«Non sono affatto contro le primarie: voglio riformarle». Il candidato alla segreteria del Partito democratico Pier Luigi Bersani, in un’intervista al quotidiano l’Unità, delinea il partito che auspica. Un «partito di aderenti ben radicato», in cui le primarie siano «non una chiamata occasionale, ma una formidabile opportunità per allargare gli iscritti». A chi lo accusa di temere le primarie, Bersani risponde: «Stupidaggini. È la teoria secondo cui i nostri aderenti non sono “la gente”, ma vengono da Marte. Istintivamente mi sento più favorito alle primarie». Favorito perché «sono gli elettori ‘esterni’ che ci chiedono di darci un profilo più solido, prendere posizioni nette» e non «un partito liquido».



Affinchè il Pd non si riduca a “notaio” delle primarie, Bersani anticipa che in caso di elezione a segretario introdurrebbe un meccanismo «che affida la decisione se farle o meno agli iscritti». Inoltre l’ex ministro propone primarie di coalizione per le amministrazioni locali. E, contro i cosiddetti “signori delle tessere”, un sistema congressuale in cui ogni territorio pesi «anche per i voti che il Pd prende là, non solo per il numero degli iscritti».



Ancora, sui temi etici, Bersani si dice per «una laicità forte» e per un partito in cui «si deve discutere, ma poi si vota e la posizione del Pd è quella». «Lo statuto – aggiunge – deve stabilire quali sono i casi, circoscritti, in cui ci si può appellare alla coscienza. Neanche nella Dc c’erano tanti casi di coscienza…». E alla domanda se intraveda rischi di scissione in una frangia cattolica nel caso di una sua vittoria, Bersani risponde: «Non ne vedo».

Quanto infine al rapporto con le opposizioni, il responsabile Economia del Pd dice che contro la «torsione» in atto della democrazia «in senso populista» bisogna «organizzare il campo delle opposizioni» sul tema di una riforma istituzionale ed elettorale «che isoli il berlusconismo», ma anche sui temi economici e sociali, «altrimenti saremo minoritari».