La prima assemblea del PD del dopo elezioni non ha risolto i nodi del futuro del partito e della composizione interna tra le sue anime. Poca la gente alla Fiera di Roma ad ascoltare i maggiorenti democratici. Forse, come ha puntualizzato Rosy Bindi, perché le convocazioni sono arrivate in ritardo, perché le spese di viaggio non sono state rimborsate a tutti i delegati. O forse, sempre con le parole dell’ex Ministro della Famiglia, perché si è perso lo slancio del popolo delle primarie.



In entrambi i casi, le prospettive non sono buone. Sia perché il PD non è ancora un partito e la sua formula della fluidità è ufficialmente fallita: servono circoli, un’amministrazione, una cassa. Serve, insomma, tutto ciò che compone un partito. Sia perché effettivamente i simpatizzanti ed i votanti del centrosinistra sono rimasti fino ad oggi smarriti.

Ma forse una speranza c’è. Forse l’unica speranza è quella di un leader che, al di là delle beghe interne e degli equilibri funambolici, ha ufficialmente dichiarato interrotto il dialogo con la maggioranza. Ha cominciato, finalmente, a chiamare il capo del governo per nome e cognome, superando un espediente retorico che non ha portato bene. Ha addirittura annunciato una manifestazione di piazza in autunno, che potrà essere il trampolino di lancio o la tomba di questa formula di PD.



Le correnti ormai ci sono e si fanno anche sentire. I giochi e gli incroci pure. Chi avrebbe mai creduto fino a qualche mese fa ad un leader degli ex popolari, come Beppe Fioroni, che sostiene la prospettiva di approdo del PD nel gruppo del socialismo europeo? O ad un Marini intento a costituire una fondazione a braccetto con Massimo D’Alema? E invece, quella componente di vecchi e scafati ex DC ha scelto il cavallo vincente e ci investirà forze e risorse. Veltroni è quindi chiamato alla prova di forza perché, come sussurrava Parisi nei corridoi della Fiera di Roma «qui o si cambia linea o si cambia leader».

Non ci sono alternative per ora al cammino intrapreso dai democratici. Mentre si moltiplicano le alternative interne, mentre si discute tra approdo europeo e possibile congresso in autunno, tutto diventa meno fluido. Ed il PD cerca una propria identità per negazione, guardando allo specchio ciò che fino ad oggi non è riuscito ad essere.

(Foto: Imagoeconomica)

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