Presidente Piepoli, lo scorso luglio in un’intervista al sussidiario lei aveva detto che prioritario per l’opinione pubblica era il tema sicurezza. È ancora così?
Sì, il tema della sicurezza rimane ai primi posti nella preoccupazione degli italiani. Naturalmente vi sono problemi nuovi che richiamano l’attenzione, o meglio problemi contingenti: per esempio il problema della scuola. Ma gli italiani condividono l’operato del ministro Gelmini.
Si è fatto un gran parlare, nei giorni scorsi, di maestro unico.
Maestro unico, voto di condotta, grembiule nelle elementari. Sono provvedimenti che ispirano disciplina e ordine e rappresentano, a vari livelli, piccoli o grandi punti fermi in un’epoca caratterizzata dal disorientamento e dal rapidissimo cambiamento, al quale le persone naturalmente faticano ad adeguarsi. Sono provvedimenti apparentemente irrilevanti ma che, presi insieme, formano un contesto.
Siamo in un periodo di crisi economica: le famiglie italiane tirano la cinghia e i consumi sono diminuiti. Quanto questo dato influenza il consenso politico?
Lo influenza, ma in misura non eccessiva: se nessuno dei due schieramenti dà la soluzione, chi è di centrosinistra è propenso a credere che la responsabilità sia del centrodestra e viceversa. Senza entrare in merito, si crea un effetto che dal punto di vista dell’adesione dell’opinione pubblica a uno schieramento politico è praticamente uguale a zero. Il problema è anche che cosa vogliamo intendere per crisi. Il Pil non aumenta ma nemmeno diminuisce: è al palo. Salvo particolari imprevisti, quest’anno la ricchezza delle famiglie sarà presumibilmente uguale a quella dell’anno scorso. E la gente avverte questa stabilità, che in quanto tale, in un periodo di incertezza, offre una sorta di garanzia.
Nel luglio scorso lei disse che il paese stava attraversando una fase di attesa. E adesso?
Siamo in un clima di lieve pessimismo, o – come dicevano gli economisti di Eisenhower – di “morbido pessimismo”.
Questo lieve pessimismo si traduce in perdita di consenso per la coalizione di governo?
Il consenso del Pdl è di due o tre punti percentuali in più rispetto ai voti che ha preso ad aprile. Per quanto riguarda l’operato del premier, esso è giudicato con favore, perché Berlusconi si sta mostrando più decisionista e operativo di Prodi. E questo gli frutta consenso. La gente vuole persone che decidono.
A sinistra assistiamo ad una dialettica interna molto forte, in particolare tra Pd e Di Pietro. Qual è il consenso rispettivo delle due componenti?
L’IdV è lievemente aumentata in termini di intenzioni di voto, cioè uno o due punti in più rispetto ad aprile. Il Pd invece è diminuito di uno o due punti. Complessivamente si bilanciano e l’insieme non è perdente, ma non è nemmeno vincente.
Il federalismo è uno dei temi più caldi. La polemica sul ritorno o non ritorno dell’Ici ha mutato l’opinione degli italiani verso il governo?
No. Gli italiani seguono solo marginalmente la vicenda dell’Ici. Temi come l’accorpamento dei tributi, la perequazione e il regionalismo fiscale ora non li toccano. Lo dimostra il fatto che le quote di intenzioni di voto, ripartite tra destra e sinistra, sono lievemente più a vantaggio del centrodestra rispetto ad aprile. Lievemente significa un paio di punti, il che vuol dire più o meno 800 mila voti. Naturalmente sono punti virtuali, perché i punti reali li danno solo le elezioni.
Il tema sicurezza: qual è il giudizio sull’operato del Viminale?
Molto positivo. Il ministro Maroni è apprezzato perché decide. E poiché attraversiamo una fase determinata dall’insicurezza nella convivenza sociale anche tra etnie diverse, gli italiani hanno bisogno di sentirsi tutelati.
Negli ultimi tempi si è parlato di voto agli immigrati. L’opinione pubblica che ne pensa?
Lo vede in modo favorevole, a patto che questo avvenga con equità: chi ha più di 5 anni di residenza in Italia non può avere le stesse prerogative di quelli che hanno appena un anno di residenza o che devono regolarizzare la loro posizione.