In omaggio a Obama e al suo figurone nel recente G8 aquilano, si potrebbe dire “Yes, we can!”. Da oggi l’Italia può tornare al nucleare. Senza dubbio l’attesa è stata più lunga del previsto, ma ora abbiamo una legge sul nucleare. Per lo meno, un primo passo verso una legislazione ed una normativa che si auspicano realmente organiche e semplificate. E soprattutto stabili. Certamente un passo fondamentale e di enorme rilevanza, politica e sociale.
Politica, perché è ragionevole pensare (almeno, ci piace pensare così) che il Ministero competente e il Governo abbiano voluto condividere questo passaggio critico con l’opposizione, almeno la parte più riformatrice di essa (nonostante l’uscita dall’aula al momento del voto). Da qui, molto probabilmente, il ritardo rispetto ai tempi da marcia forzata ipotizzati all’inizio. E senza un solido approccio bipartisan, tutto da consolidare nel prossimo futuro, il nucleare non ha futuro. Questo è anche il segnale decisivo che il mondo industriale e finanziario attendevano per iniziare a considerare seriamente un proclama dichiarato sin dall’inizio dell’ultima campagna elettorale nazionale. Sarà comunque un bel terreno di verifica anche per la (nuova?) opposizione e la sua reale volontà di partecipare e incidere proattivamente nelle riforme “impegnative” che il Paese attende.
Sociale, perché la ripresa di questa tecnologia e dei relativi investimenti potranno rappresentare una formidabile opportunità di sviluppo economico, industriale e di know-how per un buon numero di aziende manifatturiere, di costruzioni, di servizi e di ingegneria implicabili nel nucleare. Ve n’è un cenno nell’articolato di legge, vedremo il dettaglio. Il passo impegna anche Governo e Parlamento in un serio approccio di apertura e condivisione di strategia energetica e informazioni con i cittadini, all’interno di quel percorso di consensus building che dovrà vedere il contributo di tutti i portatori di interessi.
Non è ancora, però, un passo decisivo dal punto di vista tecnico. Questo sarà fatto nei prossimi sei mesi, quelli sì decisivi, che attendono il Ministero dello Sviluppo Economico a un gran lavoro per la stesura dei decreti attuativi, che identificheranno la vera struttura operativa di queste decisioni politiche. Ma qualcosa si è già attivato nei mesi passati.
Tra i punti cruciali sul tavolo di Scajola e del Governo:
La configurazione dell’Autorità per la Sicurezza Nucleare, con la sua composizione, le capacità e competenze delle quali dovrà dotarsi, le sue prerogative operative; anche se, dalla legge e dai rumors, già si prospetta una struttura ad “autorevolezza limitata”, sia nel personale e nelle sue competenze più allenate e più giovani, sia nelle azioni di verifica, poiché nella sostanza saranno accettati quei reattori già licenziati in analoghe strutture di Paesi OCSE o coi quali l’Italia stipulerà accordi bilaterali di collaborazione; bene per un riavvio accelerato, non bene se non sarà sfruttato per uno sviluppo di lungo periodo;
La riconfigurazione di SOGIN e i suoi obiettivi industriali, che possano fungere da volano per il riavvio di attività industriali nucleari per le aziende italiane (verosimile intravvedere nell’articolato un matrimonio con Ansaldo Nucleare-Finmeccanica di una parte di SOGIN) e al contempo possano dimostrare la capacità di affrontare il tema dello smantellamento in sicurezza dell’eredità del passato;
La nuova struttura e mission per l’ENEA, con la corrispondente identificazione di una politica della ricerca e sviluppo in tema nucleare, possibilmente chiara, decisa e in stretta sinergia con università e imprese;
I criteri e anche la gestione strategica e di mercato dei siti (di quelli già nucleari, alcuni sono tra i “beni alienabili” di SOGIN: verranno messi all’asta? tra tutti i possibili acquirenti o con l’esclusione di eventuali player dominanti”? con una strategia distributiva come avviene nel Regno Unito?);
La discussione con le Regioni per l’identificazione e la messa a disposizione dei siti sia per le centrali, sia per il sito di stoccaggio dei rifiuti a bassa e media radioattività, passaggio decisivo per dimostrare la reale decisione e serietà dell’iniziativa (la soluzione dei rifiuti campani è di buon auspicio in tal senso, è un ottimo biglietto da visita).
Si tratta indubbiamente di un lavoro arduo, che terrà impegnati Ministero dello Sviluppo Economico ed esperti per tutti i sei mesi che separano il voto al Senato dall’emissione dei decreti attuativi. Dovranno essere decreti di grande qualità e coordinamento tra i vari e complessi aspetti del sistema nucleare, tesi ad evitare che il sistema stesso si inceppi, requisito cruciale richiesto dagli investitori e dagli operatori. Si dovranno garantire concorrenza e apertura anche nel nuova sezione nucleare di un mercato elettrico liberalizzato. E possibilmente il massimo vantaggio in termini di riduzione dei prezzi per cittadini e imprese.
Senza tralasciare l’aspetto cruciale della formazione di nuove leve di tecnici, adeguate in qualità e numero.
Da ultimo aleggia come spettro il leit-motiv tremontiano “senza oneri aggiuntivi per le finanze dello Stato (né minori entrate…)”, che toglie molta dell’enfasi e della baldanza (oltre che i 100 milioni annui, previsti nella penultima versione del decreto) agli entusiasti del new deal atomico e forse anche agli addetti ai lavori. Ma sappiamo tutti che non si può fare altrimenti (tutto sommato il nucleare mica è pari all’editoria nostrana, che diamine!, che invece merita un bonus di 140 milioni di euro in due anni).
Pero ora è così. Speriamo solo per ora.