Facile da interpretare come vittoria, più difficile capire come e perché il Pdl non ha “sfondato”, raggiungendo l’obiettivo dichiarato alla vigilia del 40 per cento dei consensi. Ha pesato l’astensionismo, certo. Ma anche l’azione di governo, e le vicende personali del premier, qualche voto hanno spostato. Convincendo qualcuno a restarsene a casa e anche l’astensione, dice Antonio Polito, è un fattore politico. Eccome. L’opinione sul voto del direttore del Riformista.



Polito, chi ha vinto le elezioni europee?

Lega e Italia dei valori sono i veri vincitori di questa tornata elettorale. Hanno certamente tolto voti agli alleati dei rispettivi schieramenti, la Lega al Popolo della libertà e l’Italia dei valori al Partito democratico. Ora Lega e Idv dispongono di una “golden share” nei rispettivi schieramenti più forte di prima, e potranno più facilmente condizionare Berlusconi e Franceschini. Un dato mi pare certo: se Franceschini un giorno intende ricostruire un fronte capace di vincere, non potrà più fare a meno di Di Pietro.



Come giudica invece i risultati del pdl? La formazione di Berlusconi aveva detto di aspirare al 40 per cento…

Quando uno prende più delle ultime elezioni ha vinto, viceversa ha perso. E a mio avviso la pietra di paragone non può che essere quella delle ultime elezioni politiche: ecco perché il Pdl, pur avendo prevalso sul Pd, deve ritenersi sconfitto. Ha perso due punti e mezzo percentuali e, in termini assoluti, 2 milioni e 800mila voti. Poi giustamente il Pdl chiama in causa l’astensione come fattore di decremento della percentuale, ma se c’è gente che non va a votare è anche questo un fatto politico. Con due milioni e 800mila voti in meno delle politiche, a me sembra una sconfitta.



Quanto ha pesato politicamente l’astensione?

Ha avuto un peso politico notevole in posti come la Sicilia e in parte anche nel resto del Sud, dove il Pdl avrebbe dovuto prendere più voti. L’astensione, ripeto, nominalmente è un voto non dato, ma di fatto è un voto perso perché non ha a che fare con voti virtuali ma determina il numero dei voti reali.

Quanto hanno influenzato il voto, secondo lei, fattori estranei alla politica come le vicende personali del premier?

Devo dire la verità: non credo molto a questa interpretazione. C’è stato senz’altro un po’ di disamore dell’elettorato più tradizionale di Berlusconi, quello più passivo e quindi più difficile da portare alle urne… d’altra parte è proprio questo elettorato ad essere sempre stato la chiave dei successi di Berlusconi, e il fatto che stavolta il premier non sia riuscito a farlo votare, mi pare significativo. Bisogna anche dire che il partito che più ha fatto campagna sulle vicende personali di Berlusconi non è stato premiato in modo così massiccio.

Appunto, il Pd. Qual è la sua valutazione?

Ha perso. E potremmo anche supporre che su una platea più vasta di elettori, quel 26% sarebbe ulteriormente ridotto. Il Pd può anche aver limitato i danni, come si dice, ma con la semplice limitazione dei danni non si fa politica. Guardiamo le amministrative, perché è lì poi che si valuta il risultato del Pd nel suo complesso. Mi pare che abbia perso alcune province rilevanti, soprattutto al nord.

Nel Pdl ci si sta chiedendo dove sia finito o a chi sia andato il voto cattolico. Secondo lei è una domanda giustificata?

Direi di sì. Intanto abbiamo assistito ad un’evidente, aperta polemica della Chiesa cattolica sulle politiche dell’immigrazione adottate dal governo. E poi il tono della campagna elettorale, giocato su aspetti insolitamente triviali. Non credo che sia piaciuto molto a quell’elettorato cattolico più accorto e tradizionale. C’è naturalmente un elettorato cattolico più disincantato, o anche “distratto”, sul quale quel fattore mondano può non aver influito, ma quella componente di cattolici non è l’unica. E può senz’altro aver influito sull’astensione.