La settimana politica italiana sta vivendo una fase concitata. Se l’invito del Presidente della Repubblica Napolitano a un clima costruttivo tra maggioranza e opposizione sembra essere caduto nel vuoto, c’è da dire che i due schieramenti devono affrontare alcuni problemi. Il Premier Berlusconi infatti, nonostante il successo del G8, è ancora il bersaglio preferito dei giornali stranieri, mentre per il Pd, già alle prese con la sfida per il congresso di ottobre, si è aperta la questione Beppe Grillo. Per cercare di analizzare meglio la situazione abbiamo interpellato Stefano Folli, editorialista de Il Sole 24 Ore.
Dottor Folli, il recente invito del Presidente della Repubblica Napolitano a un clima costruttivo tra maggioranza e opposizione sembra ancora una volta caduto nel vuoto. Come si spiega questa difficoltà delle forze politiche italiane? C’è forse una strategia ben precisa nel ricercare lo scontro?
Non credo, penso che le ragioni siano altre. Innanzitutto non c’è l’abitudine al confronto parlamentare chiaro. C’è poi una difficoltà all’interno della maggioranza, dove le due principali forze (Pdl e Lega) si marcano a vicenda per evitare che una di loro apra al dialogo con l’opposizione traendone un qualche vantaggio esclusivo. Dall’altra parte c’è un centrosinistra molto debole, preso dai suoi problemi interni, completamente incapace di aprirsi a un dialogo con la maggioranza proprio per via della sua debolezza. Inoltre è incalzato da Di Pietro, che ha subito declinato l’invito di Napolitano.
Cosa resta allora delle parole di Napolitano?
Quello che si può raccogliere dal Presidente della Repubblica è un invito a un clima politico più disteso, che sarebbe già un risultato importante. Ma un confronto che dia dei risultati, onestamente non lo vedo in questo momento.
Perché Berlusconi, nonostante il successo del G8 de L’Aquila, resta ancora bersaglio della stampa internazionale?
Il fatto che il G8 sia andato bene non cambia di molto, agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, i pregiudizi verso l’Italia e il suo Premier. I commenti negativi sulla figura di Berlusconi resteranno. Siamo soprattutto noi italiani ad aver considerato come un passaggio importante quello del summit de L’Aquila, ma all’estero questo successo non è stato colto. Certo il Financial Times ha dato un giudizio positivo su Berlusconi, ma nel complesso resta una forte diffidenza che continuerà a manifestarsi.
Si tratta di una diffidenza verso l’Italia a prescindere dal suo Premier o che ha a che fare proprio con la figura di Berlusconi?
Le due cose si mescolano. Ci sono indubbiamente dei pregiudizi anti-italiani che sono però rafforzati da un certo stereotipo berlusconiano che all’estero, soprattutto in certi ambienti, non viene tollerato.
Il Pd si trova ad affrontare la questione relativa a Beppe Grillo, mentre per il centrodestra in precedenza si era aperta una polemica sulle veline. Secondo lei “grillismo” e “velinismo” sono facce della stessa medaglia?
Ritengo che siano due cose diverse. Grillo è l’espressione di un partito molto debole e alla deriva, che nel momento in cui decide di utilizzare lo strumento delle primarie non può poi pensare di controllarlo, di tenerlo chiuso dentro a certi perimetri. Mi sembra che in questo momento ci sia un deficit culturale nel Pd, una scarsa chiarezza sulla propria identità e sugli obiettivi da perseguire e in questa confusione emergono personaggi come Grillo. Sono tipici prodotti di una fase di grande difficoltà.
La questione delle veline è un’altra cosa: non attiene alla debolezza del centrodestra, ma ha a che fare con la moralità, con un certo stile di vita e un certo modo di intendere le istituzioni.
Pdl e Pd si trovano dinnanzi a un’estate di lavoro. Secondo lei quale sarà la sfida più importante per ognuno dei due schieramenti?
Il Pd è in questo momento paralizzato: ancora non sono emerse delle linee programmatiche e politiche ben definite. Questo è un problema molto serio che il partito dovrà risolvere nell’arco di questa estate.
Per quanto riguarda la maggioranza, bisogna vedere se Berlusconi riuscirà a ridefinire la sua leadership e a riportare l’attenzione sulle questioni di governo, in modo da non essere messo sempre con le spalle al muro da questioni legate a uno stile di vita che comunque penso cambierà.
Quali sono invece le sfide più importanti per il paese che la politica dovrà affrontare?
Andrà costruito un progetto di rinnovamento complessivo delle istituzioni, che vanno riammodernate, e dell’economia. Il sistema produttivo ha in particolare bisogno di maggior respiro, di liberalizzazioni, di essere alleggerito da tanti vincoli, per essere reso più competitivo. Questo è un progetto che dovrebbe coinvolgere tutto il Parlamento, ma come dicevamo prima è illusorio pensare a un accordo su grandi punti riformatori.
Come uscire allora da questa empasse?
Il centrodestra dovrebbe mettere a fuoco i temi su cui pensa di procedere in autunno, in un modo che sia il più possibile coerente e coeso, mentre il centrosinistra dovrebbe individuare dei punti su cui pensa di poter avere un confronto sereno con la maggioranza in Parlamento.
Si potrà forse arrivare a un voto comune, come è avvenuto per il federalismo fiscale, oppure i due schieramenti si divideranno. L’importante è definire bene i punti programmatici e su questi affrontare un minimo di dialogo in Parlamento.