La prima assemblea del PD del dopo elezioni non ha risolto i nodi del futuro del partito e della composizione interna tra le sue anime. Poca la gente alla Fiera di Roma ad ascoltare i maggiorenti democratici. Forse, come ha puntualizzato Rosy Bindi, perché le convocazioni sono arrivate in ritardo, perché le spese di viaggio non sono state rimborsate a tutti i delegati. O forse, sempre con le parole dell’ex Ministro della Famiglia, perché si è perso lo slancio del popolo delle primarie.
Ma forse una speranza c’è. Forse l’unica speranza è quella di un leader che, al di là delle beghe interne e degli equilibri funambolici, ha ufficialmente dichiarato interrotto il dialogo con la maggioranza. Ha cominciato, finalmente, a chiamare il capo del governo per nome e cognome, superando un espediente retorico che non ha portato bene. Ha addirittura annunciato una manifestazione di piazza in autunno, che potrà essere il trampolino di lancio o la tomba di questa formula di PD.
Non ci sono alternative per ora al cammino intrapreso dai democratici. Mentre si moltiplicano le alternative interne, mentre si discute tra approdo europeo e possibile congresso in autunno, tutto diventa meno fluido. Ed il PD cerca una propria identità per negazione, guardando allo specchio ciò che fino ad oggi non è riuscito ad essere.