Sul tema sicurezza e immigrazione, secondo molti osservatori e analisti, si è giocata buona parte della recente vittoria elettorale del centrodestra. I casi di cronaca, poi, non fanno che aumentare l’attenzione su questo problema che, al di là delle visioni e divisioni di parte, interessa direttamente la vita quotidiana degli italiani. Soprattutto riguarda la vita delle città: è sul fronte dell’amministrazione locale, infatti, che il tema sicurezza è avvertito in modo più urgente. Per questo motivo, dopo avere nei giorni scorsi approfondito l’argomento sicurezza con gli interventi di Davide Rondoni e Renato Farina, ilsussidiario.net ha rivolto alcune domande a due sindaci: Adriano Paroli (PdL), fresco di vittoria in una città come Brescia che rappresenta un vero e proprio caso sul fronte immigrazione; e Flavio Zanonato (Pd), sindaco di Padova, altra città in cui è forte il peso dell’immigrazione.
Il problema della sicurezza è spesso affrontato in termini generali, con dichiarazioni d’intenti di cui si fatica a cogliere le implicazioni pratiche. Chi gestisce una città vive invece di esigenze immediate: quali sono i poteri reali dei sindaci e i loro campi d’azione? E quali invece i provvedimenti di più ampio respiro che vi aspettate dal governo centrale?
Adriano Paroli: Io credo che un sindaco e la sua amministrazione possano essere un elemento decisivo per creare un certo tipo di atteggiamento rispetto al problema della sicurezza e alle problematiche dell’ordine pubblico in genere. Bisogna infatti contrastare l’atteggiamento del lassismo, del buonismo, di quella falsa tolleranza che diventa un non farsi carico dei problemi, perché in questo modo non si tutelano le posizioni deboli, come spesso si sostiene, ma si vanno al contrario a danneggiare proprio quelle posizioni deboli che si vorrebbero difendere. Chi subisce i danni maggiori della violenza e della criminalità sono infatti i più deboli, come gli anziani, le donne etc. Quindi il problema è innanzitutto quello di stimolare e di generare un atteggiamento.
Però anche direttamente si può intervenire in diversi campi. Innanzitutto, visto che a Brescia abbiamo principalmente il problema dell’immigrazione, è per noi fondamentale la questione della residenza. Noi abbiamo detto con chiarezza che rispetto alla residenza metteremo due condizioni: un lavoro che consenta un reddito certo, e un contratto d’affitto regolarmente intestato. Questi sono infatti i segnali che c’è una volontà di integrazione da parte degli extracomunitari.
Noi siamo un purtroppo un modello nelle problematiche; vorremmo d’ora in poi esserlo anche nelle soluzioni. Quindi con reddito minimo e contratto d’affitto intestato c’è già un controllo del territorio, e delle situazioni di irregolarità e di delinquenza che viene fatto in modo adeguato. Allo stesso modo, le attività che possono far sorgere dei sospetti possano essere controllate in modo maggiore. Questo vale ad esempio per i phone center, che spesso vengono indicati come luoghi in cui è possibile avere punti di riferimento per lo spaccio o per altre attività illecite, come il contrabbando di merce rubata. In questo il presidio del territorio può e deve essere di competenza della polizia locale, che consoce meglio le aree della città in cui queste problematiche si sviluppano.
Flavio Zanonato: La città non è una zona isolata del Paese, ma è inserita in un contesto. Quindi è difficile avere una città sicura, se questa è calata in un contesto che ha problemi di criminalità. In questi casi, come prevede l’articolo 117 della Costituzione, l’unico a poter intervenire è il governo centrale.
Per quanto riguarda i poteri dei sindaci, attualmente essi possono intervenire con ordinanze solo per questioni legate alla viabilità e al traffico, oppure quando è in grave pericolo la salute pubblica. Qui a Padova, per esempio, abbiamo deciso di multare i clienti delle prostitute, ma per farlo ci si è dovuti “aggrappare” al codice della strada, punendo i clienti che si fermano a trattare la prestazione sessuale, per intralcio al traffico. Se la legge permettesse l’intervento del sindaco anche in caso di grave degrado o allarme sociale non ci sarebbe bisogno di ricorrere a questi espedienti, ma si potrebbero attuare misure più efficaci. C’è poi il tema della lotta alla clandestinità. Se confrontiamo il tasso di criminalità degli italiani con quello degli stranieri regolari notiamo che il dato è simile, mentre per gli irregolari la situazione è ben diversa e il tasso di criminalità molto superiore. Bisognerebbe quindi adeguare anche la legge sull’immigrazione in modo da favorire la regolarità e contrastare la clandestinità, con un controllo molto più serio degli ingressi. Per queste ragioni ho firmato, la settimana scorsa, a Parma un documento, insieme ad altri miei colleghi di centrodestra e centrosinistra, per chiedere al governo di potenziare le funzioni dei Sindaci.
