E’ finita col botto la seconda ed ultima puntata dello scontro sulla libertà d’informazione in Italia innescato dall’Italia dei Valori e iniziato lo scorso 8 ottobre con un dibattito-farsa durante la seduta plenaria di Bruxelles. Un dibattito svoltosi in un’aula semideserta, impietosa dimostrazione che di fronte ad una discussione nata da palesi premesse di finzione, il 90% degli eurodeputati stranieri hanno preferito occupare in altro modo quella parte della loro mattinata. Finito il dibattito, l’aula di Bruxelles ha ricominciato la sua vera attività e come per incanto, i banchi registravano il tutto esaurito.

Mercoledì scorso il Parlamento europeo ha ribadito il concetto: bocciata con 338 voti contrari (335 favorevoli) la proposta di Risoluzione che ha ancora come promotori i dipietristi. Con quel documento avrebbero voluto sollecitare ulteriormente la Commissione europea a prendere decisioni punitive nei confronti del nostro paese appellandosi in maniera delirante agli articoli 10 della Convenzione europea sui diritti umani e all’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea, articoli concernenti appunto libertà di espressione e pluralismo dei Media.

Insieme agli alleati del PD sono tornati a premere sul tasto del conflitto d’interessi di Silvio Berlusconi, utilizzando questo argomento come scusa per chiedere alla Commissione europea che imbavagli una volta per tutte il Governo italiano in carica. Quasi una richiesta di legittimare a livello europeo la battaglia di diffamazione in corso entro i nostri confini.

Ma la questione bizzarra è che nella loro Risoluzione hanno ricordato a tutti l’identico tentativo già andato a vuoto nel 2004, quando ebbe luogo un’altra discussione sulla libertà d’informazione in Italia, mentre al Governo c’era casualmente Silvio Berlusconi. Anche in quell’occasione votammo una risoluzione analoga.

Dopo la vittoria della sinistra nel 2006, come per miracolo il problema è scomparso. L’Italia sotto la guida di Romano Prodi era tornata ad essere un esempio di democrazia e di pluralismo. Così come successe allora la Commissaria Viviane Reding ha già messo in chiaro che non c’è alcun motivo per accogliere richieste il cui fondamento nella realtà è inesistente. Per tutte queste ragioni abbiamo assistito ad una sconfitta tremenda e senza appello per la sinistra italiana.

 

La delegazione italiana del Popolo della Libertà è stata capace di spiegare al Parlamento Europeo che non c’era un contenuto vero dietro la risoluzione sulla libertà di stampa facendo capire anche alla sinistra europea che seguendo ciecamente le proposte della sinistra italiana sarebbe andata incontro ad un vero e proprio suicidio politico. Il Partito popolare europeo dal canto suo ha vinto dimostrando una compattezza senza precedenti in difesa del Presidente Berlusconi, grazie anche agli interventi di alcuni autorevoli colleghi straneri, come l’ungherese Szajer che ha spiazzato tutti quando ha rivelato come un ministro (del governo di centrosinistra) del proprio Paese aveva mandato in galera un giornalista.

 

E’ stata una colossale presa in giro perchè il casus belli di questa battaglia politica, è stata proprio la causa per diffamazione intentata da Berlusconi contro i giornali che lo diffamano da quando è sceso in politica. Non c’è stato neanche bisogno di ricordare ai paladini della libertà d’informazione in Europa delle cause contro i giornali di Lamberto Dini, Massimo D’Alema e Romano Prodi.

 

Sono convinto che il voto di mercoledì ci permetterà di aprire un dibattito serio sulla concentrazione dei media in Europa.

 

E’ nell’interesse di tutti un impegno sul fronte di un dibattito di questo tipo, anche per verificare la posizione dominante di alcuni giganti dell’informazione come il gruppo Murdoch, che vale 32 miliardi di dollari, o il gruppo Bertelsmann da 17 miliardi. Questi sono enormemente più influenti del gruppo Mediaset che vale 5 miliardi, ma che fino a qualche giorno fa sembrava essere l’unica minaccia per la libertà di informazione. Smascherato il disegno anti-Berlusconi.