Prima o poi doveva accadere. Il combinato disposto del fattore tempo e del fattore W. (come Walter, ma anche come Waterloo) non ha consentito, fino ad ora, un ragionamento serio, approfondito e sincero sulla natura del PD. Si tratta davvero del primo partito del XXI secolo? Del primo partito post-moderno?
I meriti della nascita di questo nuovo soggetto sono indiscutibili: semplificazione del quadro politico, innovazione nei temi, nuovo spirito della dialettica maggioranza-opposizione. E infatti la resa dei conti non sta arrivando tra gli schieramenti, ma negli schieramenti. Nel PD, per l’appunto. Ma prima o poi toccherà anche al centrodestra interrogarsi sul proprio futuro, sulle sue caratteristiche di politica che precede l’ideologia.
Per il momento, l’oggetto del contendere è la futura collocazione europea del Partito Democratico. C’è chi, come D’Alema, lo vorrebbe come pezzo sostanziale del Partito Socialista europeo (PSE); chi, come Rutelli o Marini, esclude questa ipotesi, individuando una proposta innovativa che dall’attuale gruppo liberal-democratico a Strasburgo arriva fino ad un nuovo soggetto democratico anche in Europa.
Due posizioni inconciliabili? Parrebbe di sì, almeno a prima vista. Non è una questione d’accademia, quella della collocazione europea. Ne va della capacità del PD di darsi un’anima, prima ancora che delle strutture. Ma ne va soprattutto della credibilità della attuale leadership del PD. Va bene il dibattito, quindi; purché non sostituisca la proposta politica.
Va riconosciuto che il panorama del socialismo europeo è a tutti gli effetti frammentato. Gli eredi di Tony Blair hanno poco a che fare con i rivali storici francesi, con il socialismo di Zapatero o con i colleghi greci. Eppure una convergenza su alcuni temi c’è stata. Sui diritti, ad esempio, o sulla tutela del lavoro. Ma la frontiera più autentica del dibattito tra le forze politiche sarà necessariamente legato alla cosiddetta “biopolitica”, alle grandi battaglie etiche e dei diritti, alla definizione dei confini della vita e della morte. Insomma: l’uomo al centro delle politiche pubbliche, così come senz’altro ben percepito dai socialisti come dai democratici.
La valutazione dirimente sta quindi nei contenuti del dibattito: a problemi nuovi occorre dare nuove risposte. E qualora le grandi forze progressiste lo volessero, esiste uno spazio ampio in Europa per poter convergere con assoluta modernità su soluzioni improntate alla dignità e alla promozione della persona, ad un welfare generazionale, ai diritti in chiave contemporanea.
Se invece la questione assumerà un profilo provinciale, come troppo spesso accade in Italia, allora la nostra politica avrà perso forse l’ultima opportunità di riscatto. Poiché se il problema è la Cosa 3 di D’Alema o la inconciliabilità tra i Teo-Dem e i matrimoni gay, allora, per favore, risparmiateci l’invocazione ai laboratori, ai pensatoi, alle coscienze.



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