Che il 5 per mille vada reso definitivo lo dicono un po’ tutti.

Il gruppo di fondazioni – coordinato dalla Fondazione per la Sussidiarietà – che funge da segreteria scientifica dell’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà ha deciso di andare oltre i proclami e di preparare il testo del provvedimento relativo alla stabilizzazione dell’istituto.



A proposito del metodo

Per comprendere lo sviluppo di qualsiasi realtà è necessario rispondere alla domanda “di che si tratta?”. È pertanto questa la domanda che ci siamo posti in relazione allo strumento 5 per mille, nato come norma ed evolutosi come “fenomeno”.

La risposta che ci siamo dati è la seguente: si tratta della possibilità riconosciuta al cittadino di destinare direttamente una parte del denaro che – attraverso il prelievo fiscale – verrebbe sottratto dalla propria disponibilità per andare a costruire la cosa di tutti. Anche la quota di denaro relativa al 5 per mille esce dalla sfera della disponibilità personale, per essere indirizzato a realtà che la legge identifica implicitamente come artefici di una utilità sociale. La legge si limita a identificare le categorie di soggetti ammessi al beneficio. Sono invece le norme istitutive di tali soggetti destinatari (ONLUS, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, associazioni riconosciute e fondazioni) a dettare le regole cui tali soggetti devono subordinare il proprio assetto e la propria azione. Pertanto, le modalità di utilizzo delle somme non sono dettate dalla norma del 5 per mille, dovendo esse esclusivamente essere finalizzate al raggiungimento degli scopi, nel rispetto della natura dell’ente e delle leggi istitutive della categoria cui esso appartiene. Ad esempio, una ONLUS di beneficenza utilizzerà le somme per i propri scopi statutari, nell’alveo di ciò che il decreto istitutivo delle ONLUS dispone. Questa considerazione, all’apparenza ovvia, ha conseguenze operative importanti, che di seguito osserveremo.



Nell’alveo delle categorie di enti identificati dalla norma, il cittadino è libero di scegliere a chi destinare la propria quota di imposte. Pertanto, egli diventa protagonista nella scelta del come utilizzare risorse pubbliche; nella scelta dei soggetti privati che realizzano il bene comune; nel superamento del dogma dello statalismo, ai sensi del quale la pubblica utilità è realizzata – o almeno decisa – dall’ente pubblico.

Riconosciuto ciò che il 5 per mille è, si tratta di formulare e rispondere alla domanda successiva: “come farlo funzionare al meglio?”. Da qui l’osservazione di quel che funziona e di quel che deve essere migliorato. Per rispondere alla domanda abbiamo osservato che cosa gli enti chiedono allo strumento e abbiamo identificato queste macro categorie di problematiche ed esigenze.



La definitività del provvedimento: è di fondamentale importanza per gli enti poter contare stabilmente sul gettito del 5 per mille. Certo, il “quanto” dipende dall’impegno nella “campagna”, dall’utilità riconosciuta all’operato dell’ente dal contesto sociale di riferimento, ecc. Ciò detto, la continuità del provvedimento consentirebbe a molti enti l’ingresso nel periodo della maturità, che normalmente coincide con il dotarsi di un minimo di struttura stabile.

Il tempismo nell’erogazione: su questo tema è stato detto molto. Si pensi che la maggior parte degli enti non ha ancora ricevuto il 5 per mille 2006 e che non sono ancora disponibili gli importi relativi al 2007. Dando per appurata la volontà condivisa di giungere a tempi ragionevoli di erogazione, si tratta di capire come fare.

La semplicità di accesso: la gran parte degli enti ammessi al beneficio è piccolo e non ha strutture amministrative e segretariati in grado di supportarlo nell’adempiere a pratiche complesse. Pertanto, vanno ridotti al minimo gli adempimenti burocratici.

L’assenza di tetto: come osservato da molti, in presenza di un numero di destinatari prevedibilmente crescente, un tetto di spesa – parametrato sugli importi destinati nel precedente esercizio – rende la denominazione “5 per mille” puramente nominalistica, in quanto l’importo effettivamente erogato è destinato ad essere percentualmente inferiore.

