L’intervento annunciato da Regione Lombardia a favore delle famiglie numerose a basso reddito giunge in un momento di “stato di eccezione”. Tale situazione giustifica pienamente una misura di finanziamento diretto tesa ad affrontare una situazione di emergenza sociale che coinvolge prioritariamente un target di famiglie che non risultano adeguatamente sostenute dalle misure di carattere nazionale.



Le modalità di selezione dei beneficiari mettono infatti al centro dell’attenzione una categoria (quella delle famiglie numerose) scarsamente considerata dalle politiche redistributive e da quelle fiscali nel nostro Paese. I più recenti dati Istat sulla situazione sociale del Paese mostrano come la difficoltà ad arrivare a fine mese cresca sensibilmente oltre i due componenti, per arrivare addirittura al 25% per le famiglie con 5 o più persone. In presenza di un figlio minore il dato dei nuclei in difficoltà è del 16,8% contro il 15,4% di media, che sale al 19,6% con due minori e si arriva addirittura al 25,9% in presenza di tre minori.



Insomma, il target di riferimento appare appropriato, così come appare corretta la scelta di assicurare un vantaggio selettivo alle famiglie in cui siano presenti persone disabili e anziani, così come ai nuclei famigliari gravati da canoni di affitto. I primi due sottogruppi soffrono per le croniche mancanze del sistema socio-assistenziale (di competenza nazionale o comunale), mentre gli affittuari emergono dalle più recenti ricerche come la categoria su cui si condensano le maggiori difficoltà e le più profonde percezioni di impoverimento.

A fronte di tutti questi elementi di sicuro interesse, l’unico punto da sottoporre a verifica è quello legato alla non strutturalità della misura: al di là dell’emergenza, che certamente nell’anno in corso toccherà il proprio apice, sarebbe auspicabile replicare in modo continuativo l’intervento, definendo in questo modo una sorta di “diritto esigibile” a favore un target di popolazione particolarmente a rischio di esclusione sociale.



Il carattere dichiaratamente sperimentale dell’intervento lascia sperare che possa concretamente delinearsi il primo tassello per una futura “via lombarda” ad una sorta di reddito minimo di cittadinanza. Dopo il fallimento delle sperimentazioni a carattere nazionale effettuate sul finire degli anni Novanta, la Lombardia può candidarsi ad introdurre in modo permanente una misura di sostegno al reddito delle famiglie indigenti, completando in questo modo verso il basso la riforma sussidiaria del sistema di welfare. Il caso delle Province di Trento e di Bolzano mostra come, in presenza di istituzioni efficienti, sia possibile collegare questa provvidenza economica a interventi di attivazione sociale e lavorativa delle persone, generando così un circolo virtuoso perfettamente in linea con quanto previsto dal principio di sussidiarietà.

Gli spazi che verranno aperti dall’attuazione del federalismo fiscale potrebbero far si che anche su questo punto la Lombardia possa presentare, prima tra le grandi Regioni, una propria originale proposta per il sostegno delle famiglie disagiate. Magari utilizzando il nuovo strumento della Dote e creando un sistema in partnership con le organizzazioni del privato sociale presenti in regione. Si tratta di un’ipotesi al momento lontana, ma certamente non irrealizzabile.