Dopo il verdetto della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano il governo è sembrato deciso nel voler portare a termine le tanto attese riforme. Il percorso non sembra però dei più semplici, occorre vincere le resistenze esterne, ma anche interne alla maggioranza. Ne abbiamo discusso con il direttore di Libero, Maurizio Belpietro.
Sul fronte dell’economia in questi giorni tengono banco le dichiarazioni del ministro Tremonti riguardo al valore del posto di lavoro fisso. Porteranno a qualcosa di concreto secondo lei?
Il dibattito di questi giorni chiarisce ancor di più che sui temi di materia economica esistono opinioni diverse nella stessa maggioranza. Basta ascoltare Tremonti, Brunetta, Sacconi e Scajola. Detto questo, non credo che sia un problema, spero invece che si arrivi alle decisioni e si trovino le risorse per attuarle.
Cosa si aspetta dal governo sul fronte economico?
Innanzitutto è bene ricordare che questo governo è stato eletto con un programma ben preciso, che prevedeva che si riducessero le tasse e si alleggerisse il peso dello Stato sulle famiglie e sulle aziende.
Capisco le preoccupazioni del ministro Tremonti, visto che non è certo il momento di scialare, però qualcosa bisogna fare. Il governo deve innanzitutto agire in questo senso e sciogliere il nodo delle pensioni.
Il tema delle pensioni è tornato all’ordine del giorno anche grazie alle dichiarazioni di Draghi che auspicava l’innalzamento dell’età pensionabile. Quale strada si augura che seguirà la maggioranza?
Il precedente governo di centrodestra aveva attuato una riforma delle pensioni che prevedeva lo slittamento dell’età pensionabile a 65 anni. Poi il Governo Prodi abolì lo “scalone Maroni”.
A questo punto non vedo vie di mezzo: o si prende una decisione oppure significa che la riforma Maroni era sbagliata all’epoca.
Vede, consolare l’elettorato nascondendo la realtà è una tentazione che non paga, bisogna invece parlare chiaro: in tutta Europa si è alzata l’età pensionabile a 65 anni, anche da noi deve essere così, visto che l’aspettativa di vita si è allungata. Il risparmio ottenuto riformando le pensioni potrebbe, tra l’altro, dar luogo alla riduzione delle tasse che auspicavo prima.
Quali sono gli altri problemi da affrontare con maggiore decisione?
Penso ad esempio alle Province. Perché si tengono in piedi queste strutture? Perché non si trasferiscono i poteri delle Province ai comuni e alle regioni? Un governo che si è presentato volendo modernizzare e ridurre gli sprechi deve mantener fede a quegli impegni.
La squadra di governo le sembra abbastanza compatta per fare tutto questo? Il rapporto tra Berlusconi e Fini è davvero migliorato dopo il famoso incontro a casa Letta?
Tra Berlusconi e Fini rimane una certa diffidenza. Non ne farei però un dramma, esistono ambizioni e aspettative diverse, ed è quindi difficile che vadano d’accordo su tutto.
Sul tema della leadership non mi sembrano possibili ipotesi diverse da quella attuale, anche perché dovrebbero essere confortate dai risultati elettorali. Le partite devono essere giocate in campo aperto: tanti voti, tanta autonomia politica, non esistono altre soluzioni.
La squadra di governo nel complesso comunque mi sembra compatta. Bisogna puntare con determinazione alle riforme, redistribuire le risorse e rilanciare l’economia.
Abbastanza compatta da portare a termine anche la riforma della giustizia? Cosa pensa degli inviti di Fini a cercare una condivisione con le forze di opposizione su una materia così delicata?
Il mito della condivisione mi sembra smentito dalla storia. Le riforme condivise che si sono inseguite negli ultimi anni, da destra e da sinistra, non hanno mai portato a niente di nuovo. I peggiori esempi li abbiamo avuti con le bicamerali. Le poche volte che si è raggiunta un’intesa si sono prodotti dei pateracchi inutili o degli inciuci.
La riforma della giustizia è una sfida difficile, che però bisogna provare a realizzare. Se ne discute da quando esiste la Repubblica ed è sempre difficile trovare un’intesa con i magistrati. Si sono opposti a tutte le riforme dal 1948 ad oggi, cercando sempre di tutelare tutte le loro prerogative.
Da cosa partirebbe?
Partirei dalla riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, smantellando un sistema di lottizzazione delle correnti che oggi garantisce ai magistrati di scegliersi tutto, dall’organizzazione al capo. Un sistema di lottizzazione che in altri campi darebbe scandalo. È come se gli infermieri nominassero quelli che poi devono decidere se diventeranno medici. I pm infatti si fanno giudicare dagli stessi che hanno nominato.
Una riforma da fare a maggioranza?
Se il centrosinistra si mostrerà disponibile a lavorare assieme al centrodestra bene, altrimenti la maggioranza faccia le riforme che ha promesso agli elettori. Non si può tradire la speranza che gli italiani hanno riposto in questa coalizione.
Un appuntamento importante per il centrodestra è rappresentato dalle Regionali. Che accordi prenderà Berlusconi con gli alleati secondo lei?
Per quanto riguarda le candidature che riguardano esponenti della vecchia Alleanza Nazionale un accordo sarà abbastanza facile da raggiungere.
Sul fronte della Lega è un pochino più complesso: c’è l’aspettativa legittima del partito di Bossi di voler governare un’area importante del Paese. Certo che affidare un potere così forte alla Lega può essere un precedente pericoloso che rischierebbe di diventare un contraltare alla leadership nazionale.
Non dimentichiamoci poi che, a parte le esperienze nei ministeri, l’ultima esperienza leghista di rilievo è stata la guida del Comune di Milano con Formentini, e non è stata una delle più felici.
Uscendo dall’orizzonte del centrodestra, cosa pensa dell’attuale contesto politico, dominato soprattutto dai veleni e dalle inchieste giornalistiche?
Non penso che il dibattito e il giornalismo si stiano imbarbarendo. Vedo piuttosto che i giornali hanno rotto una serie di argini del conformismo (e questo accade dal ’92). Ognuno oggi fa quello che ritiene giusto con grande indipendenza. A chi mi dice che c’è meno indipendenza dico di sfogliarsi i giornali del passato. Non si può non notare la differenza nel linguaggio, nello stile e nella libertà di giudizio.
Facendo un altro confronto con il passato non posso non citare l’Espresso che negli anni Settanta mise in copertina il Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, nei panni di un clown. All’interno poi Camilla Cederna, icona del giornalismo di sinistra, scrisse una serie di amenità sulla sua vita privata e la sua famiglia.
Non venne accusata di vilipendio. a differenza di quanto mi è appena successo per aver documentato che il presidente Napolitano non è tornato in tempo per ricevere i morti di Kabul.
Direi che a proposito di imbarbarimento ho molto da dire.
Come procede la querela a suo carico?
Non ne so nulla, quando sarò chiamato risponderò dimostrando quello che è avvenuto, così vedremo chi ha voluto vilipendere un’istituzione e chi ha invece esercitato un legittimo e costituzionalmente difeso diritto di critica.