Con una nota ufficiale Silvio Berlusconi ha smentito l’ipotesi di elezioni anticipate, una voce che circolava insistentemente e che con le parole del Presidente del Senato Schifani aveva acquisito ufficialità. Il governo si ritrova perciò davanti al lungo cammino delle riforme con l’esigenza di riappianare le divisioni interne e l’incognita dei procedimenti giudiziari a carico del premier.
Stefano Folli, editorialista de Il Sole 24 Ore, analizza i nodi cruciali che la maggioranza dovrà provare a sciogliere per tornare pienamente a governare.
Il ricorso al voto anticipato ha rappresentato soltanto un avvertimento agli alleati o è una carta che Berlusconi potrà giocare ancora nel prossimo futuro?
Penso, innanzitutto, che il Presidente del Consiglio abbia fatto bene a precisare la sua posizione sul proseguimento della legislatura. Lo scioglimento delle camere era un’ipotesi politicamente incomprensibile e inspiegabile, soprattutto per l’elettorato di centrodestra. La maggioranza ha infatti i numeri per governare e non è divisa sul programma che gli elettori hanno premiato.
Questa ipotesi è servita solo come strumento politico di pressione, fortunatamente Berlusconi non vi ha dato seguito perché ha il polso dell’opinione pubblica e ha dimostrato di essere attento alle mosse decisive.
Nell’immediato futuro questa minaccia mi sembra un’arma spuntata, anche se è vero che se si decide di percorrerla poi si trova il modo di farlo.
Quali sono a suo avviso le priorità che il governo deve affrontare da subito?
L’unica cosa che può fare in questo momento è mettersi al lavoro, dimostrare che il centrodestra ha una maggioranza ampia e che è in grado di governare il Paese. Per il resto non può che attendere la chiusura dei processi a carico del premier.
La questione giustizia è ovviamente il nervo scoperto, ma rischia di trasformarsi in un veleno capace di bloccare tutte le riforme, anche quelle che si possono davvero portare a termine.
La maggioranza sembra però intenzionata a intervenire sulla giustizia anche se si divide sul metodo: da un lato chi vuole riforme condivise, dall’altro chi le vuole portare avanti “a maggioranza”. Quali sono secondo lei le soluzioni percorribili?
Non vedo moltissime possibilità. Il premier può lavorare a una Legge Costituzionale, che ha però i suoi tempi, e nel frattempo affrontare i processi, sopportando il peso di un’eventuale condanna. Altre soluzioni non mi sembrano praticabili.
Il ddl Gasparri o, come ipotizzato da più voci, la riproposizione di un ddl Finocchiaro del 2006 sono ipotesi che secondo lei non hanno possibilità di successo?
Nulla vieta a Berlusconi di tentare, politicamente però non ci sono molte speranze. C’è il rischio di esporre il centrodestra a gravi tensioni, mettendo in mostra lacerazioni evidenti, senza magari arrivare a una soluzione.
Anche se sulla carta i numeri ci sono, il governo deve tener conto degli equilibri costituzionali. Il premier non può muoversi come un carro armato e bisogna dargli atto che non lo sta facendo, anche se magari vorrebbe.
Il rapporto politica-giustizia sembra però compromesso, non è ipotizzabile una convergenza dei due schieramenti per un generale riordino dei poteri?
L’attuale quadro politico non mi sembra pronto a convergenze di questo tipo. Il paradosso è che quello che dice Berlusconi sulla giustizia può essere anche condivisibile e non è poi così lontano dalle ultime dichiarazioni di Violante. Il problema però è politico. La discussione si svolge in un clima di tensione tale da rendere impossibile una convergenza in nome dei grandi principi. Tutto si può chiedere all’opposizione tranne che corra in soccorso di Berlusconi.
Penso che il riordino dei poteri di cui stiamo parlando potrà avvenire solo quando non ci sarà più questo problema specifico.
In questo contesto che partita sta giocando Gianfranco Fini? La sua posizione è interpretata in molti modi, spesso opposti. A suo parere è un alleato leale, che porta avanti una posizione di saggia prudenza?
Lealtà e slealtà in politica sono difficili da individuare. Fini interpreta una visione istituzionale del ruolo della destra e ha un profilo istituzionale, Berlusconi invece ha un ruolo politico.
Questo non è solo un fatto teorico. Tra i due non mi sembra ci sia un gioco delle parti, ma un dissidio vero e profondo. Fini infatti difende l’equilibrio istituzionale rispetto alle forti pressioni politiche di Berlusconi. A mio parere fa bene a essere leale verso le istituzioni, a costo di essere sleale verso la maggioranza di provenienza.
Detto questo, sono convinto che Fini vorrebbe che la stagione di Berlusconi finisca il più presto possibile.
Lasciando i problemi della politica, quali sono i nodi che la magistratura deve risolvere. Manca di autodisciplina o di responsabilità?
La magistratura sicuramente dovrebbe evitare di comportarsi come un organismo corporativo e contribuire al rinnovamento sostanziale, favorendo lo sviluppo di un orizzonte riformatore.
Oggi invece si limita alla resistenza passiva, dando l’impressione, anche se forse solo l’impressione, di accanirsi contro Berlusconi. E questo certamente è un problema serio.