L’Istituzione “Roma Capitale” al posto del Comune di Roma, la battaglia per evitare una bancarotta finanziaria municipale, un milione di euro distribuiti secondo il principio di sussidiarietà, la nascita di un nuovo piano regolatore sociale. Il sindaco Gianni Alemanno accetta di fare il punto con ilsussidiario.net di nove mesi di governo capitolino.
Partiamo da un manifesto del Pd della passata campagna elettorale: vi erano raffigurati Tremonti, Bossi e Lei. Sotto lo slogan “I nemici di Roma”. Il primo ha portato i soldi, il secondo è il leader della Lega di cui fa parte il ministro Calderoli con cui lei ha trattato. Insomma si è preso una bella rivincita?
Sì. Anche perché quello fu il tema della campagna elettorale del Pd contro di me. Una volta Veltroni disse che sarei stato un sindaco scendiletto del governo. Un errore di prospettiva. Non si rendevano conto che, per prima cosa, il Pdl non è l’asse del Nord e, in secondo luogo, che in Italia le elezioni si vincono o si perdono, se si vince o si perde al Centro e al Sud. In particolare Il Pd non ha fatto i conti con la nostra determinazione ad affrontare i problemi di Roma. Alla fine il patto tra “galli e romani”, come lo ha definito il ministro Calderoli, è legato a un’idea di federalismo che dà più autonomia, più riconoscimento istituzionale al territorio, maggior bilanciamento: temi che altri paesi europei hanno percorso e che da noi invece sono stati abbandonati a favore di un crescente centralismo.
Si è scritto che la legge per Roma Capitale è passata in “versione soft”, alludendo a una visione ammorbidita dei suoi poteri (e si è fatto l’esempio delle funzioni amministrative relative alla tutela dei beni artistici e architettonici). Cosa può dirci al riguardo?
La Costituzione attualmente vigente, vale a dire la riforma del Titolo V, fatta dal centrosinistra, prevede che sia utilizzata una legge statale per dare i poteri alla Capitale, però non indica quali siano i poteri normativi che il nuovo ente dovrebbe avere. In questa ambiguità abbiamo davvero fatto tutto ciò era possibile, e le assicuro che è tantissimo. C’è un nutrito elenco, ampiamente significativo, di poteri che vanno dai trasporti, al turismo, alla pianificazione territoriale. Certo, se avessimo potuto, l’elenco sarebbe stato ancor più lungo. Ma i nuovi poteri previsti dalla legge andavano gestiti anche in base al personale, alle risorse, alle strutture di cui siamo in possesso. Fare di più sarebbe stato in questo momento azzardato. Ma intanto, già così, i tempi di lavoro saranno dimezzati, e non dovremo più fare la spola con la Regione.
Proprio il Presidente della Regione Lazio Marrazzo sostiene che il testo sia incostituzionale…
Il testo della legge è stato esaminato svariate volte e da diversi costituzionalisti. Proprio per evitare problemi abbiamo rinunciato ad alcune materie. Ora, possiamo dire che è davvero un testo a prova di bomba. Al Presidente della Regione Marrazzo, che avanza dubbi di incostituzionalità, noi abbiamo ripetuto, e ripetiamo, che siamo disponibili a confrontarci, a patto che non si sia pregiudizialmente contrari a Roma Capitale.
Molti esponenti politici del Nord hanno parlato di un’ennesima regalia a Roma. Cosa replica?
Guardi che da sempre Roma Capitale ha avuto finanziamenti da parte dello Stato. Solo che erano finanziamenti variabili e incerti. Appunto regalie. A questo va aggiunta una constatazione: quando dieci mesi fa siamo stati eletti, ci siamo trovati davanti un vero e proprio dissesto finanziario, e non per colpa nostra. Dopo lo scandalo dei rifiuti a Napoli, c’era la concreta possibilità di un secondo scandalo: la prima Capitale europea a dover dichiarare bancarotta. Ora invece c’è un piano finanziario compiuto che, a fronte di un ingresso di 500 milioni di euro all’anno, impone una disciplina di bilancio molto seria. Certo, abbiamo dovuto cedere dei cespiti, garanzie dure sul personale, sui costi della macchina amministrativa, sul patrimonio. Ora però c’è la certezza di risorse e, se non si fanno follie, la sicurezza di un buon governo per la città. Risultato ancor più importante visto il drammatico avanzare della crisi economica.
