Persino una persona sensata come Angela Merkel è stata trascinata nell’uragano e ha ceduto alla pressione dell’ambiente. La cancelliera tedesca ha chiesto al Papa chiarimenti sulla posizione del Vaticano sull’Olocausto. Dovremmo forse raccomandarle qualche otorino di Berlino e un ricostituente per la memoria, dato che Benedetto XVI ha ripetuto fino alla noia la condanna senza appello dell’orrore della Shoah, l’ultima volta appena sette giorni dopo lo scoppio del caso Williamson. Lo riproponiamo alla Merkel: «Mentre rinnovo con affetto l’espressione della mia piena e indiscutibile solidarietà con i nostri Fratelli destinatari della Prima Alleanza, auspico che […] la Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti».
Tuttavia è vero che la pesante operazione di disinformazione in corso richiede uno sforzo esplicativo. Il vescovo Williamson, uno dei quattro ordinati da Mons. Lefebvre nel 1988, aveva fatto nel novembre dello scorso anno una dichiarazione alla televisione svedese in cui minimizzava le dimensioni dell’Olocausto. Una dichiarazione deplorevole da un punto di vista morale e storico, che tuttavia allora non produsse nessuno scandalo. Ma quando lo scorso 24 gennaio è diventato pubblico il gesto di misericordia del Papa che ha tolto la scomunica che pesava sui quattro Vescovi della Fraternità San Pio X, qualcuno ha messo nel circuito televisivo l’infelice intervista di Williamson e la miccia è stata accesa a velocità supersonica. Secondo alcuni, il Papa avrebbe riabilitato un “negazionista”, così che il Vaticano avrebbe messo in dubbio la gravità del genocidio degli ebrei durante il nazismo.
In primo luogo va detto che non c’è stata alcuna riabilitazione. Il Papa, vedendo il dolore espresso dai Vescovi tradizionalisti e tenendo conto dei passi fatti nel dialogo con loro, ha deciso di togliere la pena canonica della scomunica per far sì che il cammino verso l’unità avanzi. È un gesto di paterna misericordia legato al ministero dell’unità che è sostanziale al ministero di Pietro. Per questo i Vescovi restano sospesi, non sono in piena comunione con la Chiesa e solamente Dio sa quando torneranno ad esserlo.
Tra le altre cose, essi devono esprimere la loro piena accettazione del Magistero, che include le disposizione del Concilio Vaticano II, come ha sottolineato Benedetto XVI durante l’Udienza Generale. Dall’altra parte, la Fraternità San Pio X, per bocca del suo superiore, Bernard Fellay, ha respinto le affermazioni di Williamson e ha chiarito che cristiani ed ebrei condividono il patrimonio dell’Antico Testamento e che qualsiasi forma di antisemitismo è assolutamente condannabile. Infine, lo stesso Williamson ha inviato una lettera in cui chiede perdono per le sue errate opinioni.
Non vogliamo qui entrare nel merito dei possibili errori nella gestione della crisi mediatica. È chiaro che il Vaticano non è il Pentagono, dove anche si sbaglia. Ma si potrebbe chiedere al personale della Curia e ad altri importanti prelati europei un po’ di freno verbale per non darsi vicendevolmente mazzate sulla testa e, cosa più importante, di non lasciare il Papa da solo ad affrontare le intemperie. Per far questo abbiamo già la triste serie dei Küng e dei Boff, sempre pronti a distruggere la Chiesa che non si piega alle loro pretese.
Risulta di una malizia perversa, o di un’ignoranza da cui conviene star alla larga, proporre l’immagine di un Benedetto XVI tollerante con l’antisemitismo o con il cossiddetto “negazionismo”. Quando Papa Ratzinger è uscito per la prima volta da Roma per la Giornata Mondiale della Gioventù, volle esser presente alla Sinagoga di Colonia per rendere omaggio alle vittime della Shoah. Non era obbligato a farlo, data la natura del viaggio, ma voleva inviare un messaggio su uno dei fondamenti del suo pontificato, cioè la relazione intrinseca che per un misterioso disegno di Dio lega ebrei e cristiani fino alla fine dei tempi: «Tenendo conto della radice ebraica del cristianesimo, […] chi incontra Gesù Cristo incontra l’ebraismo».
Dopo come Papa volle visitare il campo di Auschwitz, che già aveva visitato in numerose occasioni fin dalla sua gioventù. Lì pronunciò il discorso più impressionante che un cristiano abbia mai fatto sullo sterminio degli ebrei durante il nazismo: «In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? È in questo atteggiamento di silenzio che ci inchiniamo profondamente nel nostro intimo davanti alla innumerevole schiera di coloro che qui hanno sofferto e sono stati messi a morte; questo silenzio, tuttavia, diventa poi domanda ad alta voce di perdono e di riconciliazione, un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa».
E tutto questo dovrebbe saperlo già la Signora Merkel. Ma benché lo sappia, ha ceduto alla pressione e ha voluto fare quella che gli italiani chiamano “una bella figura”. Vuole chiarimenti? Beh, li ha già in mano.