Per la prima volta i candidati alla segreteria del Partito Democratico, alla Convenzione Nazionale che si è svolta ieri a Roma, hanno potuto presentare il loro programma in rapida successione. Non c’è stato un vero e proprio dibattito, ma Bersani, Franceschini e Marino hanno comunque approfittato del tempo a disposizione per fare emergere le loro differenze.
Per fare un bilancio della giornata di lavoro congressuale abbiamo chiesto un giudizio a un politico italiano di esperienza come Gianni De Michelis.
Il Partito Democratico, chiusa la parentesi del congresso, si prepara a due settimane di campagna elettorale interna in vista delle decisive primarie del 25 ottobre. Come giudica lo stato di salute del Pd? Con le primarie riuscirà a riprendersi la scena e a proporre una proposta alternativa di governo?
Intanto mi lasci dire che non potevano scegliere meccanismo di selezione peggiore per eleggere il proprio segretario. Un partito che deve ancora nascere dovrebbe costruire l’adesione su un progetto politico, non attorno ai nomi. Questo errore di fondo rende inevitabilmente esasperata la competizione interna.
In secondo luogo, la duplicazione del voto e la contrapposizione tra il verdetto degli iscritti prima e dei cittadini che si recheranno alle primarie poi, obbliga i contendenti alla logica perversa tipica della Seconda Repubblica: “Curva sud” contro “Curva nord”.
Il tono degli interventi di ieri e le polemiche tra i bersaniani e i franceschiniani che si sono verificate non appena si è chiuso il congresso trovano ragione secondo lei in questo vizio di fondo?
Certo. Anche ieri si è visto Franceschini portare all’estremo la sua posizione di estremo rigore anti-berlusconiano. Bersani ne è inevitabilmente influenzato, mentre Marino, l’outsider, prova a distinguersi dai due sfidanti. La strada che hanno scelto aumenta le divergenze, non la sintesi. Ma questo è uno spettacolo già visto, da quando ha avuto inizio questa estenuante competizione interna.
Condivide maggiormente quindi l’impostazione di Bersani e della sua corrente che porta avanti una visione più organizzata e meno leaderistica di partito?
Direi di sì. Io sono all’antica, Bersani ha vinto tra gli iscritti ed è giusto che faccia il leader. Una struttura politica che si rispetti lo incoronerebbe segretario. Gli iscritti hanno infatti scelto in modo evidente, basti pensare che la somma degli sfidanti non raggiunge il 50%.
Detto questo, io appartengo all’epoca della Prima Repubblica, non ne sono pentito e penso che il difetto più grave della Seconda Repubblica sia stato quello di aver distrutto i partiti.
In che modo?
Da una parte sciogliendoli, con le buone o con le cattive, dall’altra con idee assurde come le primarie. Non si può mutuare da un sistema completamente diverso come quello americano uno strumento che dura dei mesi e ha regole di partecipazione molto rigide, tra l’altro differenziate tra stato e stato. Un meccanismo rodato e migliorato in decenni di prove e correzioni.
Non è serio importare questo sistema illudendosi che dando il nome “primarie” a questo evento si possa ottenere consenso popolare. È una parodia, che serve solo a confermare decisioni già prese dal vertice (come quando incoronarono Prodi o Veltroni).
Non si aspetta niente di buono quindi dalla consultazione del 25 ottobre?
Secondo me può avere esiti devastanti per il Pd, soprattutto se rovesciasse il volere degli iscritti. A quel punto la tentazione degli scontenti di uscire dal partito sarebbe difficile da gestire. Senza contare che, a seconda delle convenienze, possono partecipare al voto elementi di disturbo, magari anche solo per determinare i segretari regionali.
Sul nostro giornale due commentatori autorevoli come Polito e Battista hanno sottolineato come da quasi 15 anni la sinistra sembri intrappolata nell’antiberlusconismo senza riuscire ad uscirne. Sotto questo punto di vista ci sono dei passi in avanti?
Il discorso di Franceschini non dà molte speranze in questo senso.
Il Pd mi sembra stretto nella morsa tra Di Pietro e Casini, due progetti non solo differenti, ma divergenti. Per il motivo che spiegavo prima i candidati provano a distinguersi: uno andando verso Casini, Bersani, l’altro, Franceschini, prova a giocare sul terreno opposto pur non avendo il dna da tribuno del popolo.
L’antiberlusconismo quando prende queste forme estreme rende meno visibile la contrapposizione al centrodestra sul piano delle idee, delle analisi, delle proposte, tutto ciò che servirebbe al Pd per poter trovare un futuro. Su molti temi non si capisce ancora quale sia la linea di questo partito, infatti oggi si parla di scontro tra candidati e non di proposte.
Un tema su cui i tre candidati sono sembrati allineati è stato però quello della “green economy” o la necessità di una riforma elettorale?
Spiace dirlo, ma erano argomenti secondari, usati per distinguersi o per inseguirsi. Manca una visione.
Sarebbe stato molto più interessante assistere invece a un confronto vero tra l’impostazione socialdemocratica vecchio stampo (alla Bersani) e una linea obamiana (che poteva tentare Franceschini). Si poteva anche rischiare una sintesi, cercare un oltre. La discussione di ieri segna secondo me l’arretramento della sinistra italiana. L’idea che in Italia possa nascere una sinistra alla Obama mi sembra priva di fondamenti culturali e intellettuali, prima ancora che politici.
Un altro esempio di questo, a proposito della “green economy” a cui accennava lei, è il fatto che i verdi italiani qualche giorno fa sono riusciti a dividersi, mentre i loro colleghi francesi e tedeschi stanno avanzando.
La riforma elettorale proposta in quel modo poi, è semplicemente una sciocchezza.
In che senso?
La verità è che, al contrario di quanto si dice, il centrosinistra sta calpestando la Costituzione e da anni lavora per rendere ingovernabile il Paese. Proprio quelli che si vantano di difenderla hanno iniziato cancellando l’immunità, poi hanno cambiato la legge elettorale facendo finta che non facesse parte della costituzione materiale. La Costituzione stava in piedi però col sistema proporzionale. Ma loro, per interesse di parte, l’hanno cambiata più volte. In questo poi ha collaborato Berlusconi, che almeno, a differenza loro, è riuscito a trarne vantaggio per se. Un altro passo in questa direzione l’hanno poi fatto con il “falso federalismo”, che ha sfasciato ulteriormente la gestione dello Stato.
Invece di parlare di legge elettorale sarebbe più interessante che ci dicessero qual è la loro idea di riforma costituzionale organica e complessiva.
Ha una proposta in questo senso?
Da vent’anni ripeto che la riforma costituzionale dovrebbe andare nella direzione di un sistema alla tedesca o quantomeno alla francese, sicuramente non all’americana. Invece in Italia si organizzano false primarie, si parla di legge elettorale maggioritaria lasciando l’impianto costituzionale uguale a prima. Se andiamo avanti così non vedo futuro per il Pd, ma nemmeno per il Paese.