Nessuno, alla fine, ha potuto obbligare la Regione Lombardia a fare quello che non riteneva giusto fare. Nonostante questo, la triste capitolazione della vicenda Eluana Englaro rappresenta comunque, secondo il governatore Roberto Formigoni, una «sconfitta per tutti».
Ora Eluana è a Udine, alla clinica “La Quiete”, e lì passerà gli ultimi giorni. La lotta di chi ha fatto tutto quanto in proprio potere per evitare che questa tragedia arrivasse al compimento deve amaramente cedere il passo a una volontà diversa, su cui la sentenza della Corte d’Appello di Milano ha messo il timbro della liceità.
Presidente, qual è stata la sua prima reazione quando ha saputo che Eluana era stata portata a Udine?
Purtroppo la notizia era già nell’aria; nonostante questo, apprenderlo definitivamente ha comunque generato una grande amarezza, e un profondo dolore di fronte a una manifestazione di disumanità tanto grave. Nello stesso tempo, però, gli ultimi fatti non possono non portare anche a un’altra conclusione: la piena consapevolezza, cioè, che la Regione Lombardia ha fatto tutto quello che doveva fare, e che chi ha cercato in ogni modo di opporsi alle nostre decisioni non ha vinto sul versante su cui voleva vincere.
In che senso?
Volevano che noi fossimo complici, addirittura trovando la sede in cui far morire Eluana e operando secondo tutte le indicazioni date dalla sentenza della Corte d’Appello: ma non ce l’hanno fatta. Volevano che il servizio sanitario regionale e nazionale eseguisse la sentenza a morte di Eluana, e – ripeto – non ce l’hanno fatta. Quello che ora sta accadendo, infatti, è un’altra cosa, perché non è a carico del servizio sanitario, né nazionale né regionale.
Quindi, come Regione Lombardia, rivendicate tutto quello che avete fatto, nonostante la sentenza contraria del Tar?
Assolutamente sì. Abbiamo agito in piena correttezza dal punto di vista giuridico, e nessuno ci può rimproverare nulla, perché abbiamo rispettato la legge fino in fondo. E non ci siamo limitati ad agire semplicemente in modo corretto, ma abbiamo fatto di più: abbiamo cioè cercato di fare tutto il possibile per salvare una vita umana.
Sebbene gli ultimi fatti rendano ormai tutto superfluo, farete comunque ricorso al Consiglio di Stato per sostenere le vostre ragioni?
Da questo punto di vista bisogna innanzitutto precisare e confermare una cosa fondamentale, su cui già ci siamo espressi nei giorni scorsi: al momento il Tribunale Amministrativo non ci ha ancora trasmesso nessuna sentenza. Evidentemente, prima di decidere un eventuale ricorso al Consiglio di Stato io voglio avere la possibilità di leggere direttamente la sentenza, e non solo conoscerne i contenuti indirettamente attraverso anticipazioni di stampa. Quando tutto questo sarà possibile, allora leggeremo attentamente e faremo tutte le nostre valutazioni. La possibilità di ricorso è sempre aperta.
Tutta questa vicenda è segnata da un intreccio un po’ confuso di sentenze e di interventi politici: come ne esce secondo lei il rapporto tra magistratura e politica?
In maniera pessima. Come ho avuto modo di ricordare più volte, il potere di fare le leggi non è in mano alla magistratura, ma in mano al popolo, che lo delega al Parlamento. La magistratura ha altri compiti, ma non certo quello di fare le leggi e di sostituirsi al Parlamento. In questa vicenda, invece, è stato evidente che la magistratura ha voluto imporre qualche cosa che le leggi non contemplano. Per questo dico che il rapporto tra magistratura e politica esce ulteriormente compromesso, e il tutto è avvenuto a causa del comportamento delle diverse magistrature.
Ora però il potere legislativo ha deciso di prendere posizione in materia di testamento biologico: che cosa si aspetta dal dibattito su questo tema?
Qualunque cosa ci si debba aspettare, un dato è però chiaro fin da subito: nessuna delle proposte di legge, nemmeno se fosse approvata la più estrema, avrebbe permesso che venisse fatto ciò che ora sta per essere fatto a Eluana. Il trattamento che le viene inflitto, infatti, va al di là anche della più “aperturista” delle proposte di legge presentate in Parlamento. Questo è un punto di partenza sicuro, e dice chiaramente dell’aberrazione di ciò che viene compiuto su Eluana e contro Eluana.
Oltre a questo aspetto, qual è il suo giudizio sul disegno di legge presentato dal centrodestra?
Il ddl del centrodestra presenta certamente vari aspetti positivi. Ma a me preme comunque sottolineare un altro punto: il Parlamento può decidere di legiferare su questo, come sembra deciso a fare e come è suo pieno diritto; ma potrebbe benissimo anche decidere di non legiferare. Ci sono alcune materie che non devono essere necessariamente sottoposte alla legislazione, ma che possono essere lasciate alla valutazione del medico. Si è tanto parlato, a proposito del caso Englaro, di vuoto legislativo: ma non è assolutamente detto che, laddove manchi una legge, ci sia un vuoto. Detto questo, l’orientamento del Parlamento è ora quello di legiferare; l’importante è che si arrivi a una legge chiara, che garantisca quelle che sono le prerogative e le responsabilità del medico, e che prenda decisioni a favore della vita, e della volontà vera e accertata delle persone.
Un caso come quello di Eluana lascerà certamente un segno, e porterà con sé delle conseguenze: che cosa cambierà nella nostra società e nella nostra cultura, e a quali responsabilità nuove sarà chiamata la politica di fronte a questi cambiamenti?
Indubbiamente quanto sta accadendo ci dice che è in atto una grave deriva eutanasica; se non ci opponiamo, questa tendenza prenderà piede in maniera molto forte. I fatti di queste settimane, e soprattutto di questi ultimi giorni, sono dunque un chiaro campanello d’allarme: chiunque ritiene che l’eutanasia sia una sconfitta e un venir meno della solidarietà e della compassione che si deve alle persone deve intervenire e reagire. Se ciò non avvenisse, le porte verso ogni forma aberrante di eutanasia sarebbero aperte. Il compito della politica – e non solo della politica, ma anche della società, della cultura, delle menti libere che hanno a cuore le sorti dell’uomo – è quello di reagire a questa deriva negativa, che altrimenti si imporrebbe senza resistenza alcuna.