Le proposte dell’Intergruppo

Queste riflessioni hanno portato alla formulazione di un articolato, i cui punti salienti sono riassunti di seguito:

alcune disposizioni relative ai contribuenti esercenti attività professionali o di impresa che realizzano redditi di fascia bassa, introducono – in luogo dell’IRPEF – delle imposte sostitutive (articolo 1, comma 105, Legge 244/07; articolo 13, Legge 388/00). Ci sembra coerente con la ratio della norma la previsione che il 5 per mille di tali imposte sostitutive possa anch’esso essere destinato;

relativamente ai soggetti ammessi al beneficio, la nostra stesura prevede un ritorno alla formulazione iniziale. Infatti, perché le associazioni in possesso di riconoscimento della personalità giuridica che operano in determinati settori sono ammesse al beneficio e le fondazioni che operano nei medesimi settori invece no? Se la ratio sottesa alla identificazione dei soggetti destinatari è l’utilità sociale perseguita dagli stessi, tale esclusione è priva di ragioni. Inoltre, almeno per il settore non profit non deve essere ammessa la prassi dell’iscrizione d’ufficio, come è accaduto quest’anno per le associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro tenuto presso il Coni. Ogni ente deve essere libero di scegliere se aderire o meno; ogni federazione deve poter decidere se aderire solo a livello centrale o coinvolgendo anche le strutture periferiche;

il testo prevede una semplificazione del meccanismo dell’iscrizione. Trattandosi della messa a norma dell’istituto, l’articolato proposto prevede che l’ente debba produrre tutti i propri dati solo in sede di prima iscrizione, essendo sufficiente – negli anni successivi – la manifestazione della volontà di permanenza nella lista dei beneficiari;

il decreto proposto stabilirà i tempi di pubblicazione degli elenchi delle somme destinate e i tempi di erogazione delle stesse. In caso di erogazione tardiva verranno conteggiati interessi da corrispondere agli enti. Inoltre, l’osservazione di ciò che è fino ad ora accaduto ci porta a pensare all’Agenzia delle Entrate, e non ai Ministeri coinvolti, quale soggetto incaricato della erogazione materiale delle somme, proprio in quanto dotata di una struttura operativa più adeguata al disbrigo di tale adempimento;

la rendicontazione delle somme richiesta nell’ultima stesura della norma è un adempimento inutile. Infatti, per l’anno 2008 i rendiconti – al di sopra di certi importi di 5 per mille – dovranno essere inviati all’Agenzia delle Entrate; al di sotto di tali cifre dovranno comunque essere compilati e, in caso di accertamento, l’assenza della rendicontazione causerebbe l’inammissibilità al beneficio del 5 per mille per l’ente e il relativo obbligo di restituzione. Ma, come abbiamo visto in premessa, il 5 per mille non è una somma che deve essere destinata ad una specifica attività, dovendo essa essere semplicemente utilizzata dall’ente dell’alveo delle proprie finalità. In tal senso, risulta molto più interessante la pubblicazione di alcuni dati significativi del bilancio dell’ente e di una descrizione di ciò che esso realizza, in modo che tali informazioni possano essere utili a coloro che devono scegliere a chi destinare il proprio 5 per mille. Pertanto, l’articolato proporrà la pubblicazione di alcuni dati di bilancio degli enti destinatari su un sito accessibile a tutti. L’obbligo sarà però limitato agli enti che ricevono somme considerevoli, in modo da non costituire un inutile orpello per gli enti di piccole dimensioni.

Infine, verrà richiesta una sanatoria per quegli enti che, a causa di errori formali (tardiva presentazione dell’autocertificazione, modello non conforme, carta di identità del legale rappresentante scaduta…) allo stato attuale non sono ammessi alla ripartizione del 5 per mille 2006.

(Foto: Imagoeconomica)