Si è parlato a lungo in questi mesi del fatto che il “modello Lombardia” deve essere portato a Roma. Sappiamo però che alla fine il protagonista numero uno di questo modello, Roberto Formigoni, non avrà incarichi di governo. Ciononostante questo modello, questa gestione della “cosa pubblica” basata sulla sussidiarietà e su un modello di “welfare-society”può comunque sbarcare a Roma? O rimarrà invece qualcosa di applicabile solo a livello locale?

Questo paradigma che denominiamo “modello Lombardia” deve ispirare il governo nazionale. Non vedo ragioni (fatte le debite differenze, ma si tratta solo di adattare alcuni aspetti) per il quale il modello che governa una regione come la Lombardia non possa essere applicato anche allo Stato. Anzi, direi che il segno della vittoria del centrodestra, che ha una forte impronta settentrionale, va in questa direzione. Prendere queste esperienze e trasferirle a livello nazionale è un compito delicato ma affascinante per Berlusconi, perché si tratta di non tradire l’ispirazione profonda della sua coalizione e al tempo stesso di tentare un’operazione che, se riuscisse, sarebbe qualcosa di rivoluzionario, una grande novità per l’Italia. Penso che possa su questo trovare la sintesi. Il suo problema è la sintesi delle istanze nordiche/nordiste della sua coalizione e il calarle in un impianto di governo che deve tener conto che l’Italia è un Paese complesso, da un punto di vista geografico ed economico. Una sfida affascinante: riuscire a governare Roma come si governa la Lombardia.



Quali sono secondo lei le caratteristiche salienti di questo modello che potrebbero più utilmente servire allo Stato centrale?

In questo momento è prioritario restituire efficienza alla “cosa pubblica”, così come si è fatto in una Regione come la Lombardia. Un uso della spesa che non sia improduttivo e sia legato a determinati traguardi per restituire i servizi ai cittadini. Questo è il punto principale; il resto verrà dopo, ed è una cosa più complessa. Vuol dire responsabilizzazione di tutti coloro che a vario titolo hanno a che fare con la cosa pubblica. Da questo punto di vista, una serie di personaggi che vengono da quella esperienza possono e debbono dare questo contributo



A proposito di persone, come vede la nomina di Lupi (uomo certamente vicino al presidente della Regione Lombardia) alla vicepresidenza della Camera? Può da quella posizione fare qualcosa in questa direzione?

Ha in Parlamento una posizione di forte incisività istituzionale. Può incidere sul lavoro parlamentare, e dare così un contributo di rilievo. Certo, se fosse stato nel Governo, forse sarebbe stato meglio e avrebbe potuto esercitare la sua esperienza in un modo più diretto. Ma anche in Parlamento potrà fare molto. Si parla tanto di questa esigenza di semplificazione legislativa, per cui nasce addirittura un Ministero. Ma al di là di un Ministero, che è una cosa burocratica, trasferire una certa mentalità nelle aule del Parlamento per semplificare e evitare i vecchi vizi (un eccesso di produzione legislativa) è un’azione in cui una persona come Lupi, da un ruolo istituzionale visibile come quello appena assunto, potrà dare un grande contributo.



Oltre a quanto già detto, il modello lombardo ha visto una particolare collaborazione tra maggioranza e opposizione. Politici lombardi di centrosinistra (come Martina, Pizzetti, Penati etc.) su determinate materie hanno collaborato molto con le forze della maggioranza. Questo potrò accadere anche a Roma? Magari ripercorrendo l’esperienza dell’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà, che vede al suo interno politici di diversa estrazione?

Sicuramente sì, è parte integrante del discorso fatto adesso: perché questo modello possa procedere a Roma, ci deve essere la volontà di concertare assieme. In Lombardia, come in Piemonte, in Veneto, esiste una sfida determinata dalle cose concrete, che ha fatto emergere una mentalità (anche nel centrosinistra) molto interessante. Ad esempio Penati, del Pd, è una figura molto interessante, che porta nel dibattito temi freschi, e un approccio politico e programmatico interessante per un Pd che sta ragionando sulla sua sconfitta. Dentro la metafora del “modello Lombardia”, i personaggi che lavorano sul campo (come Penati, o Chiamparino) sono quelli che il Pd dovrebbe sentire molto, sul piano delle scelte scelte parlamentari, che devono affiancarsi alle attività di governo. L’opposizione dovrebbe prendere da queste persone il contributo che esse possono dare per rinnovare il bagaglio programmatico e il modo di parlare all’opinione pubblica in queste zone d’Italia. Partendo dal principio che non si governa l’Italia senza il Nord.