Nel mezzo del torpore con cui il Governo sembra aver dato inizio alla legislatura, ha suonato come un tuono l’annuncio della Vicepresidente Fernandez de la Vega sulla riforma della legge in materia di libertà religiosa. Approvata nel 1980 con un ampio consenso, diede un positivo inquadramento costituzionale alla questione religiosa. Secondo la vicepresidente, si tratta ora di portare avanti la laicità dello Stato e di adattare la legge alle nuove circostanze di pluralismo religioso.
Non si capisce molto bene qual è il “miglioramento” che vorrebbe realizzare il governo Zapatero, poiché gli assi di questa laicità (che la nostra Costituzione chiama “aconfessionalità”) sono perfettamente chiari: reciproca indipendenza e collaborazione. In fondo, il problema non ha radici nello sviluppo pratico del precetto costituzionale, che finora è stato chiaro, ma nella sostanza stessa dell’articolo 16, che alcuni socialisti accettarono di mala voglia e che ora respingono senza giri di parole.
Ciò che il Governo vuole è svuotare di contenuto questo articolo, considerato troppo favorevole alla Chiesa cattolica. Torna alla mente la tesi del Cardinal Angelo Scola su una nuova laicità, seconda la quale un governo veramente laico dovrebbe tenere molto in considerazione la tradizione religiosa maggioritaria del popolo: in questo caso si tratta del contrario, bisogna combattere questa tradizione per ridurre la sua azione.
Quanto all’argomento del nuovo pluralismo religioso in Spagna, è oltretutto fallace. A più pluralismo si dovrebbe rispondere con maggior libertà, ma disgraziatamente quella in atto è una restrizione quotidiana del senso e dell’ampiezza della libertà religiosa, che certamente la nostra Costituzione segnala non essere una semplice libertà di culto. La prova la troviamo nello scandalo farisaico costruito dall’esecutivo e dai suoi fini mezzi a proposito della possibile presenza di sacerdoti nei comitati etici degli ospedali madrileni. Questo è stato un “caso” perfettamente pilotato per “lanciare” l’annuncio di De la Vega, per la quale la presenza dei sacerdoti in tali comitati sarebbe contraria alla libertà religiosa di molti spagnoli.
Che nessuno si inganni: non si tratta di aumentare la libertà religiosa perché ne beneficino i membri delle altre confessioni (questo lo assicurava già la legge del 1980), ma di restringere al massimo il significato di questa libertà, che nei piani governativi deve restare confinata nella sfera privata. Per questo non si accetta che i rappresentanti della tradizione cattolica (per la saggezza provata da un’esperienza storica radicata nel nostro popolo) contribuiscano a dare un criterio sulle questioni etiche che attengono al rispetto della vita umana, in un dialogo aperto con altre tradizioni religiose e filosofiche. Il risultato di tutto questo non sarà che a partire da ora nei comitati entreranno imam e rabbini, ma semplicemente che l’esperienza religiosa (esperienza di umanità integrale, non dimentichiamolo) sarà esclusa da questi luoghi, in nome della libertà.
Nel torpore di questa legislatura che il Governo sta pian piano cullando e in cui l’opposizione non si intromette, Zapatero ha già lanciato tre “missili” ben chiari: ampliamento dell’aborto (questo si discuterà nella Commissione di uguaglianza, non in quella della giustizia); riforma della legge della libertà religiosa; nessun cambiamento o accordo sull’Educazione per la cittadinanza. Diceva bene Pepe Blanco dopo il 30-D, «niente tornerà a essere come prima». Si capisce la tua minaccia Pepe, ma non è così: il Psoe prosegue allo stesso modo, nel cambiare dal posto di potere il tessuto etico-culturale della società spagnola. Quello che succede ora è che, benedetto dai voti, preme l’acceleratore. Vorrà il PP affrontare questa battaglia in nome della libertà di tutti?