Quella del federalismo fiscale è ancora, una “pagina bianca” della nostra storia repubblicana, o perlomeno una pagina che attende ancora di essere scritta in modo da attuarne compiutamente presupposti e potenzialità. Negli ultimi anni, la Corte costituzionale ha sottolineato in più occasioni l’urgenza di dare attuazione legislativa all’articolo 119 della Costituzione così come è stato modificato dall’imponente riforma costituzionale intervenuta nel 2001. Ad esempio, già nella sentenza n. 370/03 la Corte costituzionale affermava: “appare evidente che l’attuazione del federalismo fiscale sia urgente al fine di concretizzare davvero quanto previsto nel nuovo Titolo V della Costituzione”. Da quel momento sono orami passati diversi anni, ma nulla si è fatto. L’Italia, da questo punto di vista, davvero si conferma come “il Paese delle incompiute”.
La proposta dell’on. Bossi, che riprende il disegno di legge lombardo, è una proposta importante e può costituire un’ottima base di discussione, sen’altro preferibile al disegno di legge approvato dal precedente governo che, sebbene contenesse qualche spunto importante (come un certo superamento della spesa storica), era poi intriso di uno statalismo soffocante che mortificava l’autonomia impositiva regionale e locale, in particolare sui tributi propri. La recente finta regionalizzazione dell’Irap avvenuta con la legge finanziaria per il 2008 è stata emblematica di questa logica: cambiava il nome ma non la sostanza e le Regioni non hanno di fatto margini di manovra sulla nuova Irap falsamente regionalizzata, perchè ne avranno gli oneri (quello di chiedere formalmente l’imposta ai cittadini) ma non i vantaggi (poter fare una politica fiscale) .
Il disegno di legge lombardo ha invece una caratterizzazione più dinamica, anche perché assume e sviluppa alcune conclusioni dell’imponente lavoro svolto dal 2003 al 2006 dall’Alta Commissione sul federalismo fiscale. In particolare si sviluppa sulla centralità di una compartecipazione “intelligente” all’Iva strutturata secondo il principio di territorialità e si decentrano imposte come i giochi e i tabacchi. Si prevede poi un’Irpef divisa in statale e regionale, quest’ultima con un’aliquota di almeno il 15%. Ispirato al modello spagnolo dei “tributi ceduti”, il disegno di legge prevede una perequazione orizzontale “in modo da ridurre di non oltre il 50% le differenze di capacità fiscale per abitante”. Si tratta di un meccanismo che rende palese a tutti chi dà e chi riceve nella solidarietà interregionale e prevede anche forme di controllo su come vengono spesi i fondi da parte delle Regioni dipendenti dal fondo perequativo. Si prevede inoltre una forte autonomia in relazione ai tributi propri che potrebbe permettere formule innovative di sussidiarietà fiscale, in linea con quanto prevede al riguardo il “documento sui principi applicativi dell’articolo 119 della Costituzione” approvato dalle Regioni a Roma il 7 febbraio 2007.
La proposta dell’On. Bossi è quindi importante e potrebbe peraltro aprire una inedita speranza anche per il Sud, perché ad essa potrebbe fare da contraltare la possibilità di prevedere una fiscalità regionale di vantaggio. Questa è infatti una soluzione attuabile solo in presenza di un serio federalismo fiscale: tale è la condizione insuperabile che è stata recentemente posta dalla Corte di Giustizia rispetto alla introduzione di forme di fiscalità di vantaggio a livello regionale. In mancanza di un serio federalismo fiscale, infatti, la misura regionale di fiscalità di vantaggio viene dichiarata illegittima dalla Corte europea in quanto, per effetto della selettività territoriale, si configura come un aiuto di stato. Una fiscalità regionale di vantaggio – attuabile pertanto con l’ipotesi Bossi e non quella “Visco” – favorirebbe il passaggio dall’assistenzialismo alla promozione delle capacità, introducendo un metodo nuovo di sostegno alle realtà meridionali diverso da quello, fallimentare, che è stato portato avanti negli ultimi decenni.