Nel dibattito lanciato da Massimo D’Alema sembra emergere la preoccupazione per il fatto che la Chiesa stia insistendo su temi fatti propri anche dalla destra (identità, tradizione, etc.): come giudica questa preoccupazione?
Con buona pace di D’Alema, non è che la Chiesa cavalca i temi della Destra. E tanto meno avviene il contrario. Il fatto è che nell’area liberale in molti hanno deciso di cimentarsi politicamente e culturalmente su alcuni temi – la difesa della nostra identità, il ruolo della religione nella società – su cui la sinistra, ancora intrisa di materialismo, è in grande ritardo. L’alleanza tra la Chiesa e la Destra che è stata paventata da D’Alema mi ricorda la Spectre dei film di James Bond. La sortita di D’Alema contro l’ingerenza della Chiesa Cattolica italiana mi ha davvero sorpreso per i toni molto ruvidi e per i contenuti di stampo ottocentesco. Tuttavia l’atteggiamento di avversione nei confronti della Chiesa e il senso di fastidio per la presenza della religione nella società sono da tempo elementi caratteristici della Sinistra europea.
D’Alema dice inoltre di guardare con diffidenza al dibattito sul “relativismo etico” perché crede nell’importanza del pluralismo: ma contrastare il relativismo significa non essere pluralisti?
Pluralismo e relativismo etico sono due categorie del tutto differenti. Ad un liberale autentico non passerebbe mai per la testa di mettere in dubbio il pluralismo, come si faceva nei paesi comunisti e nei regimi fascisti. Ma il relativismo etico è tutta un’altra cosa. Per i relativisti tutto può essere messo ai voti; tutto si può approvare; ogni minoranza ha assoluto diritto a veder accolte le proprie richieste. Io ritengo invece che in una società ci possono e ci devono essere principi e valori che, come li definisce Benedetto XVI, sono “non negoziabili” e assoluti. Proprio qui nasce l’avvicinamento di un liberale e laico al Magistero della Chiesa Cattolica. Purtroppo la Sinistra europea ha preso un’altra strada: comunisti e post comunisti hanno sostituito il marxismo con il laicismo e il relativismo. Loro obiettivo è espellere la religione dallo spazio pubblico ed arrivare ad un società contraddistinta da anarchia etica e permissivismo morale. Per loro tutto deve essere possibile purché lo si voglia o lo si possa fare. Sembra un bello slogan ma così in realtà si rischia la deriva morale.
E l’affermazione dell’importanza delle radici cristiane è forse in contrasto con il pluralismo? Su questo D’Alema, riprendendo il discorso del filosofo Todorov al seminario di Italianieuropei, ha criticato in particolare la posizione di Sarkozy sull’importanza del recupero delle radici cristiane…
È un bene per tutti noi che un grande leader come Sarkozy abbia difeso l’importanza delle radici cristiane dell’Europa. Ricordarle e preservarle, a prescindere dal fatto che si sia o no credenti, è di fondamentale importanza. I principi del cristianesimo – la dignità della persona, l’uguaglianza, la sacralità della vita – sono alla base della nostra civiltà occidentale e dei nostri regimi liberaldemocratici. In prospettiva, credo che se noi lasceremo che questi valori vengano erosi dal laicismo e dal relativismo noi inevitabilmente ci troveremo a dover fronteggiare una crisi della stessa idea di democrazia e di libertà. Se tutto deve essere permesso – per il solo fatto che qualcuno lo vuole fare o che una tecnica scientifica lo consente – noi ci troveremo di fronte ad uno stravolgimento delle coscienze e non ci saranno più limiti alle nostre azioni. E poi c’è un altro fatto. D’Alema dovrebbe sapere che tra i principi del cristianesimo – e precisamente in quel “date a Cesare quel che è di Cesare” – c’è anche il valore della laicità con la separazione tra Stato e Chiesa. Forse lui non lo sa ma se vive in uno stato libero e laico è proprio per le nostre radici cristiane. Nell’Islam non c’è la separazione tra Stato e Chiesa mentre in un paese comunista non c’è pluralismo ma solo totalitarismo e povertà.
C’è veramente il rischio di un ritorno alla «commistione» tra fede e politica, da parte di chi rilancia il discorso dell’identità e delle radici cristiane?
Non vedo una “commistione” tra fede e politica né in Italia né altrove. Non mi sembra che la Chiesa Cattolica Italiana abbia preso posizione nella campagna elettorale condizionandone il risultato. Al contrario, mi pare che le gerarchie cattoliche abbiano dimostrato un sostanziale disinteressate per i partiti e le coalizioni. La Chiesa è un’istituzione millenaria che non guarda agli uomini politici o alle sigle. La Chiesa entra nel dibattito pubblico per difendere i propri valori e principi di riferimento prendendo posizione in favore di iniziative legislative che siano ad essi coerenti. Ritengo che questa facoltà di intervento sia legittima perché in una democrazia liberale a tutti deve essere permesso di parlare. Ma soprattutto ritengo che questo intervento della Chiesa in difesa dei valori del cristianesimo sia utile per la società. In questo dibattito l’Italia dimostra tutta la sua provincialità: basterebbe guardare agli Stati Uniti dove la religione, tutte le religioni, hanno piena libertà nello spazio pubblico.
Come valuta la reazione dei cattolici di sinistra (Fioroni e Bindi soprattutto) alle parole di D’Alema?
In questa fase di scontro tra due linee politiche antitetiche all’interno del PD, D’Alema ha provato a fare uno “strappo”. E dal suo punto di vista ha fatto bene perché, per la verità, le resistenze interne mi sono sembrate molto fragili. I cattolici democratici, adulti e non, ancora non hanno capito che a sinistra saranno sempre ospiti in casa d’altri. Credo che nei prossimi mesi molti cattolici democratici rivedranno la propria collocazione e sceglieranno altri punti di riferimento.