La riapertura del cantiere sul federalismo fiscale, volto a colmare il vuoto normativo determinato dalla mancata applicazione del nuovo Titolo V della Costituzione, ha suscitato perplessità in chi lo reputa difficilmente sostenibile e fonte di disgregazione dello Stato. Ritenere che l’unità amministrativa dello Stato sia l’unico strumento per preservare l’identità nazionale e il suo patrimonio culturale non è a nostro avviso condivisibile, soprattutto se si tiene conto che uno Stato inefficiente, centralista e oppressivo difficilmente offre ai suoi cittadini motivo di essere orgogliosi della sua esistenza e non suscita desiderio di appartenenza. È pertanto indispensabile mantenere su livelli distinti il tema della nazione, del suo patrimonio di tradizione, storia e cultura e lo Stato come apparato politico-amministrativo.
L’inarrestabile aumento del livello della spesa pubblica in tutti quei paesi centralisti, sostenuta da pressione fiscale inaccettabile, disavanzi e forte indebitamento e la correlata crescente inefficienza allocativa e distributiva è in realtà spiegata da centralismo e irresponsabilità finanziaria degli Enti decentrati. Al contrario, il decentramento, se ispirato da principi di sussidiarietà, responsabilità e solidarietà, consente di avvicinare le scelte politiche di spesa e di entrata ai beneficiari e ai contribuenti e attiva la competizione e la cooperazione fra i diversi livelli di governo. Ai meccanismi politici dovrebbero essere affidati soltanto le decisioni concernenti quei beni pubblici che non possono essere realizzati dai privati, dalle libere scelte dei singoli, delle famiglie e delle imprese, quali ad esempio i servizi degli organi costituzionali, della politica estera, della difesa nazionale, della sicurezza pubblica, dell’ordinamento giudiziario, ecc.
Oltretutto, nelle strutture decentrate dotate di autonomia tributaria, vi è una maggiore capacità di controllo della spesa pubblica grazie all’esercizio della responsabilità fiscale laddove l’attribuzione delle funzioni di spesa è accompagnata dalla responsabilità di trovare le fonti di copertura. E l’esperienza del nostro Paese dimostra che la mancata corrispondenza tra responsabilità della spesa e responsabilità del suo finanziamento ha condotto a eccessi di spesa, sprechi e distorsioni.
Per coniugare poi l’identità nazionale al federalismo fiscale, i principi di sussidiarietà e responsabilità devono essere accompagnati al principio di solidarietà, secondo il quale la stretta corrispondenza tra i benefici che vanno ai cittadini e i poteri di spesa e di prelievo, deve essere corretta per motivi distributivi in modo da ottenere una perequazione nella distribuzione delle risorse disponibili tra le diverse zone del Paese con differenti gradi di sviluppo economico e di capacità di prelievo. La perequazione delle risorse disponibili, che si pone sul versante della spesa (per consentire la produzione di servizi uniformi sull’intero territorio nazionale) e sul versante delle entrate (per compensare le diverse disponibilità di basi imponibili), ma che non deve mettere le Amministrazioni locali nelle condizioni di adottare comportamenti free rider, ha la caratteristica del bene pubblico in quanto permette ai contribuenti di partecipare al benessere dei loro connazionali.
E la forma di federalismo “solidale e competitivo” promossa dalla Regione Lombardia, che mira a generare un circolo virtuoso fondato su criteri di efficienza e contenimento delle spese, è finalizzato a creare servizi adeguati e uniformi a tutti i cittadini. Ed è grazie a forme di perequazione decrescente, l’entità delle quali dovrà essere determinata in relazione alle esigenze delle realtà locali, che si vuole assicurare la sostenibilità del federalismo fiscale. Le amministrazioni locali hanno in questo modo il tempo e l’incentivo a correggere le distorsioni e le inefficienze e, grazie all’esempio delle aree più virtuose avranno la possibilità di assicurare i servizi locali più adeguati a tutti i cittadini.



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