Il Parlamento europeo ha discusso ieri la proposta avanzata dal Ministro degli Interni, Roberto Maroni, volta ad effettuare un censimento all’interno di tutti i campi di abusivi presenti in Italia attraverso la raccolta di impronte digitali. L’annuncio fatto dal Ministro Maroni nei giorni scorsi ha generato una serie di reazioni polemiche in seno all’Europarlamento. Infatti, mentre la Commissione europea ha preferito non commentare direttamente la proposta fino alla notificazione di un eventuale testo legislativo, al Parlamento europeo la sinistra di casa nostra non perde occasione per colpire strumentalmente il nostro paese. Nonostante il Capogruppo socialista al Parlamento europeo abbia dichiarato di voler affrontare con intento costruttivo il problema dell’accoglienza e delle regole imprescindibili che anche i Rom devono osservare per partecipare a quel progetto di convivenza che chiamiamo Unione europea, la sinistra italiana sembra aver fatto “orecchie da mercante”. Rimango, infatti, perplesso circa l’intento costruttivo e la credibilità che la sinistra italiana possa ancora conservare dopo aver presentato l’ennesima interrogazione alla Commissione europea sullo stesso tema, camuffando il bieco tentativo di screditare il Governo italiano con una presunta battaglia a tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e in favore del principio di non discriminazione. Mi chiedo dove fossero gli onorevoli parlamentari che oggi si ergono a difensori dei diritti umani in Italia quando nel nostro paese, sotto il governo Prodi, si consumava lo stillicidio dei diritti e della dignità dei Rom ed anche di inermi cittadini italiani coinvolti in una spirale di violenza senza precedenti.
Mi chiedo dove sia l’uguaglianza e la tutela della dignità umana quando si consente, nel nome della tolleranza e del rispetto delle culture altrui, che esseri umani e soprattutto i bambini, vivano in condizioni igienico- sanitarie disastrose, senza andare a scuola, costretti a rubare, a mendicare, a prostituirsi sotto la minaccia – che spesso diventa realtà – di abusi fisici e sessuali. Che futuro potrà avere questa giovane generazione se non offriamo loro un’istruzione, un’educazione, una speranza di riscatto?
Nel rapporto presentato la settimana scorsa da Vladimir Spidla, Commissario europeo per l’Occupazione – Affari sociali e Pari Opportunità, addirittura non è possibile precisare il numero dei Rom in Europa per mancanza di dati attendibili, in particolare in alcuni Stati membri. La cifra complessiva dei Rom in Europa, laddove per Rom si intende un termine «ombrello» che comprende Rom, Sinti, nomadi, Ashkali, Kalè e tutte le etnie che soffrono della esclusione sociale, viene approssimativamente stimata in «alcuni milioni».
Se le persone che oggi definiscono la proposta in questione discriminatoria stessero ai fatti, si accorgerebbero che tutte le misure proposte dal nuovo Governo in merito ai Rom possono essere considerate tutto fuorché razziste o lesive della dignità umana di questa popolazione. L’attività di monitoraggio proposta dal Ministro Maroni è, infatti, parte integrante del “Pacchetto sicurezza” volto a fronteggiare le numerose situazioni di emergenza registrate in molti campi di abusivi e soprattutto in quelli che si trovano nei pressi delle più grandi città italiane. Pertanto tale misura, non solo consentirebbe di censire in modo preciso e dettagliato la presenza dei Rom nel nostro paese contribuendo cosi a colmare il deficit di informazioni a tal riguardo, ma soprattutto getterebbe le basi per operare verso un miglioramento delle terribili condizioni di vita in cui versano queste comunità. Mi preme, inoltre, osservare che nelle tre diverse ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 maggio 2008 che attribuiscono ai Prefetti di Napoli, Roma e Milano, poteri per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nei territori delle rispettive regioni, non vi è alcun riferimento a specifiche etnie e i provvedimenti non hanno portata nazionale.
Per quanto riguarda invece l’inclusione dei minori Rom nella proposta del Governo italiano, sono molte le analogie sia in Italia che in altri paesi europei relativamente al problema del riconoscimento delle persone, soprattutto se minori. In Italia, sulla nuova carta d’identità elettronica, vengono obbligatoriamente registrate le impronte digitali dell’indice sinistro. In Francia, la notizia è di pochi giorni fa, la polizia potrà schedare i minori «suscettibili di minacciare l’ordine pubblico» a partire dall’età di 13 anni. In quest’ottica, l’estensione del censimento ai minori, rappresenterebbe uno strumento a tutela dei bambini Rom che, spesso in balia di se stessi, sono facilmente vittime di tragici fenomeni quali rapimenti, tratta di esseri umani e abusi di ogni genere. Per garantire l’identificazione e, quindi, la tutela dell’identità, le ordinanze prevedono che si possa procedere, anche nei confronti dei minori a rilievi segnaletici, tra cui quelli dattiloscopici. Non viene realizzato nessun data base e il trattamento dei dati avviene nelle forme utilizzate per la generalità dei cittadini e in conformità con le norme nazionali ed internazionali a tutela della privacy.
Occorre che il tema della tutela dell’infanzia, dell’accoglienza degli immigrati e quello dell’integrazione delle popolazioni Rom non siano separati da quello della legalità. La legalità non è soltanto un’esigenza della popolazione italiana, deve rappresentare il punto di partenza per chi viene accolto per soddisfare il proprio desiderio di integrazione, il primo passo per vivere nel rispetto della propria dignità di uomini.
Tuttavia la condizione della legalità da sola non basta per uscire dalla crisi. Non si può non ammettere che le possibilità di integrazione nella civiltà europea delle popolazioni nomadi sono molto basse, e non solo per la resistenza degli stessi Rom all’integrazione, ma per le difficoltà concrete, essendo nomadi, di trovare lavoro, casa, di essere ammessi a scuola. La loro aspettativa di vita media, in Italia, è di poco più di 45 anni, contro gli oltre 79 anni del resto della popolazione. Tra loro solo il trenta per cento dei bambini in età scolare frequenta la scuola dell’obbligo.
Nella legislazione italiana, la mendicità non è reato. Costituisce reato ad esempio, sottrarre minori alla scuola per mandarli a mendicare. Se le autorità non intervengono, anche sottraendo i minori alla potestà dei genitori, è per il diffuso pregiudizio che si tratti di un atteggiamento naturale, indice di una diversità inassimilabile, non integrabile nella società. Di fronte a tali pregiudizi, non solo non aiutiamo l’integrazione, e anzi la blocchiamo, ma non colpiamo nemmeno la criminalità. L’appartenenza all’Unione europea ci impone dei doveri che sono da ricordare, volentieri e giustamente, ai Paesi che vogliono addirittura esserne parte rilevante.
Siamo noi che dobbiamo dare l’esempio, testimoniando tutto il positivo della nostra esperienza, attraverso uno strumento che è un patrimonio della nostra storia e di cui chi governa deve assolutamente fare tesoro, utilizzando il metodo sussidiario, guardando con fiducia alla solidarietà di cui il popolo è capace, di quella carità cristiana che è stata ed è ancora l’elemento unificante della costruzione europea.