Sottosegretario Mantovano, fa discutere l’ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri che ha nominato i prefetti di Milano, Roma e Napoli commissari straordinari per la gestione dell’emergenza rom. Che cosa separa un’azione di prevenzione da un’azione di polizia?
È la stessa differenza tra la condotta di Luis Pasteur e la condotta di Erode. Entrambi cercavano bambini: Pasteur per vaccinarli, Erode per ucciderli. Questa distinzione può darsi che sfugga a Famiglia Cristiana, ma non sfugge a chi ha canoni interpretativi della realtà diversi, attenti a tutelare persone che vivono in condizioni di emergenza sanitaria e a rispondere ad un oggettivo problema di sicurezza.
Le norme previste – dichiarazione dello stato di emergenza, conferimento di poteri speciali ai prefetti – non sono sproporzionate rispetto alle dimensioni reali del problema?
Ma no. Intanto l’ordinanza del presidente del Consiglio che conferisce il potere di Commissario straordinario per le regioni Lombardia, Lazio, Campania ai tre prefetti di Milano, Roma e Napoli è un’ordinanza che segue lo stesso schema di tutte le ordinanze di protezione civile che si sono susseguite nel corso degli ultimi anni in materia di immigrazione. I termini possono apparire roboanti; in realtà sono termini cui corrisponde una maggiore possibilità operativa con qualche vincolo amministrativo più elastico per intervenire in situazioni che richiedono di saltare alcune formalità burocratiche. In altri termini, se c’è un campo che, invaso dai topi, si trova in condizioni sanitarie assolutamente disastrose, non si deve aspettare la gara d’appalto per decidere chi fa pulizia. Non mi sembra così irragionevole. Si conferiscono poteri in grado di circoscrivere situazioni di grave degrado, attribuendoli al soggetto istituzionale che sul territorio interpreta di più le funzioni dello Stato.
Ecco, come può avvenire il passaggio tra il censimento – e quindi la fotografia della situazione di emergenza – e i veri e propri provvedimenti finalizzati, come dice l’ordinanza, a «favorire l’inserimento e l’integrazione sociale delle persone trasferite nei campi autorizzati (…)», scolarizzazione compresa?
Se si legge l’ordinanza del presidente del Consiglio, all’articolo 1 comma 2 lettera c si parla di identificazione e censimento delle persone anche attraverso i “rilievi biometrici” (cioè le impronte); alla lettera h si parla di interventi finalizzati a favorire l’inserimento e l’integrazione sociale, con particolare riferimento alla scolarizzazione e così via. La scolarizzazione, come l’integrazione in genere, passano dal presupposto della conoscenza esatta delle persone, delle situazioni familiari, dei casi difficili, a cominciare dalla situazione delle persone deboli: e per persone deboli si intendono, per ragioni diverse ma coincidenti, gli anziani e i minori, i bambini.
Un’ultima domanda. C’è contraddizione tra il provvedimento del governo e la normativa europea? I giornali, tra l’altro, hanno riferito di un dibattito svoltosi lunedì a Strasburgo in cui si è parlato del provvedimento come atto discriminatorio basato sulla razza e sulle origini etniche. Che osservazioni si sente di fare?
Inviterei a guardare nella loro oggettività gli atti normativi assunti da questo governo, e anche gli atti concreti, e a dare una valutazione ex-post non ex-ante. Ho l’impressione che in qualche dichiarazione, sia di qualche uomo di Chiesa sia di qualche esponente dell’Unione Europea nelle sue varie articolazioni, ci sia più il riflesso di una suggestione mediatica che non di una presa d’atto di ciò che si sta facendo in concreto: il possibile per risolvere situazioni di serio disagio. Nell’ordinanza non c’è nulla di discriminatorio: la discriminazione, al contrario, c’è quando vi è lo sfruttamento delle persone.