Professor Sapelli, un commento a caldo sui ministri del nuovo governo Berlusconi?

Tremonti è una persona di ottima qualità, Matteoli ha fatto benissimo il ministro nell’ultimo governo Berlusconi. Stimo molto Roberto Maroni. L’avrei visto molto bene anche alle attività produttive, dove penso che farà bene anche Scajola, perché è un uomo pratico. Devo dire che ho grande stima di Franco Frattini, che farà benissimo. Non conosco la Gelmini, ma sarà difficile peggiorare la situazione della scuola e dell’università italiana. I “contributi” di chi l’ha preceduta non si possono definire dei migliori e non le hanno lasciato una facile eredità.



Molti i volti nuovi, anche in posizioni importanti: ad esempio Alfano alla Giustizia. È una scelta giusta? Saranno in grado di svolgere un compito che sembrerebbe al di sopra della loro esperienza?

Non conosco Alfano. È però molto importante, e significativo, che sia un uomo giovane e che quindi non appartenga a vecchie correnti di potere, a “lobby” precostituite. Ha una buona formazione, il fatto di provenire dall’Università Cattolica dovrebbe garantire il suo equilibrio. L’’importante è che separi le carriere dei magistrati. La cosa più importante, visto lo stato della giustizia in Italia, è che non ceda a fazioni ideologiche di parte. Perché animati da una eccessiva vis ideologica ci sono già i magistrati. Apprezzo molto anche Bondi, credo che farà bene, è una persona molto equilibrata.



Si parla ovunque di “governo del presidente”, di un governo cioè che sarebbe fatto di semplici esecutori dei voleri del premier, e di “premierato forte”: condivide questo giudizio?

Non credo che si possa parlare del nuovo governo di Berlusconi in questi termini. E ho apprezzato molto quello che ha detto il presidente Napolitano in questa occasione, mostrandosi uomo di raro equilibrio, quando ha detto che è la prima volta che abbiamo un risultato politico così netto e una lista dei ministri in così breve tempo. È da apprezzare la sua risolutezza.

Non penso che sia un governo di meri esecutori dei voleri del premier, queste sono le solite polemiche stile “Repubblica”. Ripeto, ho molta stima di Tremonti e spero che metta in atto quel che ha scritto nel suo libro (“La paura e la speranza”, ndr.), che è diverso dal modo in cui se ne parla in giro, più ad uso dei suoi avversari e della caricatura che vogliono farne.



Si parla molto anche di forte “impronta” lombardo-veneta nella nuova compagine di governo: è d’accordo?

No, nessuna impronta lombardo veneta. Ci sarebbe stata se, come io auspicavo, fosse stato dato un posto di rilievo ad un grande amministratore come Roberto Formigoni. La sua competenza di statura europea avrebbe giovato molto all’esecutivo.

E cosa pensa della possibilità di portare a Roma, come si è sentito dire, il “modello lombardo”?

Non facciamoci illusioni, l’Italia non è una nazione, è semplicemente un insieme di usi e di costumi diversi. Neanche la spadina di latta dei Savoia ha saputo unificare l’Italia attraverso la buona amministrazione. Il modello lombardo è un modello che funziona, che io ammiro e apprezzo. Ma prendiamo la sanità: quali sono le Regioni che hanno la sanità in ordine? Al di là del colore politico, sono Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana. Pensare che il modello lombardo ce la faccia a “unificare” – uso il termine in senso alto, cioè dal punto di vista amministrativo di governo – e a dare una impronta cambiando in positivo il modo di governare l’Italia, è una pia illusione. Certo anch’io, se dovessi essere eletto, direi che esso ha delle speranze di affermarsi, ma dal punto di vista intellettuale devo dire che non è possibile. Ci sono troppe “Italie”. Comunque, il federalismo fiscale è qualcosa che metterà tutti davanti alle proprie responsabilità.

È sulla possibilità di esportare il modello lombardo di federalismo fiscale?

Questo sì, il federalismo fiscale è una cosa ottima e andrebbe fatto rapidamente. Anche se, a dire il vero, non ho mai capito come potrà andare d’accordo con le Regioni a statuto speciale. Prendiamo i casi della Sardegna e della Sicilia: essi piuttosto dimostrano il fallimento dell’autonomismo regionale. Certo il federalismo fiscale è una via da tentare, perché è la soluzione delle grandi democrazie come la Germania e gli Stati Uniti.