Quando Berlusconi dichiarò di non aver mai preso in considerazione l’ipotesi di ricorrere alle elezioni anticipate molti commentatori lessero in quella mossa l’invito a una sorta di tregua interna alla maggioranza. Le polemiche non erano però destinate a finire e sono continuate, evidenziando, come nel caso di Brunetta e Tremonti, divisioni profonde e di difficile risoluzione. Le preoccupazioni del premier non arrivano però solo dall’interno della maggioranza, dato che su di lui incombono procedimenti giudiziari vecchi e nuovi, rientrati in gioco dopo la bocciatura del Lodo Alfano.
Maurizio Belpietro, direttore di Libero, analizza lo stato di salute del governo Berlusconi, in uno dei momenti più difficili della legislatura.
Direttore, secondo lei il governo dovrebbe preoccuparsi maggiormente dei contrasti interni o dallo sviluppo dei procedimenti a carico del Presidente del Consiglio?
A mio parere la prima questione è quella giudiziaria, dato che l’iniziativa delle procure contro Berlusconi è sempre più forte. Vedo segnali preoccupanti di aggressività che ricordano il clima di Mani Pulite. Si mormora addirittura di un provvedimento che arriverebbe da Palermo per rimettere in discussione ben 15 anni di sentenze e sostenere l’esistenza di un collegamento tra il premier e le stragi di mafia. Un’ipotesi che potrebbe addirittura prevedere il sequestro preventivo del patrimonio di Berlusconi.
Dalla maggioranza qualcuno sostiene che, come per il Caso Cosentino, i pentiti tornano ad avere un peso determinante e poco trasparente…
È un ritorno giustizialista allarmante, si ripropone lo scontro tra magistratura e politica. Davanti a questo la politica sembra incapace di reagire. Le ipotesi di scudi e lodi secondo me non porteranno da nessuna parte. L’errore fondamentale è stato quello di non reintrodurre l’art. 68. Qualche timido accenno in questo senso c’è, ma non ci sono più i tempi necessari a renderlo efficace, rispettando tutti i passaggi costituzionali richiesti.
A suo parere Berlusconi rimarrà quindi scoperto davanti ai processi?
Penso di sì, in un momento tra l’altro molto difficile per l’azione di governo. Il premier rischia di non essere lucido e di finire in qualche imboscata.
Teniamo anche conto della delicata situazione famigliare: il suo non sembra certo un divorzio facile, dato che la moglie sembra intenzionata ad andare avanti in un certo modo e la magistratura rischia di entrare anche in questa vicenda.
Se questo è in sintesi il quadro giudiziario, a livello politico quali sono i nervi scoperti più evidenti?
Innanzitutto la questione economica. Alcuni ministri ritengono infatti che sia giunta l’ora di cambiare marcia, riducendo ad esempio le imposte, ma Tremonti non è assolutamente intenzionato a scucire un quattrino.
Lo scontro tra Brunetta e Tremonti è quindi un segnale allarmante, nonostante le rassicurazioni di Berlusconi?
È il segnale concreto delle difficoltà di Brunetta e dello stesso Tremonti, colui che è stato di fatto il vero ministro operativo in questi quasi due anni di legislatura. Ha sempre avuto il controllo della cassa e ha imposto numerosi provvedimenti, dalla scuola, all’università, per produrre tagli e, spesso, bloccare le iniziative dei suoi colleghi.
Oggi una parte dell’esecutivo pensa che non si possa andare avanti in questo modo e si riconosce nelle parole di Brunetta.
Berlusconi difende la linea Tremonti per convinzione o necessità?
In questo momento è una necessità, perché Tremonti è sostenuto dalla Lega, ma non è detto che questa situazione durerà a lungo.
Crede all’ipotesi di un Tremonti lanciato verso cariche istituzionali di caratura internazionale, in modo da mettere d’accordo tutti?
Sono voci che circolano, destituite però di ogni fondamento, non ci sono incarichi adeguati ancora da assegnare.
In questo difficile frangente per il governo Fini alterna duri attacchi al Presidente del Consiglio a timidi segnali di riavvicinamento. Cosa ha in mente secondo lei?
Non vedo nessun riavvicinamento. Fini gioca una sua partita di lungo periodo completamente proiettata nel dopo-Berlusconi. Ogni giorno prende le distanze dal premier pensando a quando deciderà di farsi da parte o a quando sarà costretto a farlo.
Nel tempo la sua posizione ha generato consenso?
A mio parere, con le prese di posizione degli ultimi tempi su immigrazione e temi bioetici il suo consenso dentro il centrodestra è veramente molto scarso. Nemmeno la base della vecchia An è con lui.
Anche il tentativo di riportare Casini nel centrodestra, per ridimensionare Fini, non ha funzionato. Il leader dell’Udc sembra in attesa, con Rutelli, del post-berlusconismo. È così?
Non ho mai creduto al tentativo di riportare Casini nella maggioranza e comunque sarebbe stato un errore, perché avrebbe soltanto amplificato gli scontri e le difficoltà.
Seguendo il suo ragionamento il Cavaliere sembra avere ancora, tra le poche carte in mano, quella delle elezioni anticipate. È una delle ipotesi possibili?
Per ora è stata scartata, ma questo a mio avviso è stato un grave errore. Berlusconi rischia di essere rosolato a fuoco lento e di essere costretto alle dimissioni, indebolito da mesi e mesi di braccio di ferro.
Nemmeno la Lega ha appoggiato questa ipotesi?
La Lega non aveva alcun interesse a farlo, adesso ha in mente soltanto il federalismo e la presidenza di alcune importanti regioni del Nord. Penso che Veneto e Piemonte andranno al Carroccio, anche se Berlusconi proverà a tenere ancora aperta la partita per ottenere il via libera su altri provvedimenti.
I problemi del governo, appena elencati, non le sembrano praticamente insormontabili? Se la sente di fare una previsione?
Il voto anticipato aveva senso subito dopo la bocciatura del Lodo. Oggi mi sembra tutto più difficile, anche se ogni volta che il Cavaliere è stato dato per spacciato ha sempre dato il meglio di sé. Vedremo.