Durante l’incontro sui problemi energetici, lei ha parlato della maggiore efficienza che un forte potere centrale ha nel risolverli, come in Francia, rispetto a situazioni più frammentate, come il caso dell’Italia. Ha anche parlato di ideologia delle liberalizzazioni, ma è così netta la situazione a favore del centralismo?
Il problema è complesso, perché dipende dalle situazioni storiche, e dai paesi di cui si parla. Per la Francia, l’Inghilterra e la Russia è lo Stato che ha fatto la nazione; in altri casi, come gli Stati Uniti, è la nazione che ha fatto lo Stato. Nel primo caso, un potere centrale può funzionare, mentre nel secondo vi è necessariamente un frazionamento dei poteri. Ci sono certamente degli ambiti in cui è difficile definire ciò che è di competenza dello Stato, ma si può stabilire un’area di sua competenza certa: ciò che riguarda l’identità nazionale, la lingua, la cultura, la difesa e le condizioni della sicurezza. Questa è la funzione principale dello stato, che permette alla collettività di sopravvivere e di soddisfare i propri bisogni primari e non solo. A questo ambito appartiene senza dubbio l’energia.
L’impostazione basata sull’identità nazionale è anche quella con cui la Francia ha cercato di affrontare il problema di una società multiculturale, ma questo approccio funziona nei confronti di un’identità forte come quella mussulmana?
Credo che funzioni. Per gli Stati Uniti si usa l’espressione melting pot, ma in realtà il vero melting pot è la Francia. Nel 1914 abbiamo cominciato a cancellare le lingue regionali – non posso dire se giustamente o meno – perché gli ufficiali al fronte non riuscivano a far capire i loro ordini dai soldati. E poi abbiamo assimilato le varie ondate di immigrazione, prima quella italiana, poi la polacca, gli ebrei, e via dicendo. Il risultato è stato ottimo e sono convinto che lo stesso accadrà con i musulmani, che rappresentano senz’altro un gruppo particolare, ma questo è, più che il mio desiderio, il mio pronostico. La presenza musulmana in Europa comincia a essere consistente e occorre far sì che cresca un tipo di islamismo europeo, questa è la strada. Vi è senza dubbio una parte dell’Islam che rifiuta l’integrazione, ma rappresenta una minoranza. Il problema può essere quello del proselitismo che, se diventasse troppo forte, costituirebbe una minaccia di cui preoccuparsi. I giovani si stanno integrando bene, a parte dei gruppi particolari, soprattutto di giovani tra i 25 e i 30 anni e che sono disoccupati. Io sono presidente di una Ong che si occupa di microcredito in 60 paesi del mondo e che opera anche nella periferia di Parigi, proprio per aiutare questi ragazzi a trovare lavoro. D’altro canto, io ritengo l’islamismo una religione dell’Europa. Il più grande pensatore della storia musulmana è uno spagnolo, Averroè, che non era arabo. L’islam c’è da sempre in Europa ed è attraverso l’Islam soprattutto, o meglio, attraverso Istambul, che il pensiero classico greco arrivò a Firenze. Quindi l’islam ha giocato e gioca un ruolo di primo piano in Europa, L’islam non è fuori dall’Europa, ma dentro. Ed anche se non fosse vero, avremmo interesse a dirlo per creare un islam d’Europa. Ma io credo che sia vero. C’è, è vero, una parte dell’Islam che ha una concezione della Umma molto rigida, ma comunque sono veramente pochi, ed in più non hanno un punto centrale che possa coordinare delle strategie di annessione.
Ritornando all’economia, la Commissione Attali ha costituito un fatto importante. Quali sono stati i suoi risultati?
E’ una commissione che ha lavorato molto per sei mesi e che ha avuto il vantaggio di una composizione molto variegata, scelta liberamente, anche da me, e che fin dal suo mandato ha potuto fissare liberamente la sua agenda: lo Stato, l’energia, la fiscalità, la responsabilità, nulla è stato trascurato. Noi abbiamo parlato molto dei bambini anche, perché abbiamo lavorato per le generazioni future. Liberi da ogni condizionamento elettorale, abbiamo potuto parlare per coloro che non hanno la possibilità di farlo, cioè i nostri figli. Questa finalità ci ha attribuito un consenso straordinario. Finora è già stato applicato un terzo di quanto presentato dalla Commissione, stiamo applicando l’altro terzo, e un terzo sarà fatto l’anno prossimo. E devo dire che mi ha sorpreso molto, perché non mi attendevo affatto che fosse così grande lo sforzo. Lo sono stati anche i miei amici italiani, sia Mario Monti, che ha proposto la riforma della concorrenza, sia Bassanini, che ha proposto una riforma dello Stato in Italia, senza riuscirci.
Cosa ne pensa della Commissione proposta da Alemanno e che è stata definita un equivalente di quella che porta il suo nome?
Alemanno appena eletto ha chiesto la mia opinione e io gli ho detto che innanzitutto doveva fare una commissione che non fosse politica e non vicina a lui. Lui ha scelto Amato, che è un amico personale, ma è un uomo politico. Peraltro, Roma è una città, non una nazione, per cui questa commissione sarà molto più debole, perché una città non ha molto potere, nemmeno sulla città stessa. Quindi è una bella operazione politica, ma non avrà il respiro che può avere una commissione nazionale.
Qual è la sua opinione sulla situazione economica internazionale?
Ho scritto due anni fa in un libro che la crisi non sarebbe passata velocemente. Beh, mi rammarico di aver avuto ragione, ma io credo che siamo in un momento in cui ci sono ancora grossi rischi di una recessione lunga, avremo una spinta molto debole su scala mondiale per almeno due anni. Se non saremo capaci di prendere coscienza che le cause di questa crisi risiedono nella modalità di sviluppo del sistema finanziario, non cambierà nulla. Normalmente il sistema finanziario è al servizio dell’industria. Ora invece il sistema finanziario è al servizio di sé stesso. E questo è disastroso. Ora bisogna mettere in atto dei meccanismi affinché il sistema finanziario resti sottomesso al resto dell’economia. Oggi non è così, perché cerca di guadagnare delle somme folli, e ha trovato dei modi vari di guadagnare. Ma senza delle regole mondiali che lo controllino, l’amnesia su ciò che è successo prevarrà e ricominceremo come prima.