Che fine ha fatto l’itterizia di Berlusconi? Se domenica il Premier paventava di ammalarsi alla sola prospettiva di dialogo con l’opposizione, già mercoledì Pd e Pdl hanno raggiunto un accordo di forte rilievo politico sulla riforma della legge elettorale per le europee.
Per Walter Veltroni è la prima volta che viene siglato un accordo in cui sono accolte in sostanza tutte le sue posizioni di partenza, in quanto il compromesso sul 4% era scontato dal momento che in prima battuta il Pd aveva proposto il tre e il Pdl il cinque.
Veltroni ha cioè ottenuto uno sbarramento che lo mette al sicuro dall’assalto dei partitini della sinistra antagonista realizzando un accordo diretto con Berlusconi che però non provoca tensioni nell’ambito dell’opposizione parlamentare. Limitando il livello della soglia al 4% e mantenendo preferenze e identiche circoscrizioni ha rassicurato sia l’Udc sia l’IdV.
Come mai Berlusconi ha dato il “via libera” a un accordo che rafforza il leader dell’opposizione sia verso l’opposizione interna al Pd sia verso i suoi concorrenti extraparlamentari? Le ragioni sono varie.
La prima importante pressione per un accordo con Veltroni viene dalla Lega in relazione al prossimo voto della Camera sul federalismo. In Senato Veltroni si è esposto, ma i contraccolpi non sono mancati nel Partito e in Parlamento: da un lato c’è Casini e dall’altro D’Alema. Negli ultimi giorni si sono infatti moltiplicate le dichiarazioni di parlamentari del Pd che non danno per scontata l’astensione e premono per un voto contrario. Il mantenimento della sponda veltroniana è per Bossi essenziale sia per evitare la destabilizzazione del quadro politico che ha consentito la vittoria in Senato sia per configurare la “sua” riforma come frutto di un consenso realizzato dalla Lega al di là dei confini del solo centrodestra.
In pari tempo su Berlusconi agisce l’interesse di un iter parlamentare non da percorso di guerra per i provvedimenti di Tremonti sulla crisi economica. Non si tratta di uno scambio pattuito con Veltroni, ma di processi obiettivi da incoraggiare o meno. Il governo ha dato vita a un “tavolo” che coinvolge Confindustria, Cisl e Uil. Come già per l’Alitalia la Cgil si arrocca in contrapposizione frontale. Nei confronti di Epifani però Veltroni ha ora assunto una posizione apertamente critica. Di scambio si può semmai parlare nei rapporti interni alla maggioranza, tra Pdl e Lega, nel senso che Berlusconi ha immediatamente ottenuto l’allineamento di Bossi sulla giustizia e le intercettazioni.
Berlusconi doveva scegliere tra un’azione di disturbo strumentale nei confronti di Veltroni, dando così più fiato alla contestazione esterna e interna al Pd nei suoi confronti, oppure imboccare la strada maestra e cioè decidere se incoraggiare in seno all’opposizione l’estremismo o il confronto.
Il fatto che la sinistra antagonista non abbia voce nel Parlamento europeo è essenziale per la sua sostanziale estromissione dalla scena della “par condicio” massmediatica. Se avranno parlamentari europei le formazioni della sinistra antagonista tornerebbero in scena condizionando, radicalizzando e spostando più a sinistra i termini del dibattito nelle sedi istituzionali.
In un momento in cui Berlusconi ha scelto la politica dello spegnimento dei fuochi e della chiusura dei fronti per agevolare gli interventi di politica economica, meno voce hanno gli extraparlamentari e meglio è. Il prezzo da pagare è il gonfiamento del fenomeno Di Pietro che ormai è il divo dell’elettorato antagonista nella ribalta parlamentare. Ma d’altra parte l’ex leader di Mani Pulite, come dimostra l’attacco a Napolitano, si sta auto emarginando ed è comunque sostanzialmente inoffensivo quando si tratta di discutere seriamente a livello di contenuti di politica economica.
A ciò si sommano altri vantaggi non secondari per la leadership berlusconiana legati da un lato al processo di unificazione tra An e Fi e dall’altro alla scadenza delle prossime elezioni amministrative.
Le reazioni di Ferrero per Rifondazione comunista e della Francescato per i Verdi delineano come ritorsioni una destabilizzazione o comunque un indebolimento delle alleanze di sinistra nelle amministrazioni locali alla vigilia del loro rinnovo. D’altra parte, nel campo della maggioranza, la protesta del Movimento siciliano di Lombardo è più che gestibile come anche gli altri malumori interni al centrodestra.
Lo sbarramento del 4% favorisce il percorso delle liste unitarie del Pdl e nel complesso rafforza il bipolarismo al limite del bipartitismo che è tra le maggiori preoccupazioni e obiettivi del Premier.
Se il bipolarismo si trasforma in bipartitismo è sempre più naturale infatti il passaggio al presidenzialismo.