Dal primo Consiglio dei ministri “napoletano”, il governo Berlsuconi esce dando l’impressione di essere molto determinato nell’attuazione in tempi rapidi del programma su cui ha vinto le elezioni. E’ così sul pacchetto sicurezza. E’ così con il provvedimento straordinario sull’emergenza immondizia a Napoli. E’ così per l’abrogazione integrale dell’Ici sulla prima casa, e sulla detassazione della parti variabili del salario a cominciare dagli straordinari. Tornerò su questo, ma vi dirò che quel che più mi preme sottolineare è quanto è stato fatto e detto “oltre” quanto era stato largamente preannunciato. E cioè il protocollo d’intesa raggiunto con l’Abi in materia di mutui a tasso variabile, per consentire il ritorno ai ratei 2006 a tutti coloro che a salario fisso hanno visto impennare il costo-casa sul reddito disponibile. E ancor di più la solenne dichiarazione fatta da Giulio Tremonti prima ancora di illustrare i provvedimenti economici, mentre Berlusconi al suo fianco annuiva convinto: e cioè che per il governo la vera priorità delle priorità, in campo di finanza pubblica, sarà l’ideazione e l’ordinata attuazione entro la legislatura di un vero e complessivo federalismo fiscale, tale da mutare i presupposti, gli strumenti e l’equilibrio stesso dell’ordinamento tributario nel suo complesso.
Francamente, è la promessa solenne che più preme a chi, come il sottoscritto e penso anche molti tra voi che qui leggete, è persuaso che solo con tale mutazione d’orizzonte, sarà possibile realizzare una vera sferzata di efficienza nel più corretto utilizzo delle risorse pubbliche, il più possibile “vicino” a coloro da cui provengono, e di competizione tra diverse autonomie, meglio capaci con una rigorosa attribuzione di risorse proprie invece che di trasferimenti dal centro di offrire più alti standard di servizio di cui rispondere direttamente ai cittadini-elettori-contribuenti, in maniera trasparentemente commisurata ai benefici in proporzione ai costi comparati. Non era affatto scontato, che Tremonti e Berlusconi ribadissero in maniera tanto impegnativa l’obiettivo, quando appena il giorno prima il ministro dell’Economia aveva cifrato in non meno di 30 miliardi di euro la minor spesa pubblica necessaria, per raggiungere entro un triennio il pareggio del bilancio, tanto da decidere di anticipare la prossima finanziaria al Dpef che verrà presentato di qui a 5 settimane. Anche il protocollo con l’Abi spalma-mutui è a mio giudizio positivo. Ma non tanto per gli effetti sistemici che avrà nel medio-lungo periodo– occorrerà attentamente vagliare come verrà scritto, ha ridacchiato Tremonti. Quanto perché – lo dico da liberista – la questione della revisione della basi imponibili bancarie – che resta sullo sfondo, e dalla cui ventilata minaccia è figlia la disponibilità bancaria al passo sui mutui a tasso variabile – è assolutamente fondata. Le banche si difendono con le unghie e si difenderanno ancora, e sentiremo tra l’altro di qui a 10 giorni anche la voce del governatore Draghi, in proposito, visto che le considerazioni annuali si avvicinano. Ma il punto non è affatto quello di toccare le basi imponibili bancarie come se fossero degli extraprofitti di guerra, per populismo ideologico e tanto per discriminare l’identità del prelievo per tipologie di attività d’impresa. Il punto oggettivo è che, per come concretamente funziona l’accoppiata Ires-Irap nel nostro sistema, l’aliquota reale pagata dai grandi gruppi bancari è anche di 20 o 25 punti inferiore a quella che invece grava sul 95% delle piccole imprese italiane. Questo sì, che è una distorsione del mercato da correggere, per il liberista che chiede il minor numero di disincentivi all’offerta da parte del concreto dispiegarsi del sistema tributario. Diverse basi imponibili per le imprese bancarie non significano affatto un pregiudizio verso il sistema in quanto tale. Né il riproporsi della vecchia battaglia contro le fondazioni creditizie, combattuta e persa tra il 2001 e il 2006 dal centrodestra. Oggi, al contrario, sulle infrastrutture come sul privato sociale e il terzo settore, è proprio con le fondazioni che il governo Berlusconi IV deve chiarire insieme e incentivare nuove missioni e sfere d’azione.
Quanto alle concrete misure varate, chi scrive avrebbe preferito che l’abrogazione integrale Ici-prima casa non venisse coperta ai Comuni da equivalenti trasferimenti dal centro, ma attribuendo loro risorse proprie. Bisognerà aspettare appunto il federalismo fiscale, ma intanto è un bene che la copertura avvenga tagliando spesa improduttiva, quella di cui Prodi è stato purtroppo così generoso. Sulla detassazione degli straordinari, entro 30 mila euro di reddito per i lavoratori e per un massimo di 3 mila euro, è vero che tale misura non attua ancora la sferzata vera di produttività che può venire solo dalla massiccia conversione alla contrattazione decentrata, ma a mio giudizio va nella direzione giusta anche se a sindacati e sinistra non piace incrementare l’offerta aggiuntiva di chi ha già un lavoro, per la vecchia mentalità per la quale occorre preferibilmente affettare il lavoro esistente tra più addetti aggiuntivi. Se la misura avrà meno appeal per le lavoratrici–madri, a loro si penserà col quoziente familiare IRES, ma non era una buona ragione per non incentivare tutti gli altri. Complessivamente, per oltre 10 milioni di italiani la somma di minore Ici e più straordinari può comportare sino a 1000 euro e più di reddito netto aggiuntivo l’anno. Non proprio poca cosa. Del pacchetto-sicurezza e dell’emergenza rifiuti dico solo una cosa: lì la sfida è terribile, perché l’immigrazione clandestina coma il degrado napoletano hanno radici lontane e manifestazioni molto complesse. Solo a patto di una grande coesione interna e di straordinaria lucidità negli strumenti politico-amministrativi, si può avere ragione nel medio-lungo termine di fenomeni che sono, purtroppo, “epocali”.



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