Presidente del Veneto dal 2000, alle spalle una lunga carriera nelle istituzioni regionali, Giancarlo Galan è un politico abituato a parlare in modo chiaro, soprattutto quando il tema in questione è il federalismo.

 

Presidente Galan, secondo lei a che punto siamo col processo federalista in Italia?

 

Siamo a un buon punto se stiamo a sentire le dichiarazioni. Personalmente sto assistendo a un dibattito interessante che mi rende moderatamente ottimista.



 

Perché “moderatamente”?

 

Perché credo che la volontà di cambiare ci sia, mi sembra oramai assodato che entro dicembre si potrà avere in mano qualcosa di simile a una legge. Ma ciò a cui dovremo prestare particolare attenzione saranno i decreti di attuazione. Questi ultimi sono studiati ed elaborati dai più facinorosi fra i centralisti che esistano sul pianeta terra, cioè i funzionari dei ministeri, questo è quello che penso. Comunque ribadisco che non voglio essere pessimista, per lo meno non ho ancora dei motivi concreti per esserlo.



 

Che cosa ne pensa dunque della bozza proposta dal ministro Calderoli?

 

Io sono uno abituato a lasciare dichiarazioni dopo aver letto ciò di cui parlo. Per il momento mi sembra che l’impalcatura sia corretta e che la struttura sia giusta. Sia poi chiaro il concetto che vado ripetendo ormai da anni: se le regioni che mantengono l’Italia sono solo cinque io non ho nulla in contrario, ma esigo che almeno si sappia e se ne riconosca la pubblica utilità. Occorre quindi che si premi chi è virtuoso e si punisca chi butta i soldi al vento.

Quello che mi piace della bozza Calderoli è l’intenzione di farla finita con il criterio della “spesa storica”. Si tratta infatti di una prassi totalmente sbagliata che finanzia e premia coloro che hanno più sperperato risorse in un anno. È invece giusto ispirarsi al concetto di standard medi e validi per tutte le regioni. Perché non si capisce per quale misterioso motivo a Matera un ammalato o uno studente debba costare di più che non a Venezia o a Cuneo. Si tratta di uno squilibrio e di un’ingiustizia evidenti.



 

Il federalismo fiscale in quest’ottica può quindi rivelarsi molto utile.

 

Senza dubbio, direi che gioca un ruolo essenziale. Anche perché il federalismo non può essere “teorico” o “filosofico”. Il federalismo si deve costituire su criteri chiari e deve quindi essere in primo luogo fiscale. Mi sembra che le regioni del sud abbiano capito che il federalismo non rappresenti una sorta di congiura contro di loro. È invece, e finalmente, la chiave di volta per ottenere una rivoluzione che in Italia si aspetta dai tempi dei Borboni. Questa inversione di tendenza da parte delle regioni del sud è uno dei segnali che più mi fa essere ottimista per quel che riguarda il futuro della riforma.

 

C’è stato qualche dubbio sulla proposta lombarda relativa all’Irpef da destinare in maggior parte alle regioni

 

Mi sembra che la proposta lombarda, sulla quale personalmente mi troverei più che d’accordo, non sia comunque applicabile per raggiungere il consenso comune nell’attuazione del federalismo. Questo perché le modalità con cui è stata concepita la rendono troppo accusabile di mancanza di solidarietà fra le regioni. Un’accusa facilmente demagogica che però impedisce, a livello di opinione pubblica, l’immagine di una buona prassi federalista. In Italia si può attuare una riforma federalista solo con l’accordo di tutte le regioni.

 

Sembra che per l’Italia la questione nord-sud rappresenti ormai un dualismo insanabile

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Guardi, in effetti, noi siamo l’unica nazione del mondo che non è ancora riuscita a riequilibrare il rapporto fra regioni così differenti come il nord e il sud. In Europa abbiamo gli esempi di eccellenza della Polonia o della Germania, la quale sta perfettamente riuscendo a far tornare l’armonia economica, politica e sociale fra est e ovest. Ci sarà qualche motivo no? Per cui facciamo le cose che possono essere condivise. Per come la vedo io comunque occorre che almeno prenda l’abbrivio una riforma federalista. Una volta avviata diverrà inarrestabile anzi, come il presidente Giorgio Napolitano ha detto meglio di me, diverrà “ineludibile”.

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