Europa per che cosa? Nel passato ci furono risposte precise e queste crearono la configurazione europea. Nel 1993 fu data una risposta che non funzionò. Ora non c’è risposta. Bisogna trovarne una nuova. 

Negli anni ’50 e ’60 la risposta fu: per evitare guerre intraeuropee e per consolidare il fronte antisovietico. Negli anni ’70 ed ’80 la risposta fu altrettanto chiara: per fare business. Il mercato integrato si prospettava come un moltiplicatore di ricchezza. Inoltre il metodo funzionalista di costruzione della Comunità europea tranquillizzava le nazioni: integrare ciò che era utile per tutti rimandando ciò che ancora non lo era. Nell’ambito di una profezia condivisa che nel futuro l’unione sarebbe stata completa. Questo mix tra pragmatismo intelligente e visione costruente rese gestibile il problema della cessione di sovranità. Ogni nazione ne conferiva un pezzettino ad un agente sovranazionale nei settori e nei tempi che non ponevano in conflitto interesse nazionale e di sovrasistema.



Il modello funzionò. Ma alla fine degli anni ’80 il crollo del muro di Berlino cambiò lo scenario. La Francia temette che dopo la riunificazione la Germania diventasse il potere singolo europeo relegandola al secondo posto. Nel 1989 Mitterand, due mesi prima dell’implosione della Ddr, andò a Berlino per sostenerne il regime filosovietico e segnalare a Bonn che la Francia non avrebbe permesso il riemergere della potenza tedesca senza agire. Il Trattato di Maastricht fu condizionato da questo problema. La concezione francese dell’Europa, elaborata da De Gaulle nel 1963, non era “europeista”, ma nazionalista. La priorità della Francia era quella di contenere il dominio del mondo anglofono, ma essendo troppo piccola aveva bisogno di portarsi dietro gli altri europei per fare massa.



Per Parigi l’Europa è stata – ed è – un moltiplicatore della potenza nazionale e nulla più. Non potendo diventare potenza singola costrinse la Germania a formare una diarchia per il comando congiunto dell’Europa, cosmetizzandola come Unione europea. La moneta unica nacque per togliere il marco alla Germania e per allineare gli altri europei. Non fu pensata in termini di sostenibilità economica. In sintesi, la risposta alla domanda “Europa per che cosa?” nei primi anni ’90 fu: per fare un impero diarchico franco-tedesco che fosse un moltiplicatore di potenza per ambedue le nazioni principali. Ma non funzionò. L’idea di europeizzare la Germania, per toglierle il marco, comportò la germanizzazione monetaria dell’Europa, insostenibile per i più. La volontà di potenza nazionale travestita da europeismo impedì la formazione di un governo integrato europeo almeno per le cose essenziali. La Germania rinazionalizzò presto i propri interessi e sempre di più lo sta facendo e lo farà.



In sintesi, la costruzione dell’edificio europeo tentando di fare il tetto prima dei muri, con la peregrina idea che questi sarebbero stati una conseguenza automatica del primo, fallì. Fallì, in particolare, la diarchia franco-tedesca. Per questo oggi l’Unione europea come pensata a Maastricht non esiste più. Ora bisogna avere il coraggio di dichiararne l’esaurimento e rifarsi la domanda: Europa per che cosa? Ci sarà una nuova risposta condivisibile da tutti? La buona notizia è che è stata costruita tanta Europa tra il 1957 ed il 1989 da evitarne la dissoluzione completa dopo il fallimento di Maastricht. Qui c’è una base solida. Dall’euro, pur fatto male, non possiamo tornare indietro. Quindi ogni nuova risposta dovrà tener conto di questo pesantissimo vincolo.

Ma perché mai, in sostanza, noi europei dovremmo stare più insieme domani? Non c’è più un forte motivo interno. Ma ce ne è uno nuovo, fortissimo, esterno. L’America ha un potere cedente e si sta ritirando dal mondo. È ricattata dalla Cina emergente ed insieme ad essa forma un sistema economico binario, G2, che è il centro geoeconomico del pianeta. In questa tendenza l’occidente non potrà difendere il proprio modello di capitalismo sociale e democratico contro quello emergente di capitalismo autoritario e sregolato. Ciò mette a rischio la nostra ricchezza. Quindi è di utilità evidente per tutti pensare ad un’Europa che si riorganizzi in modo più integrato per diventare un attore mondiale e un pilastro del sistema occidentale. Fare sistema con l’America, incentivare la Russia a farne parte.

Vedremo. Qui è importante dare il segnale che il pensiero politico europeo deve ripartire individuando una missione verso l’esterno che poi avrà la conseguenza di riconfigurare l’ordine interno.