Antonio Santoro era un maresciallo della Polizia penitenziaria; Lino Sabbadin faceva il macellaio; Pierluigi Torregiani era un gioielliere; Andrea Campagna, era agente della Polizia di Stato. Persone comuni, che nulla avevano mai avuto a che fare con la lotta politica che negli anni ‘70 uccideva in nome di un’ideologia cieca e inumana.

Questi sono i nomi di quattro cittadini che, insieme a molti altri, hanno perso la vita tra il 6 giugno 1978 ed il 19 aprile 1979, uccisi dalla follia omicida di organizzazioni terroristiche che hanno tentato di sovvertire l’ordine democratico in Italia. Il nome di uno degli assassini è Cesare Battisti.

Nel gennaio di quest’anno, il Presidente brasiliano Lula aveva inspiegabilmente concesso lo status di rifugiato politico al terrorista italiano. Mercoledì in serata il Supremo Tribunal Federal ha sconfessato Lula smentendo l’ipotesi di persecuzione politica. Il presidente della Corte suprema ha anche ripercorso passo a passo tutti gli omicidi attribuiti a Battisti, per illustrarne il carattere di delitto “comune” e non politico. Il verdetto è stato quindi automatico: estradizione.

È doveroso aggiungere che Cesare Battisti è stato riconosciuto colpevole non solo dalla magistratura italiana, ma anche dalla magistratura francese e dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La corte brasiliana ha riconosciuto nell’atteggiamento del Presidente Lula un atto inspiegabile e gravissimo, contrario al Diritto internazionale e in chiara violazione dell’accordo di estradizione in vigore tra Italia e Brasile.

Inoltre, la decisione presa dal Governo brasiliano contrastava in maniera deprecabile l’immagine dell’Unione europea, perché sembrava presumere che all’interno di uno Stato membro dell’Unione europea si pratichi la persecuzione politica o la tortura. Eravamo di fronte a un fatto inaccettabile che oltretutto non ha alcun fondamento nella realtà.

Il Brasile è un grande paese democratico da sempre in ottimi rapporti con l’Europa e con l’Italia, ed è proprio per questo che questa porta sbattuta in faccia ci aveva colti di sorpresa. Proprio per l’amicizia e il rispetto che lega i nostri paesi, per l’amicizia e gli accordi di cooperazione e di partenariato che legano il Brasile e l’Unione europea sia dal punto di vista politico, sia dal punto di vista economico, la reazione è stata decisa ed efficace da parte di tutti.

Come membro del Parlamento europeo mi sono sentito in dovere di combattere per raggiungere questo risultato innanzitutto perché l’Unione europea ha da molti anni ormai definito una strategia contro il terrorismo per garantire la sicurezza dei cittadini e per salvaguardare le istituzioni democratiche.

Restare a guardare avrebbe quindi vanificato gli sforzi prodotti in questi anni per combattere insieme una minaccia sempre presente. Ma è soprattutto un dovere che le istituzioni democratiche hanno nei confronti dei parenti delle vittime di Cesare Battisti, affinché venga fatta finalmente giustizia.

 

Il Governo italiano si è sempre mosso con ogni mezzo in suo possesso, attraverso ogni forma legittima di pressione politica e diplomatica per accelerare i tempi della cattura.

Purtroppo la decisione del Tribunal Federal non è definitiva, nel senso che serve il consenso ultimo del Presidente Lula, il quale, comunque, di fronte a tali presupposti non sembra avere alcuna alternativa nel concedere al Governo italiano l’estradizione di Cesare Battisti, in nome della salvaguardia dello Stato di Diritto e per non cedere alla follia di chi si appella alla tutela dei diritti umani per un criminale che nella sua vita non ha fatto altro che sperimentare la cultura dell’odio e del furore ideologico.