All’indomani del triste epilogo della vicenda di Eluana Englaro rimangono molti gli interrogativi aperti sui temi cruciali della bioetica. Eutanasia, aborto, sperimentazioni genetiche sono temi difficili da normare che interrogano la coscienza individuale e dividono la coscienza collettiva della società travalicando i vecchi schemi di “destra e sinistra”, come di “cattolici e laici”. Ilsussidiario.net ha raggiunto Edmund Pellegrino, capo del Consiglio di Bioetica del presidente Barack Obama, e prima di George W. Bush, chiedendogli di rispondere dall’alto della sua esperienza ad alcuni interrogativi. Pubblichiamo in esclusiva il suo intervento.



La Bioetica è una scienza che viene vista spesso come un insieme di divieti e ostacoli all’autodeterminazione dell’essere umano. Qual è la corretta relazione tra la bioetica, la libertà e l’umana ricerca della felicità? Crede che i temi della bioetica (aborto, eutanasia …) riguardino solo la coscienza personale o l’intera società? Perchè?



La bioetica è un ramo dell’etica e di conseguenza le sue limitazioni alla libertà umana sono limitazioni morali, che non devono essere confuse con la legge, gli usi o le convenzioni sociali. La bioetica non è quindi una nuova disciplina, ma una nuova applicazione di un’antichissima disciplina, l’etica, a quel settore degli atti umani associati all’uso della biotecnologia nelle questioni dell’uomo o più in generale nella biosfera.

Parlare quindi, come implicherebbe il quesito proposto, di “bioetica” che pone “ostacoli alla libera determinazione degli esseri umani” significa spostare la fonte di questi “ostacoli. Questi cosiddetti “ostacoli” derivano dal fatto che la bioetica ha per oggetto, come deve avere ogni sistema etico, ciò che è giusto e sbagliato, ciò che è bene e male nella condotta umana. Un’etica che non ponesse restrizioni alla libertà umana non sarebbe etica, sarebbe semplicemente licenza, autorizzando qualsiasi cosa che si avesse voglia di fare. Questa è delinquenza morale. E conduce solo alla ricerca di un paradiso tecnologico libero da malattia e morte, o di illimitata licenza.



La filosofia morale sulla quale si fonda la bioetica determina la natura, i livelli di flessibilità e di responsabilizzazione derivanti dalle restrizioni morali imposte dalla bioetica. Queste limitazioni possono derivare da varie teorie morali, teoria della virtù, deontologia, consequenzialismo, situazionismo e altre. Le limitazioni alla “libertà” di cui al quesito proposto, sono limitazioni a danneggiare altre persone nel perseguimento senza limiti della propria personale libertà. La bioetica non è stata concepita per limitare la libertà, ma per stabilire se vi devono essere dei limiti, perché e in quale modo le questioni devono essere decise.

Nel 1947, la Dichiarazione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha affermato la dignità della persona umana come suo primo principio. Nel 2005, il Comitato Internazionale di Bioetica dell’Unesco ha dichiarato la dignità della persona umana come primo principio della bioetica. Queste due dichiarazioni indicano che, anche nella nostra odierna società secolarizzata, il riconoscimento della intrinseca dignità della persona umana rimane il fondamento per i nostri obblighi e doveri verso gli altri esseri umani.

Piuttosto che “ostacoli” alla libertà umana, le norme etiche sono sforzi per mantenere in equilibrio il bene della ricerca e della tecnologia con il bene degli uomini in quanto uomini. L’etica in generale e la bioetica in particolare sono perciò protezioni della libertà. L’etica in generale e la bioetica in particolare sono quindi non “ostacoli”, bensì guide al giusto uso delle biotecnologie.

Il quesito posto include la relazione tra bioetica e libertà umana e sottintende quindi la questione del miglioramento dell’umano. Di nuovo, le limitazioni non sono imposte dalla “bioetica”, ma dagli aspetti etici che sorgono quando si usano le moderne biotecnologie per andare oltre la terapia. Se questo è un passo verso la “felicità” o la ricerca interminabile di una nozione distorta di felicità è una discussione aperta, che merita una indagine critica e sistematica.

Il Consiglio di Bioetica del Presidente ha affrontato questo tema come materia di importanza etica privata e pubblica1. Il punto in questione non è che la bioetica causa ostacoli alla felicità, ma che non sappiamo se questi miglioramenti promuovono la felicità.

Interventi che correggono deformazioni fisiche, migliorano le capacità funzionali o favoriscono uguaglianza di opportunità sembrerebbero meritare l’approvazione sotto il profilo etico. Quelli diretti a ottenere vantaggi ingiusti, che danneggiano i poveri o nutrono fantasie di superuomini sono eticamente scorretti. La risposta a queste domande va ben oltre la ingenua contrapposizione tra bioetica e ricerca della felicità.

Lo stesso discorso si può applicare ad un altro aspetto, pure implicato, e cioè: vi sono cose o esperimenti che non dovrebbero essere mai fatti? La limitazione della sperimentazione su base etica non è “anti-scienza”, ma è contro lo scientismo. Il potere della biotecnologia è tale che le limitazioni della bioetica sono necessarie, se l’umanità non vuol essere sopraffatta dalla sua stessa ingegnosità.

Infine, è ormai evidente che le questioni di bioetica coinvolgono l’intera società, anzi la società globale, perché i confini nazionali sono permeabili sia all’etica che alla tecnologia. Siamo ora testimoni, e lo saremo ancor più in futuro, di un impegno di tutto il mondo su questi temi. Nella bioetica, in futuro, sarà sempre più necessaria l’attenzione per l’etica altrettanto che per la biologia: se non si raggiungerà una corretta relazione tra questi due elementi, scienza ed etica soffriranno entrambe e diventeremo prigionieri di una inutile guerra tra tecnologia ed etica.

1 Beyond Therapy: Biotechnology and the Pursuit of Happiness, A report of the President’s Council on Bioethics, October 2003
Le opinioni qui espresse sono dell’Autore e non rappresentano le opinioni del President’s Council on Bioethics (Consiglio presidenziale sulla bioetica)

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