Il lodo Alfano è stato promulgato con la firma del presidente Napolitano: ovviamente ciò ha provocato molte reazioni contrarie.
L’opposizione ha dichiarato che la “frettolosità” con cui si è pervenuti al voto della nuova legge a protezione delle principali cariche dello Stato è tale da apparire autoritaria e segno della volontà di sottrarre il premier ai processi in corso, più che di dotare il Paese di uno strumento indispensabile per la buona governabilità.
Il vice-presidente del Csm, Nicola Mancino, ha sostenuto che il provvedimento andrebbe rafforzato con una legge costituzionale: sostenitori della via costituzionale sono anche i rappresentanti dell’Udc, che non hanno mai fatto mistero di ritenere l’immunità parlamentare una misura da ripristinare necessaria per la nostra democrazia.
Cerchiamo di ragionare in termini di buon senso, uscendo dalle logiche partitiche ed avendo a cuore il bene comune del Paese.
Abbiamo più volte affermato e documentato (negli articoli precedenti su questo tema) come fosse importante trovare al più presto una via d’uscita dal conflitto politica/magistratura – e dal conseguente conflitto interno agli schieramenti – per poter dare alla nazione le riforme di cui tutti, concordemente, invocano l’urgenza.
Non vi è chi non veda, quindi, come il lodo Alfano, pur con tutti i limiti di un provvedimento emanato in tempi rapidi e senza un consenso largamente condiviso, sia il primo indispensabile passo per la governabilità e, si auspica, per iniziare il cammino delle grandi riforme.
Una tra queste, potrebbe essere proprio quella di ripristinare, dopo ampia discussione bipartisan, l’immunità parlamentare con legge costituzionale, per riallineare il Paese alle altre democrazie occidentali.
Ci sia, infine, consentita un’ultima considerazione.
Si annunciano, da parte della maggioranza, imminenti importanti riforme della giustizia, da attuarsi nel prossimo autunno.
Per esperienza, soprattutto negli anni recenti, settori così delicati per l’assetto democratico, che riguardano interessi primari dei cittadini, quali appunto l’amministrazione della giustizia, non devono essere riformati a colpi di maggioranza: si rischiano, infatti, riforme improvvisate che anziché risolvere i problemi li amplificano, oppure – in una logica dell’alternanza – vengono poi cancellate o stravolte dai nuovi governanti, con grave danno per l’intero sistema.
Noi, fiduciosi, ci attendiamo una prova di responsabilità e di coraggio da parte della politica, non volendo cedere alla tentazione, insinuatasi in questi decenni di conflittualità e confusione, di pensare che tutto ciò che è politica sia negativo: la politica è servizio al bene comune… è tempo che essa si riappropri della propria origine e del proprio scopo.