Come promesso, il primo consiglio dei ministri ha varato l’abolizione dell’Ici. Cosa pensa di questo provvedimento? È stata una scelta opportuna?

Io penso che in questo momento, in questo Paese, qualunque iniziativa di riduzione della pressione fiscale debba essere vista positivamente. Naturalmente questo implica che la copertura, come ha detto il ministro dell’Economia, non può che essere una copertura che passa attraverso la riduzione delle spese. Penso inoltre che questo provvedimento sull’Ici debba necessariamente trovare un suo completamento nella riforma federale, in particolare nel federalismo fiscale. E’ evidente che se si va semplicemente a sostituire l’Ici con maggiori trasferimenti da parte dello Stato, limiteremmo in maniera sostanziale l’economia e la responsabilità degli enti locali. Naturalmente uno di quei problemi di cui soffriamo oggi è proprio la ridotta responsabilità da parte degli enti locali e delle regioni, e quindi non si andrebbe nella direzione corretta. Se invece questo provvedimento viene seguito rapidamente da un provvedimento sul federalismo fiscale che restituisca agli enti locali e alle regioni autonomia e responsabilità, allora il tutto acquista un suo senso compiuto.



Quindi una decisione positiva, ma che necessita di un passaggio in più.

Sì, e c’è anche un altro elemento, rispetto al quale io mi aspetto un completamento. Questo è un Paese in cui l’80% delle famiglie possiede una casa di proprietà; questa percentuale è in larga misura alla radice della immobilità anche geografica degli italiani. Alcuni di loro potrebbero trovare lavoro altrove, ma è chiaro che un mercato in cui l’80% degli immobili sono di proprietà finisce per essere un mercato molto rigido, in cui diventa difficile favorire gli spostamenti fra le regioni. Da questo punto di vista riterrei utile un intervento, anche in tempi rapidi, che renda il mercato degli affitti più fluido di quanto non sia oggi e che non introduca un elemento di favore per la proprietà rispetto all’affitto, per non ingessare ancora di più un Paese che già di per sé è fin troppo ingessato.



Parliamo del secondo aspetto della manovra fiscale: la detassazione degli straordinari. Secondo lei è un provvedimento che può servire per dare slancio alla crescita, portando un aumento di produttività?

Lo è meno di altri provvedimenti; però – ripeto – di per sé ogni provvedimento che va nella direzione di una riduzione della pressione fiscale non può che essere salutato positivamente. Se questo strumento sia in grado di costituire un vero e proprio incentivo alla crescita e all’incremento della produttività, di questo non sono certissimo, anche perché il carattere di temporaneità, il fatto cioè limitarlo a sei mesi, credo che costituisca in questo momento un vero limite. Vedo molto probabile che questo carattere di temporaneità possa finire per dare un utilizzo congiunturale al provvedimento, che invece dovrebbe avere dentro di sé un elemento strutturale.

Può essere in parte anche una risposta al problema della perdita di potere dei salari?



E’ un aiuto nei confronti di alcune fasce di popolazione. Sottolineo che questo è un aiuto che va nei confronti di chi già lavora tanto e lavorerebbe ancora di più. E’ probabile che il Paese abbia un problema che è leggermente diverso, far lavorare di più chi oggi lavora poco; quando dico questo non mi riferisco ai fannulloni, ma ad esempio alle donne, il cui grado di partecipazione al mercato del lavoro è ancora molto basso. Non è un provvedimento che va ad attaccare i nodi di fondo, ma nemmeno provoca danni. E’ un abbattimento della pressione fiscale e in questo senso è benvenuto. Io personalmente sono più favorevoli a provvedimenti di carattere generale, perchè credo che introdurre sempre e comunque situazioni di differenziazione fiscale faccia male sia al fisco, sia agli individui. Noi introduciamo già una differenziazione fiscale tra lavoro ordinario e lavoro straordinario. Ce ne sono altre cento: chi compila la dichiarazione dei redditi capisce che il nostro è un sistema fondato su queste differenziazioni. Se avessimo poche regole valide per tutti sarebbe molto meglio.

Se dovesse dunque dare un suo giudizio sintetico su questo primo Consiglio dei ministri?

Il mio giudizio sulla parte economica, su cui credo di potermi esprimere meglio, è strettamente legato alla copertura. La copertura avverrà, come mi sembra di aver capito, dai tagli alle spese, e mi pare che la cosa abbia un senso. Andando a guardare capitolo per capitolo, infatti, ci sono molte cose che si possono evitare di rifinanziare.

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