di governo.

«La Lega l’hanno votata i lavoratori che non ne potevano più di votare a sinistra dopo il Tfr e dopo tutto quello che la sinistra ha fatto: siamo noi il partito nuovo dei lavoratori», ha dichiarato più volte durante la campagna elettorale e in questi giorni il leader del Carroccio. E quanto la battaglia per il lavoro stia a cuore a questa nuova lega, lo testimonia l’interesse (non nuovo) per il dicastero del Lavoro a per il quale Bossi auspica la nomina di Rosi Mauro (responsabile del Sindacato Padano) il cui motto è «gabbie salariali, da discutere regione per regione».

E i lavoratori, lo hanno dimostrato con il voto, credono all’ipotesi di una Lega operaia, anche e soprattutto a livello di approccio ai problemi e di sensibilità (come nell’affronto della questione Alitalia, centrato in realtà tutto sulla difesa di Malpensa e che lascia sullo sfondo la compagnia di bandiera).

Lo testimoniano anche le centinaia di telefonate a Radio Padania, l’emittente del Carroccio, si sono susseguite le telefonate di lavoratori “neo Leghisti”. Almeno quattro ascoltatori si sono definiti operai “ex elettori di sinistra”, e uno di loro, Piero, ha concluso la telefonata in diretta, in dialetto lombardo con un deciso «adess me racumandi..» (adesso mi raccomando…), dopo aver spiegato che ha scelto sulla scheda il Carroccio come ultima speranza: «Vi abbiamo votato, adesso meritatevi la nostra fiducia».


E’ in arrivo la “secessione dolce”?

«Il Nord ha mandato un segnale preciso, vuole assolutamente che cambi il Paese. Adesso abbiamo la forza per far passare il pensiero del Nord anche senza il Pd. Siamo più forti che mai». Lavoro, fisco («Adesso la prima cosa da fare è il federalismo fiscale – ha aggiunto – bisogna fare in modo che parte dei soldi restino sul territorio e questa volta abbiamo la forza per fare il federalismo fiscale»), questione Alitalia da interpretare, appunto, solo in chiave Malpensa e una nuova legge sull’immigrazione sono stati i cardini di una campagna elettorale basata sulla rinascita di un protagonismo leghista che sembrava un po’ appannato per gli anni.

Uno smalto che ha riguadagnato tanto splendore da far arrivare il sociologo Aldo Bonomi addirittura alla conclusione che sia in atto una “secessione dolce” «che oggi ottiene un riconoscimento politico. L’Alleanza organica tra Pdl e Lega assume il modello bavarese, territoriale. Non mi stupisce che il processo scenda lungo la via Emilia…»

In ogni caso per Bossi, ritrovato il vigore, oggi c’è solo una missione: «La gente ci vuole bene e chiede che cambiamo il Paese bisogna fare in modo che parte dei soldi restino sul territorio»

«Questa volta abbiamo la forza per cambiare davvero» ha detto il leader del Carroccio e su una collaborazione con il Pd sul tema delle riforme ha chiosato: «dipende da loro, ce ne accorgeremo già quando andranno in commissione. L’altra volta mandarono un battaglione di costituzionalisti all’ unico scopo di bloccare tutto. Ma questa volta noi abbiamo la forza per cambiare, anche senza il Pd»