Dopo le ripetute sconfitte dei loro candidati alle elezioni presidenziali, i leader del Partito Democratico hanno dovuto riconoscere che una delle ragioni era la incapacità di collegarsi alla religiosità del popolo americano. Per il normale elettore americano, i candidati democratici alla presidenza sembravano a disagio nel parlare della propria personale fede religiosa. Per questo motivo, da candidato Barack Obama ha cercato di mostrare agli elettori la centralità della sua fede religiosa nella sua concezione della vita. Da presidente, Obama ha continuato a parlare spesso della sua fede cristiana.



Come per molti afroamericani, le sue convinzioni religiose derivano dalla tradizione della Chiesa battista del sud. La sua base politica, però, non era nel sud ma a Chicago, per cui Obama entrò in una comunità religiosa guidata dal Pastore Jeremiah Wright, che seguiva la tradizione della “liberazione nera”, popolare tra le comunità urbane afroamericane. Estranei ai toni e allo spirito della teologia della liberazione dei neri, molti americani si scandalizzarono per quella che sembrava una rivoluzionaria retorica antiamericana del Pastore Wright e, alla fine, Obama fu costretto a staccarsi pubblicamente dalle posizioni di Wright e a rompere con la sua comunità.



Da presidente, in attesa di trovare una Chiesa che rifletta il suo modo di affrontare la religione e che risponda alle esigenze della sua nuova posizione, Obama si è circondato di cinque leader evangelici senza particolari affiliazioni politiche, con i quali parla e prega regolarmente (soprattutto per telefono).

Questi pastori sono uomini: due sono bianchi e tre neri. Due di loro sono stati occasionalmente consiglieri di George W. Bush e le loro posizioni vengono definite dottrinalmente conservatrici (contrarie all’aborto e al matrimonio omosessuale), ma progressiste per quanto riguarda la giustizia sociale. Uno è un veterano della lotta per i diritti civili e seguace della eredità di Martin Luther King Jr. In linea generale, questi consiglieri promuovono il tradizionale “vangelo della azione sociale” basato sulla fede, senza identificarsi con un determinato programma politico o partito.



È opinione diffusa che la fede sia veramente importante per il presidente Obama e che non si tratti semplicemente di un atteggiamento politico. Si dice che egli abbia realmente un bisogno personale di passare del tempo a parlare e pregare con questi consiglieri. Forse in loro vede il modo perché la sua fede lo possa aiutare a superare lo scontro tra la destra religiosa e la sinistra. In effetti, un numero crescente di leader evangelici prevede la fine del movimento evangelico conservatore a causa della sua quasi totale identificazione con le posizioni del conservatorismo politico (uno dei consiglieri di Obama è stato licenziato dalla sua parrocchia per aver sostenuto gli sforzi per fronteggiare il riscaldamento globale).

Da questo quadro manca la Chiesa cattolica. Obama è circondato da cattolici nell’Amministrazione e nel Congresso, incluso il vicepresidente, che sono però incapaci di aiutarlo a comprendere le posizioni cattoliche sulla fede e la politica, dato che rifiutano l’insegnamento della Chiesa sull’aborto, l’omosessualità e in materia di bioetica. Come risultato, Obama ignora del tutto il ruolo cruciale che la ragione gioca nella visione cattolica. Proprio per questa ragione, gli sforzi del presidente di superare la guerra tra sinistra e destra religiosa non possono avere successo, non essendo in grado di sfuggire allo scontro tra fideismo e razionalismo.