Una città non è bella e vivibile solo se è risolto il problema sicurezza; anzi, spesso l’insicurezza fiorisce in una condizione di deserto culturale e in una povertà di vita di un ambiente cittadino (che accomuna tutte le nostre città, non una rispetto a un’altra). Come fare rinascere le nostre città, facendo sì che le piazze ritornino ad essere luoghi di incontro e di fioritura della vita cittadina?
Paroli: Innanzitutto c’è proprio il problema di una comunità che deve tornare a pensare come comunità, e non come un insieme di singoli. In questo le aggregazioni sociali svolgono un ruolo importantissimo, perché danno la possibilità di creare quei riferimenti culturali e sociali che sul territorio costruiscono. Riprendo un concetto che è stato riportato più volte: qui ciascuno costruisce la propria casa, ma chi costruisce la cattedrale? L’idea che ho è quella di una città che torni ad essere la possibilità di coinvolgimento dei cittadini nella costruzione della cattedrale; e la cattedrale è evidentemente il bene comune che diventa concreto, che diventa segno, che diventa luogo. La città, con i suoi momenti di aggregazione, dà questa possibilità.
Zanonato: Padova è una città, da questo punto di vista, molto fortunata, perché ha una distribuzione notevole di esercizi commerciali e non esistono “quartieri dormitorio”, ma ogni quartiere ha una piccola piazza, con negozi, edicole e bar: ciò permette che ci sia aggregazione sociale. Per preservare queste caratteristiche, l’amministrazione è contraria alla costruzione di ulteriori grandi centri commerciali, perché toglierebbero il “contorno” di queste piazze, lasciando senza riferimenti i cittadini (soprattutto gli anziani) e creando zone deserte che possono favorire la delinquenza. In alcune città europee, lo sviluppo di grandi centri commerciali, ha costretto le amministrazioni ha creare manifestazioni ed eventi per ricreare “artificialmente” momenti di aggregazione nei quartieri. Nel centro della nostra città, si è poi creata una grande aggregazione di giovani e questo punto nevralgico non è mai vuoto, come accade altrove.
Allo stato attuale, come giudica la situazione generale, sotto il profilo della sicurezza, della città da Lei amministrata? Come si muovono nell’ambiente cittadino gli abitanti della sua città: che percezione hanno del problema sicurezza, e che cosa si aspettano?
Paroli: I bresciani, anche rispetto al fenomeno numericamente potente dell’immigrazione, sono sempre stati molto accoglienti, disponibili e generose. Allo stesso tempo oggi ci si scontra con il fatto che c’è stato un abuso di questa disponibilità. Oggi i bresciani chiedono una certezza e una chiarezza nelle regole di vita. Non voglio confondere il problema della sicurezza con il problema dell’immigrazione, che sono due cose diverse; però è evidente che oggi da noi, con una popolazione carceraria che all’80% è composta da extracomunitari, è impossibile che il problema della criminalità e microcriminalità sia distinto dal problema di un’integrazione non avvenuta: è la realtà che detta questo. L’integrazione oggi è possibile laddove ci siano regole certe: le regole sono quella sintesi di diritti e doveri con la quale i bresciani vogliono rapportarsi, e io credo che anche gli immigrati che sono a Brescia e che vogliono integrarsi, hanno la stessa necessità, quella cioè di avere regole chiare alle quali rifarsi, e con le quali venga garantita la loro situazione.
Zanonato: Padova ha 211.000 abitanti, di cui il 10% stranieri regolari. La nostra è una città che è stata sempre abituata a vivere tranquillamente, mentre adesso subisce delle dinamiche tipiche di una grande città. Il governo Prodi ha sottoscritto un patto per la sicurezza con le grandi aeree metropolitane, ma il problema riguarda ormai anche le città di grandezza media come la nostra. Per questo è nato il documento di Parma, di cui ho parlato precedentemente, che chiede al governo di avere la stessa attenzione dimostrata per le grandi metropoli. La situazione in città non è certo allarmante, ma nemmeno tranquilla: c’è una sorta di “via di mezzo”. La percezione dei cittadini è condizionata dalla modalità con cui i media “cavalcano” e trattano gli eventi. Lo stesso vale anche per le forze politiche, che a volte usano strumentalmente il tema, anziché unirsi per affrontarlo. Ritengo, infatti, che il problema della sicurezza sia trasversale agli schieramenti politici: non è questione di destra, né di sinistra. In particolare se la sinistra tiene fede ai suoi valori, cioè stare dalla parte dei più deboli, tra un anziano che viene scippato e un aggressore, non ha dubbi su chi difendere. Per questo la sinistra deve comprendere fino in fondo che anche l’aspetto repressivo è necessario; allo stesso tempo la destra deve capire che non è solo facendo la “faccia feroce” che si risolve il problema, ma anche lavorando per l’integrazione e la solidarietà, perché eliminando le situazioni di disagio si crea una comunità dove la criminalità diminuisce. A questo proposito Blair aveva uno slogan: lotta dura contro il crimine e lotta dura contro le cause del crimine.