Sarebbe bello fare un gioco con i nostri lettori: dato il titolo di un articolo, indovinate quale notizia c’è dietro. Per esempio: settimana scorsa Famiglia Cristiana titolava: «L’oblio dell’etica cristiana». A cosa si potrà mai riferire un’affermazione tanto lapidaria? Una notizia di cronaca su fatti particolarmente contrari a uno dei dieci comandamenti? Una proposta o un disegno di legge che neghi in maniera evidente qualcuno dei principi non negoziabili? Niente di tutto questo: l’oblio di cui si parla sarebbe alla base della formazione del nuovo governo, colpevole di non avere al proprio interno cattolici «dichiarati» (cosa significa?) e di aver abolito il ministero della famiglia.
Partiamo dall’ultimo punto, per capire la validità del ragionamento. Il confronto è facile: nell’ultimo governo il ministero della famiglia c’era. Si trattava del dicastero retto da Rosy Bindi, il ministro che tutti ben ricordano per aver messo sul tavolo, insieme al ministro Pollastrini, il disegno di legge sulle unioni di fatto, altrimenti dette Dico. Fu la goccia che fece traboccare il vaso di tutta l’ambiguità in materia etica del precedente governo: e dalla mobilitazione che ne seguì venne fuori il Family Day. Eppure le condizioni erano le più favorevoli possibili: la presenza di un ministero per la famiglia, per di più retto da un cattolica «dichiarata» (e allora ci interroghiamo ancor di più sulla stranezza di questa definizione).
Naturalmente, la memoria o l’oblio dei temi etici non si misura sulla base di patenti di autenticità cattolica: anzi, diciamo pure che non si misura proprio. Non c’è infatti nessun automatismo politico che possa mettere “al sicuro” i cattolici: l’esperienza appena citata del precedente governo sta lì a dimostrarlo in maniera lampante (a tal punto che sembra francamente strano che gli estensori del ragionamento di cui sopra non si siano accorti della palese contraddizione).
Il punto, non ci si stancherà di ribadirlo, è la difesa dei «valori non negoziabili»: e questo lo si può vedere solo in atto, nell’azione di governo, non lo si può certo stabilire a priori. E quei valori non sono vaghi, non sono ambigue dichiarazioni o affermazioni di principio. Sono tre punti chiari e inequivocabili: vita, famiglia, libertà di educazione. Su questo, e null’altro, ci si attesti.
Come ha ricordato don Stefano Alberto nel suo contributo per ilsussidiario.net, «la Chiesa non è, e non intende essere un agente politico, non rivendicando nessun privilegio in tal senso e affidando ai fedeli laici il compito di agire per costruire in tale ambito, sotto propria responsabilità, un giusto ordine nella società». Non ci sono dunque propaggini certificate che assicurano la presenza cattolica nell’azione del governo: l’azione di ognuno è affidata alla propria responsabilità.
Volendo però, da ultimo, dare uno sguardo alla contingente situazione politica, non possiamo non notare la presenza ieri del sottosegretario alla Presidenza del consiglio per le politiche familiari Carlo Giovanardi, del ministro del Welfare Maurizio Sacconi e del sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella nella tavola rotonda organizzata a margine della presentazione al presidente della Repubblica di un milione e 71mila firme della petizione per un “fisco a misura di famiglia”. Con l’impegno di dare seguito alla promessa di applicare il quoziente familiare, inserito come uno dei punti centrali del programma elettorale. Seguiremo l’evolversi dei fatti con attenzione: ma è chiaro che questa è la strada per giudicare l’azione del governo sulla difesa dei valori cari ai cattolici. Non certo i giudizi più o meno teorici sui nomi e i cognomi.