Il Pdl è un partito «più forte non solo in termini percentuali», visto che «alla prova dei fatti» è «maggiormente in grado di esprimere i valori comuni della popolazione italiana, tra i quali quelli cattolici costituiscono una parte non secondaria». Con queste parole pochi giorni fa l’organo di stampa del Vaticano ha fatto il punto sulla situazione del partito nascente del centrodestra. Un’analisi obiettiva, non certo una benedizione papale rivolta a chicchessia; ma comunque un’analisi che ha fatto discutere, e che ha suscitato l’attenzione di molti analisti politici.
Marco Bellizi, notista politico dell’Osservatore romano e autore dell’articolo in questione, commenta con Ilsussidiario.net le motivazioni che hanno portato a questo articolo e le reazioni che ha generato.
Cosa pensa delle reazioni di chi ha parlato di una “benedizione” vaticana al Popolo della libertà?
Dico che quello che abbiamo scritto lo abbiamo fatto solo per dovere di cronaca, e senza altri motivi. Lo stesso motivo per cui, a suo tempo, abbiamo seguito la nascita del Partito democratico. Si tratta di un’analisi dei fatti che accadono, secondo quello spirito che caratterizza la nostra testata. L’Osservatore romano segue con attenzione tutte le vicende politiche, nazionali e soprattutto internazionali. La stessa impostazione è stata rispettata anche questa volta.
Eppure è innegabile che quando si leggono espressioni come «partito forte» si tenda a leggervi quanto meno un giudizio positivo.
Bisogna cercare di capire attentamente qual è lo spirito con cui l’articolo è stato scritto, che è ben diverso dalle interpretazioni che i giornali e le agenzie di stampa hanno voluto dare. Parlare di «partito forte» mi pare che non sia altro che una presa d’atto di una situazione innegabile: il Popolo della Libertà nasce forte avendo la maggioranza dei voti degli elettori italiani. Una cosa che riconoscono con molta serenità anche i dirigenti del Partito democratico, e che quindi non credo debba scandalizzare nessuno.
Si dice anche che il Pdl sarebbe «maggiormente in grado di esprimere i valori comuni della popolazione italiana, tra i quali quelli cattolici costituiscono una parte non secondaria»: qual è il contenuto culturale di questo giudizio?
L’aspetto della valutazione culturale della nascita del nuovo partito rimane un problema aperto: non c’è una cristallizzazione delle posizioni, e prova ne è il fatto che l’analisi da noi pubblicata si concludeva ponendo un interrogativo in merito a come il partito riuscirà a conciliare le diverse sensibilità politiche e culturali. Quello che invece è certo – e questo non lo dice l’Osservatore romano o la Santa Sede, ma lo certificano i sondaggisti e gli analisti dei flussi elettorali – è che oggettivamente il Pdl ha intercettato in misura maggiore il voto cattolico rispetto a quanto facciano altre formazioni politiche. Questo è un altro dato del tutto innegabile. Capisco che una constatazione del genere fatta dall’Osservatore romano possa assumere un significato diverso da quello di qualunque altro analista su qualunque altro organo di stampa. Però rimane il fatto che non si tratta di altro che di un dato oggettivo.
Perché i cattolici sono stati convinti dal Pdl e hanno deciso di dare per lo più la propria preferenza a questo partito?
Da una parte c’è il peso di una certa tradizione politica che incide sulle dinamiche del voto in Italia; ma è altrettanto evidente che quando si è trattato di prendere decisioni concrete in termini di attività parlamentare in merito a determinate tematiche che – non dimentichiamolo – la Chiesa ritiene non negoziabili, questo partito ha indubbiamente espresso una posizione chiara. Questo è al momento un dato importante; non so se determinante, anche per il futuro, ma ora è importante.
La rivista dei gesuiti, Civiltà cattolica, ha invece espresso un giudizio critico, parlando di “fusione fredda” tra An e Forza Italia: cosa ne pensa?
Civiltà cattolica pone l’accento su un aspetto di cui bisogna tenere conto, cioè il fatto che si debba vedere come queste diverse sensibilità verranno conciliate all’interno del nuovo partito. Un problema che riguarda in modo speculare sia il Pdl che il Pd. Se questa sia o meno una “fusione fredda”, come detto prima, è una cosa che deve essere sottoposta alla prova dei fatti. Le matrici dei due partiti confluiti nel Pdl sono diverse, e quindi la nuova formazione si deve porre il problema di trovare una sintesi e una identità che deve evolvere; ma non è una cosa che possiamo giudicare adesso.
Sul fronte del rapporto fra politica e temi etici si è ora aperto un nuovo fronte, in seguito al giudizio della Corte Costituzionale sulla legge 40: che conseguenza avrà questo fatto?
Anzitutto per capire la vicenda nella sua interezza dobbiamo aspettare le motivazioni, perché troppo spesso si dà alle decisioni della Consulta una valutazione che poi esula dalla realtà. La Corte Cosituzionale verifica la corrispondenza o meno di determinate disposizioni con la Costituzione: questo significa che ora chi ne ha la responsabilità dovrà provvedere ad armonizzare le norme al dettato costituzionale, ma al tempo stesso questo dovrà essere fatto tenendo conto dell’impostazione voluta dal governo in carica. Quel che per ora pare di capire è che la sentenza della Consulta riguardi innanzitutto aspetti di carattere formale.
Ritiene che l’evoluzione verso il bipartitismo possa creare nuovi problemi di rappresentanza per i cattolici?
Non credo che possa creare ulteriori problemi. I cattolici restano liberi di fare le loro scelte, sempre tenendo conto delle indicazioni date dal magistero della Chiesa o dalla Conferenza episcopale italiana, sempre orientate innanzitutto al perseguimento del bene comune. Che poi questo avvenga attraverso due partiti o più non importa, e non ha ripercussioni particolari. Le indicazioni della Cei, anche di fronte a episodi come quello della decisione della Corte costituzionale, rimangono ancor più valide; al di là della sentenza, infatti, i cattolici sanno bene qual è il magistero della Chiesa in merito alla difesa della vita in tutte le sue fasi.
(Rossano Salini)