La Lega, però, invita i Sindaci a non rispettare il patto di stabilità…
Ha ragione. Questo patto va rivisto, dato che impedisce ai Comuni di fare investimenti. Per questo appoggio la battaglia della Lega a patto, però, che nessuno usi Roma come alibi.
Uno dei punti più delicati del nuovo federalismo riguarda il Sud e i suoi gap strutturali. Crede che il ddl ne tenga conto in modo adeguato?
Il ministro Fitto che, oltre ad essere il ministro per i Rapporti con le Regioni è anche importante esponente politico del Sud, ha presentato degli emendamenti che sono stati decisivi per rendere accettabile questo disegno di legge sul federalismo. In particolare il fatto che la perequazione sia verticale e non orizzontale.
Cosa vuol dire?
Il fondo di perequazione non è gestito da Regione a Regione con tutti i rischi connessi, ma permane, comunque, una funzione centrale dello Stato per riequilibrare i bilanci. Qual è però la questione centrale? Oggi esiste una sorta di livellamento tra territori competitivi e non. Tutto o quasi viene portato al centro, che ridistribuisce. Con questo Ddl invece c’è una connessione diretta tra quello che viene prodotto nei territori e quello che rimane: cioè i territori avranno un risultato fiscale diretto dalla loro attività. La scommessa è che alla fine la somma non sia zero, ma che i territori competitivi messi in questa situazione producano di più, creino più ricchezza, una cui parte sarà poi ridistribuita. È un po’ lo stesso modello che si può applicare a due famiglie: una sta bene e l’altra no. O proponi un modello statale social-comunista, che decide uno standard minimo e distribuisce le risorse, o metti la prima delle due famiglie in condizione di produrre maggior ricchezza con l’obiettivo che questa maggior ricchezza venga ridistribuita tutta. Il rovescio della medaglia di questo meccanismo è che ci vuole molta attenzione da parte del centro nel verificare chi produce e chi no, chi genera ricchezza e chi sperpera. Quello che non funziona oggi nel regionalismo italiano è che è possibile per amministratori come la Jervolino o Bassolino restare al loro posto nonostante gli errori commessi. Oggi sono ancora lì: l’autonomia si paga con la responsabilità.
Nel quadro di questo federalismo che viene attuato a “costo zero”, pensa che i Comuni avranno bisogno di una tassa autonoma, riconducibile ad un’imposta erariale sul modello della vecchia Ici ?
No. Non si tratta di creare nuove tasse, tanto più che l’Ici è stata l’unica tassa interamente patrimoniale esistita in Italia. Quello a cui si punta è un’altra cosa: il fatto che una percentuale del gettito fiscale, Iva, Irpef, Irap rimanga sul territorio. Vogliamo creare una connessione diretta tra territorio e gettito: crescendo gli investimenti sul territorio aumentano i risultati. Questo tra l’altro ha un effetto positivo nello smantellare quello che io chiamo il capitalismo municipale.
A nove mesi dalla sua elezione (il 28 aprile 2008, ndr), quali passi sono stati presi per applicare il principio di sussidiarietà nell’amministrazione capitolina?
Stiamo lavorando alla riforma del piano regolatore sociale. Uscirà prima dell’estate. Avrà durata triennale e sarà una sorta di cartina tornasole, perché si tratta di cambiare modello; non piccoli interventi-tampone, ma un vero e proprio salto di qualità. Quasi tutti gli assessorati saranno interessati e sarà teso a ridurre la presenza della macchina amministrativa capitolina a favore della società civile e delle imprese. Già adesso, però, abbiamo dato qualche segnale: tutte le iniziative sociali prese sino ad ora in considerazione hanno puntato a privilegiare il tavolo delle associazioni invece di quello comunale. Penso alla distribuzione di buoni spesa per famiglie indigenti (diecimila buoni del valore di cento euro ciascuno, ndr). Lo stesso dicasi del “piano freddo” per i senza casa.
In sintesi, è soddisfatto di questi mesi di Governo?
Sono soddisfatto. Però sono stati nove mesi tutti gestiti in emergenza. Abbiamo preso in mano una macchina che era senza controllo. Sono entrato al Comune e la prima cosa che mi hanno detto è stata che non c’erano i soldi per pagare gli stipendi. E poi le calamità naturali, la sicurezza. Penso che per vedere dei cambiamenti strutturali nell’amministrazione capitolina ci vorrà tempo. Però abbiamo cominciato e qualche segnale è già stato lanciato. Ecco: sono soddisfatto perché abbiamo cominciato.
(Paolo Cremonesi)