Cominciamo dalla coerenza, professore: se uno sostiene come Berlusconi il Family Day, dal punto di vista cristiano non dovrebbe vivere di conseguenza?

«Vede, io credo molto nel peccato originale e me lo sento addosso. E questo riguarda tutti: chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Si figuri se mi metto a giudicare come fossi un Torquemada il comportamento morale degli altri». Giorgio Vittadini, fondatore della Compagnia delle Opere ed oggi presidente della Fondazione per la sussidiarietà, non si scompone: «Ci sono altri ordini di giudizio, e per fortuna un cristiano lo sa».



Il Pdl e il governo, però, si accreditano come difensori dei valori cattolici. Una parte consistente del mondo cattolico li ha sostenuti. Secondo lei, professore, le polemiche sul caso Noemi e i comportamenti privati del premier cambiano qualcosa nel giudizio sul governo?

«Non possiamo fare una questione politica di fatti specifici, dallo svolgimento dubbio, costruiti attraverso inchieste giornalistiche, quasi si volesse dare loro un valore giudiziario. I fatti da appurare sarebbero infiniti e si ricreerebbe quel tipo di sospetto generalizzato di cui abbiamo sofferto nel dopo Tangentopoli».



Ma la questione morale?

«La questione morale è una tensione al vero, non soltanto una coerenza. In questo senso ricordo che nell’87, ad Assago, Don Giussani spiegò che la questione morale generale nasce dall’appiattimento del desiderio dei giovani e nel cinismo degli adulti. Astenia e mancanza di desiderio: questa è la questione che genera tutte le questioni morali. Hanno ragione i vescovi a porla all’interno dell’emergenza educativa. Se vogliamo parlare di moralità della politica partiamo da qui, dall’emergenza educativa, sennò ci prendiamo in giro».

Va bene, ma qui c’è un caso specifico…



«I vescovi hanno detto che oggi come ieri, in Italia, di questioni morali ce ne sono tante, ed è giusto tenerle vive tutte. Hanno aggiunto “Ognuno ha la propria coscienza, la propria capacità di giudizio”. Sono d’accordo E aggiungo che la esprimerà nelle prossime elezioni, se vuole».

In che senso?

«Nel senso che la prossima volta farà quello che vuole. Ma adesso c’è un governo in azione che deve rispondere dei suoi atti, abbiamo problemi gravi da affrontare. E chi ha votato, cattolico o no, ha il diritto di avere un governo che governi, senza altre interferenze».

Berlusconi rischia di essere danneggiato nell’elettorato cattolico?

«Don Giussani affrontò il tema dei cristiani e del governo in un’intervista del ’96: spiegava che l’essenziale è la devozione sincera al bene comune e la competenza reale adeguata. Su questo giudica un cristiano. Io valuto un governo sul fatto che tuteli la dignità della persona, favorisca la sussidiarietà come welfare partecipato dalla gente, sviluppi la libertà di educazione e così via. Se è così, bene. Dopodiché risponderà del suo comportamento davanti a Dio, se ci crede».

Il professor Paolo Prodi diceva: Berlusconi difensore dei valori cattolici? Ci vorrebbe un po’ di pudore…

«Vede, io sono per una visione laica della politica. Non mi pongo il problema Berlusconi e valori cattolici. Mi chiedo: che cosa ha fatto di positivo? E penso tra l’altro al libro bianco, alla politica estera, alla gestione delle emergenze come in Abruzzo, alla tutela della vita. Punto. In questa faccenda ho l’impressione che si voglia riesumare una sorta di clericalismo dal punto di vista degli anticlericali».

(Gian Guido Vecchi) 

(Il Corriere della Sera, 28 maggio 2009)